Progetti - PIC

 

Buck converter con LM2575/2576.


Buck converter con LM2575/2576 - DC/DC converter con uscita 1 e 3A.

Occorre spesso disporre di una tensione inferiore a quella che si ha disponibile; tipico è il caso in cui sia necessaria una tensione stabilizzata di 5V a partire dalla batteria dell' auto, utile ad alimentare portatili, MP3, GPS, ecc. Il consumo è spesso al di sotto dell' ampere. 

Solitamente, la prima idea è quella di ricorrere al ben noto regolatore lineare 7805; qui, però, ci troviamo con una situazione di rendimento molto bassa, dove gran parte dell' energia tratta dalla batteria viene dissipata in calore e questo è tanto più sensibile quanto maggiore è la corrente che vogliamo ottenere sul lato a tensione minore.
Ad esempio, se la batteria ha la tensione nominale di 12V e richiediamo 5V con 1A, ci occorre che il regolatore produca la caduta di tensione di 12V-5V=7V, il che genera una dissipazione di 7Vx1A= 7W in calore, con la necessità di un radiatore consistente e un rendimento assai basso nella conversione (5W ottenuti sul lato 5V con una perdita di 7W nel regolatore, ovvero 12W impegnati per ottenerne solo 5). Questa situazione non è certo ideale, sia perchè il volume del dispositivo è notevole a causa del dissipatore richiesto, sia per il calore prodotto, sia per l' inutile consumo di energia che riduce la durata della batteria.

Ancora più critiche le condizioni se la corrente richiesta fosse maggiore , ad esempio 3A: ci sarebbero ben 21W da dissipare e si richiederebbero dei regolatori lineari adeguati (LT1084, LM338 e simili, non economicissimi) oppure l' aggiunta di buffer che aumentano la complicazione ed il costo del circuito.
E se la tensione in uscita deve essere variabile o aggiustabile al di fuori dei valori "canonici", lineari del genere di LM317 possono soffrire ancor più dello stesso problema.


DC/DC converter step-down - buck.

La soluzione che consente di risolvere il problema è l' impiego di un DC/DC converter switch mode, che assume il nome di buck converter o convertitore step-down.
Il principio di funzionamento è relativamente semplice:

La tensione di alimentazione Vin>Vout viene interrotta da S1, che è un interruttore elettronico (transistor BJT o MOSFET).
Quando S1 si chiude, la corrente Il attraversa l' induttore L, carica il condensatore C e scorre nel carico R. Il diodo S2 è polarizzato inversamente e non conduce. Durante questa fase, la bobina L immagazzina energia sotto forma di campo magnetico.
Ora S1 si apre e l' energia della bobina si scarica in corrente attraverso il circuito composto dal diodo S2 e dal carico R.
Si richiude di nuovo S1 e il ciclo si ripete in modo tale da mantenere la Vout; il suo valore resta costante in base ad un feedback che comanda i tempi dell' azionamento on/off.
Il condensatore C fornisce energia per compensare il ripple della commutazione.
Pur potendo ottenere lo stesso effetto variando la frequenza della commutazione, si preferisce mantenerla fissa e variare il rapporto tra tempo on e tempo off (PWM). Questo consente di calcolare con sufficiente precisione i parametri del circuito, ed in particolare il valore dell' induttanza (che varia col variare della frequenza).

Per inciso, lo schema riporta il diodo come S2 in quanto potrebbe essere sostituito da un altro commutatore elettronico che è aperto quando S1 è chiuso e viceversa. Questa tipologia (sinchronous buck converter) è comune in schemi con prestazioni elevate, in quanto più vantaggiosa in termini di rendimento del semplice diodo, ma richiede una implementazione circuitale più complessa e un integrato di controllo adeguato. 

Si possono porre alcuni assunti fondamentali:

  1. L deve essere abbastanza grande da mantenere una corrente positiva attraverso S2 quando S1 è aperto, mantenendo il diodo in conduzione
  2. C deve essere abbastanza grande da consentire di avere il ripple richiesto.

Le forme d'onda nel circuito sono tipicamente queste:

Il circuito si intende composto da elementi ideali, ovvero C e L dovrebbero esserlo e così pure S1 e S2 dovrebbero avere una caduta di tensione in conduzione e un tempo di commutazione nulli. In pratica, però, L non è pura induttanza, ma ha elementi indesiderati, come una resistenza dell' avvolgimento, una corrente di saturazione, ecc, mentre C ha una certa componente resistiva/induttiva e i commutatori, essendo semiconduttori, hanno una resistenza di conduzione (nel caso di MOSFET) o una tensione di conduzione (per transistor a giunzione).
Per avvicinarsi alla "perfezione": 

  • L deve avere una resistenza interna minima, in quanto da questa dipende una caduta di tensione e relativa potenza persa in calore per effetto Joule. Inoltre deve sostenere la corrente richiesta senza saturare.
  • C deve avere la minore impedenza possibile, ovvero un ESR minimo e una capacità di corrente di ripple elevata
  • S2 deve avere la caduta di tensione minima in conduzione

E' possibile realizzare converter step-down in moltissimi modi, ma da un certo tempo l' industria dei semiconduttori offre componenti integrati contenenti praticamente tutta la circuiteria necessaria in un solo chip (oscillatore, sistema di feedback, switch principale, limitazioni di temperatura e corrente, ecc.), anche per carichi di qualche ampere.
Il loro impiego è schematicamente molto semplice, anche se nella realizzazione pratica si deve considerare che il circuito integrato, assieme al diodo, può necessitare un certo di sistema di dissipazione del calore, mentre l' intero cablaggio, data la presenza di correnti a frequenza elevata, è sensibile al layout dei collegamenti che può introdurre elementi di impedenza indesiderati, tali da limitare il funzionamento ottimale.

Nella pratica, la commutazione avviene con una frequenza che può andare da 50 a 200kHz ed arrivare a 2-3MHz con soluzioni SMD (maggiore è la frequenza, minore sarà l' induttanza e la capacità richieste, riducendo dimensioni e costi, ma, nel contempo, aumentando la criticità del circuito e la necessaria qualità dei componenti usati, soprattutto i condensatori).

Tipologia Rendimento Potenza assorbita Potenza resa Potenza persa
in Calore
Lineare 40% 100W 40W 60W
Switch mode 80% 100W 80W 20W

Detto questo, passiamo a vedere una possibile soluzione pratica.


Nota: 
  • nel convertitore step-down, la tensione di ingresso deve essere maggiore di quella di uscita dato che, al minimo, è chiaro che nello switch e nella bobina si verificano delle cadute di tensione. 
  • Se vogliamo ottenere una tensione di uscita maggiore di quella di ingresso, dobbiamo ricorrere ad una diversa configurazione, detta boost converter, o convertitore step-up. 
  • Esistono anche altre circuiterie che consentono di avere uscita maggiore, uguale o minore della tensione di ingresso, dette buck-boost oppure SEPIC (single ended primary inductor converter); si tratta di circuiti più complessi, ma che, allo stato attuale della tecnologia, sono sempre risolvibili con circuiti integrati specifici e con un numero di parti abbastanza limitato.

 LM2575-LM2576

Tra i numerosi modelli che il mercato mette a disposizione, piuttosto noti quelli denominati Simple Switcher da Texas Instruments per la loro semplicità di impiego.Tra questi vogliamo sperimentare LM2575-LM2576.
Si tratta di due integrati analoghi, con un ampio range di tensione di ingresso, che si differenziano essenzialmente per la capacità di corrente:

Mod. Vin Vout Iout f
LM2575 4.7-40V 1.23-37V 1A 50kHz
LM2576 3A

Ne esiste una versione HV con tensione di ingresso fino a 60V e ci sono modelli con uscita a tensione fissa (3.3, 5, 12, 15V) o con uscita regolabile (ADJ).

Sono disponibili in contenitori di potenza sia per surface mount (DPACK) che per montaggio su foro. 

Nel primo caso è possibile miniaturizzare alquanto, ma è indispensabile un circuito a doppia faccia; nel secondo caso si può progettare un discreto circuito anche su faccia singola, realizzabile in casa senza difficoltà. 

Pertanto utilizziamo la versione in TO-220 a 5 pin, che permette anche di collegare il package ad un dissipatore di calore dove sia necessario. Osserviamo che ne esistono due versioni: una con i 5 pin in linea (straight leads), l' altra con i pin sfalsati su due linee (bent staggered leads)

La prima è di non semplice uso in quanto il passo tra i pin è 1.17 mm e gli stessi non sono cilindrici, ma piatti, richiedendo un foro da 0.9mm, il che rende difficoltosa la realizzazione domestica di un adeguato circuito stampato e la sua foratura. Nella versione con i pin sfalsati  (3 pin sulla linea più avanti, 2 sull' altra),essi si trovano ad una distanza tale da non dover dedicare cure eccessive alla realizzazione dello stampato, il che permette una facile realizzazione. La differenza tra i due package consiste nella superficie di circuito stampato occupata, maggiore nel secondo, ma, dato che non ci stiamo ponendo questo problema, la scelta cade obbligatoriamente sul bent staggered, anche se vedremo come il primo package sia utilizzabile facilmente.

Per conoscenza, esiste anche una versione del componente con i terminali sfalsati pre piegati a 90° per il montaggio orizzontale e perfino una versione PDIP e una SOIC.

La piedinatura è la stessa, sia per LM2575 che LM2576:

L' aletta (tab) è collegata al GND, come è comune in questo genere di integrati.


 L' applicazione

Una ricerca sul WEB consente di verificare che si tratta di un componente molto diffuso, dato che è stato immesso sul mercato alla fine degli anni 90 da National ed ora è reperibile da altri brand, come TI e ONSemi; la sua semplicità di impiego e il costo non eccessivo lo ha reso interessante sia per l' industria che per gli hobbisti. 

Il foglio dati è dettagliato e i costruttori mettono a disposizione anche vari altri documenti e application notes, mentre il WEB offre una miriade di soluzioni più o meno valide. Interessanti i programmi offerti dai costruttori per la progettazione degli alimentatori switching.

Lo schema base è semplice, come per tutti gli integrati analoghi : dato che tutte le funzioni di controllo del convertitore sono integrate, all'esterno sono necessari pochi componenti:

Osserviamo la differenza tra la versione a tensione fissa e quella regolabile, che è costituita solamente dal circuito di feedback interno: nei primi è pre fissato ad un valore preciso, nella versione ADJ deve essere determinato da un partitore esterno. 

La documentazione di ONSemi riporta uno schema di principio dell' integrato grazie al quale sono più chiari alcuni punti:

A parte la comunicazione che il componente integra 162 transistor, osserviamo che il pin del feedback viene terminato con un partitore interno R1/R2, calcolato a seconda della tensione di uscita voluta. Così si dispone di elementi predisposti per fornire 3.3, 5, 12, 15V col semplice collegamento del pin  4 con l' uscita.
La versione variabile non integra R1/R2, che dovranno, come visto prima, essere esterni e il cui rapporto stabilisce il valore della tensione in uscita..
Da osservare che lo switch di potenza, come nel caso di moltissimi di questi buck converter, non è un MOSFET, come ci si potrebbe aspettare, ma un NPN.
Inoltre si nota che il dispositivo integra un alimentatore proprio da 3.1v ( e questo giustifica i 4.7V di tensione minima necessaria al funzionamento); il riferimento di tensione è un band-gap da 1.235V. 

La tensione di ingresso è supportata da un condensatore Cin con funzioni di stabilizzazione e che va collegato, come al solito in questi casi, molto vicino all' integrato. Il diodo di circolazione D1, la bobina L1 e il condensatore Cout costituiscono il resto del sistema buck, mentre la stabilizzazione del valore di tensione di uscita voluto è realizzata dal partitore R1-R2 e dall' ingresso di feedback FB dell' integrato; la formula di calcolo del partitore si basa su una tensione di riferimento di precisione interna da 1.23V, con una formula del tutto analoga a quella utilizzabile per altri integrati della stessa tipologia:

Vout = 1.23 (1+R2/R1)

LM2575/76 non richiedono una funzione di compensazione dell' oscillatore interno e il quinto pin è utilizzato come shutdown: a livello di GND abilita l' oscillatore, altrimenti lo blocca. Questo consente di comandare lo switch con un segnale esterno. In condizioni di shutdown l' integrato assorbe solamente poche centinaia di microampere.

I valori riportai sono da intendersi come valori tipici (minimi) per questa applicazione e che possono essere modificati in funzione di varie considerazioni e in applicazioni differenti, essenzialmente dove il rapporto tra Vin e Vout sia diverso.

Data la limitata quantità delle parti in gioco, un circuito stampato è facilmente realizzabile in poco tempo. Questo permette di installare sia LM2575 che LM2576, semplicemente cambiando i componenti necessari.

Le dimensioni sono ridotte a 70x 40 mm circa. Se non occorre tutta la potenza fornibile, si potranno ovviamente usare dissipatori, condensatori, bobine più piccoli, riducendo ulteriormente le dimensioni.

Potendo realizzare circuiti a doppia faccia con fori metallizzati, l' uso delle versioni SMD è d'obbligo, permettendo una ulteriore riduzione delle dimensioni, oltre a caratteristiche di rendimento migliori.

Rispetto allo schema del foglio dati sono state effettuate alcune variazioni:

  • è stato inserito un trimmer nel partitore del feedback per rendere aggiustabile la tensione in uscita
  • l' uscita Vout è disponibile dopo un filtro LC
  • una morsettiera (Phoenix FL o altra passo 5.08) consente un facile allacciamento
  • l' LM è fissato su un dissipatore

Il gruppo L3-C4 costituisce un filtro passa basso che sopprime la maggior parte del ripple.

Il circuito stampato, così realizzato, va bene sia per LM2576 che per LM2575, ovvero tutti e due i circuiti saranno utilizzabili sulla stessa base, adeguando i componenti principali, che sono:

LM Iout
2575 1A
2576 3A

Il tutto pare quanto mai semplice e lo è, anche per il fatto che l' integrato oscilla ad una frequenza relativamente bassa (50kHz), il che rende meno problematica la disposizione dei componenti e le loro caratteristiche, a patto di mantenere ben presenti alcuni punti fondamentali:


C3

  • la funzione di questo condensatore è quella di stabilizzare la tensione di alimentazione dell' integrato. Deve avere un basso ESR.
    Quindi, utilizzando componenti di qualità (Nichicon, Panasonic, TDK), sarà possibile usare un solo componente. Se non sono disponibili componenti a basso ESR, sarà necessario utilizzare più elementi in parallelo (ad esempio, 5x100uF al posto di uno da 470uF): in ogni caso, questo occupa spazio e non ottimizza il circuito, ma migliora alquanto le caratteristiche della capacità, dato che vanno in parallelo sia la resistenza interna (che diminuisce), sia la capacità di fornire corrente di ripple (che aumenta). Considerato che condensatori non low-ESR possono peggiorare di molto le prestazioni di uno switch mode, se non si ha di meglio di comuni elettrolitici, si può provvisoriamente utilizzare questo metodo.
    Non è critico: sono stati provati valori da 100 a 1000uF, con ottimi risultati anche su valori bassi. Comunque, avendo disponibilità di parti, valori grandi sono bene accetti (sempre tenendo presente che è meglio una capacità minore minore con un basso ESR che una maggiore con un elevato ESR)
  • La tensione di lavoro deve essere superiore alla tensione Vin di alimentazione: partendo da una batteria da 12V, C1 sarà da 25Vl, o meglio, da 35Vl. Con una batteria da 24V si utilizzerà un modello da 40 o 50Vl. 
  • Se il circuito è alimentato dalla rete, al trasformatore/ponte, potrà fare seguito un condensatore o gruppo di condensatori nella solita misura di 1000/2000uF per ampere. Se sono posti vicino all' integrato, il C1 potrà anche essere omesso o avere valore molto.
    In ogni caso, in cs rende possibile più condensatori SMD, ceramici multistrato, con lo scopo di abbassare l' impedenza.

Il campione utilizza un 1000uF-50V di buona qualità.

Per quanto riguarda il "recupero" da alimentatori PC, purtroppo si deve rilevare che, date le basse tensioni, gli elettrolitici di filtraggio sulle uscite sono tutti con tensione di lavoro di 16V o meno. Quindi non sono applicabili in questo caso, anche se se si tratta di elementi adeguati in classe di temperatura 105°, a meno di avere una tensione Vin inferiore.
In questo senso si deve tener conto che in una alimentazione derivata dal circuito elettrico di un autoveicolo a 12V nominali è possibile che questo valore sia superato ed è consigliabile non scendere sotto i 25V (ma meglio35V) per il condensatore C3.
Parlando di recuperi, condensatori di qualità con tensioni tra 10 e 25V sono facilmente recuperabili da schede madri.

Una nota sul "recupero": 
- non è detto che i condensatori che recuperate da un alimentatore PC siano di buona qualità: se l' alimentatore è una delle troppe ciofeche che circola in Italia, è certo che si tratta di elementi di altrettanto bassa qualità e che è meglio buttare
- se l' alimentatore è molto anziano o ha lavorato per molto tempo, è possibile che anche buoni condensatori siano decaduti come caratteristiche
- in ogni caso, dissaldandoli dal circuito originale, abbiate cura di non surriscaldarli.


L1

  • il foglio dati e le application riportano formule ed esempi di calcolo per la bobina e gli schemi applicativi riportano tipicamente il valore di 100uH. 
    Possiamo dire che, anche L1 se sembra un elemento di grande criticità, in realtà non lo è, a patto di non di spostarsi troppo dal valore teorico.  Da prove fatte, sono stati usati valori da 47 a 475 uH: il convertitore ha sempre funzionato, anche se i risultato migliori si sono ottenuti con valori tra 100 e 300uH.
    Se il valore scelto è troppo basso, questo limita l'energia accumulata e quindi quella trasferita durante la fase di off di S1.
    Se il valore è molto alto, oltre ad un volume elevato della bobina, e, probabilmente ad un altrettanto valore elevato della resistenza dell' avvolgimento, si ottiene una cattiva risposta ai transienti.
  • Decisamente più importante è il fatto che l' induttore sia in grado di gestire sia la corrente di lavoro che quella di picco.

L' application indica diversi modelli commerciali adeguati; non si tratta di oggetti costosi, ma possono essere non facili da reperire e, in ogni caso, il costo del trasporto è molto maggiore degli stessi. La soluzione migliore è quella di cannibalizzare vecchi alimentatori per PC, dove bobine toroidali nel range 100-300uH sono comuni (e non sono soggette ad invecchiamento...).
Tra l' altro, non si pone il problema della corrente, in quanto questi induttori sono utilizzati in sezioni di circuito in cui passano correnti di gran lunga maggiori di quelle del nostro buck converter.


Una nota importante.

Purtroppo NON è possibile in alcun modo valutare il valore di una bobina a occhio: occorre assolutamente un misuratore di induttanza.
Quindi, indicazione del genere: "fate 30 spire su un nucleo giallo da tot cm di diametro" sono utili (forse...) solamente in riferimento al "nucleo giallo" che era nelle mani dell' autore, in quanto, pur esistendo un codice colori per i toroidi, questo può valere per Amidon e pochi altri, ma non è nè universale, nè univoco e questo principalmente nell' ambito dei prodotti orientali. Per cui il colore dei nuclei usati negli alimentatori PC non è un indice sicuro delle loro caratteristiche magnetiche.

L' aspetto è simile alla foto a lato: un toroide di circa 20-25mm di diametro, molto spesso a nucleo giallo o giallo/bianco, ma anche verde o blu, su cui sono avvolte un certo numero di spire di filo smaltato da 0.6-1mm o più.

Quindi, individuato una bobina delle dimensioni adeguate (diametro 20-25 mm circa), la si misurerà. Se stiamo misuriamo valori tra 100 e 300uH, siamo a posto; altrimenti si potrà rifare l' avvolgimento con un numero di spire maggiore, sempre usando un filo smaltato di sezione sufficiente (o 2 o 3 fili di sezione inferiore in parallelo). 

Non facciamo qui un tutorial su come fare "bobine", ma ricordiamo solo che non si tratta di cacciare in modo più o meno disordinato un filo qualsiasi nel toroide.

Il campione utilizza una bobina misurata da 220uH.


D1

Scopo del diodo è quello, come abbiamo visto nella trattazione iniziale, di chiudere il circuito quando lo switch è aperto.

  • occorre un diodo con corrente nominale pari ,o meglio, maggiore di quella richiesta in uscita.
  • la sua tensione inversa sarà maggiore della Vin.

Così, si potranno usare i vari 1N5822, SB340, 30DF, RGPP304, SR306, MUR340,ecc., anche questi recuperabili da alimentatori PC. Si tratta di diodi nel classico D0-201. Se tensione è inferiore ai 30V, si potranno usare anche gli 1N5821 e simili. Se la tensione di alimentazione è più elevata, occorreranno diodi con tensione inversa maggiore, come SB360.
Nelle prove sono stati usati sia 1N5822 che SB240, SR540, RGPP304.
I campioni sono stati realizzati con schottky 1N5822 e SB540.

Il diodo in TO-201 non scalda particolarmente, ma non va montato a filo del circuito, lasciando almeno un centimetro di pin per il raffreddamento. Se si ricava una corrente da 1A o meno, si potranno usare diodi in contenitori più piccoli, sempre schottky,come 1N5819, e con capacità di corrente almeno pari a quella commutata.

Ovviamente diodi rettificatori genere 1N400x non vanno bene.


C1

E' il condensatore che determina il ripple. 

  • deve essere assolutamente low ESR.
  • L' application indica un valore indicativo tra 330uF e 2200uF. La sua tensione di lavoro sarà adeguata a quella richiesta in uscita.

Vale quanto detto per C3. Nulla vieta di usare valori maggiori di quanto indicato nello schema, che garantiscono un ripple minore ed una resa maggiore, sempre con un occhio all' ESR. Anche qui, mancando il componente, si provvederà con più elementi in parallelo.
Il circuito prevede di poter montare elementi verticali con diametro da 10 fino a 18 mm e passo 5-7.5; in questa gamma si trovano capacità anche da 2200uF, come quello che è stato usato nel prototipo in fotografia. Altrimenti due da 1000uF in parallelo.
Se non è necessaria una elevata corrente di uscita e la bobina è ottimale, C1 potrà essere anche di valore minore; non è necessario esagerare, qui, dato che un valore troppo abbondante penalizza la velocità di risposta alle rapide variazioni del carico.

In particolare, è noto che le dimensioni dei condensatori sono proporzionali alla capacità ed alla tensione di lavoro e questo è ancora più vero per i low ESR, che sono solitamente più corposi degli equivalenti general purpose.
Se la tensione di uscita è limitata ad esempio a 12V, non serve installare un grosso elemento da 50Vl: uno da 16Vl, molto più piccolo e meno costoso, sarà più che adeguato. Così, se l' uscita è prevista per 5V, condensatori da 6.3Vl sono adeguati.
Il campione monta elementi da 50V non per obbligo, ma solo per permettere una variabilità su tutta la gamma di uscita.


L3-C4

Il filtro di uscita L3-C4 è molto utile per abbattere il ripple residuo. Anche qui l' induttanza è facilmente recuperabile da un alimentatore PC. 

In particolare, le bobine su nucleo cilindrico poste in uscita dei vari rami, sono spesso in valori tra i 5 e i 22uH, ovvero adatte alla situazione, e, tra l'altro, sono ideali, dato che vengono usate proprio per filtri LC.

Si tratta di cilindri di ferrite da 5-8mm di diametro, lunghi 25-30m m e avvolti con 10-20 spire di filo di grosso diametro (le correnti rese da un alimentatore PC viaggiano su molte decine di ampere), che rende la loro resistenza trascurabile.  L' immagine a lato ne presenta una di comune reperibilità.
Spesso sono ricoperte da una guaina termo restringente che ha lo scopo di mantenere l' avvolgimento in forma ed evitare vibrazioni.

Con una bobina da 10uH e un condensatore da 220-470 uF il ripple alla corrente massima, complice la frequenza di oscillazione e l' elevato valore di C1, è dell' ordine dei 2.5mV, dato veramente interessante.

Da notare che gli spikes da pochi ns che normalmente sono presenti sull' uscita degli switch mode qui sono assai ridotti.


R1 e R2

R1 è SMD (dimensione 1206, non difficile da saldare anche per chi non ha la mano).
Il motivo dell' uso di questi componenti in SMD è molteplice:
- i valori calcolati con le formule sono spesso non presenti nelle serie E inferiori e in quelle superiori si tratta di elementi a volte non facili da trovare. E qui non è certo il caso di fare serie/paralleli di resistori per ottenere il valore esatto. Come componenti SMD si ha contemporaneamente la scelta di una gamma quanto mai ampia di valori
- i partitori richiedono componenti all'1% o meglio. Le resistenze SMD solitamente lo sono.
- i componenti SMD finiscono montati sul lato rame del cs a faccia singola e quindi non occupano spazio
Disponendo in laboratorio di una serie di resistori SMD, la scelta è quasi obbligata. In ogni caso si potranno mettere resistenze assiali comuni, adeguando lo stampato.

R2 sarà un valore fisso se si vuole ottenere una specifica tensione, ad esempio 18V, mentre se si vuole un aggiustamento, si inserirà un trimmer. Se non è necessaria tutta l' estensione della variazione, tra il terminale superore del trimmer e la Vout si inserirà una resistenza e il feedback sarà preso dal cursore; questo consente di limitare l' escursione alla sola gamma richiesta, mentre il trimmer potrà essere ad un solo giro. Se si vuole l' intera gamma, diventa  indispensabile un multigiri che, oltre alla qualità del contatto, consente di regolare valori precisi; altrimenti resta quasi impossibile per un singolo giro regolare un valore preciso nella tensione di uscita.
 
Qui sono state usate R2=50k a 10 giri e R1=1.23k (non critici, potranno essere anche 47K e 1.2K)

La corrente richiesta dal pin di feedback è minima (<1uA), ma è consigliato mantenere le resistenze sull' ordine dei kohm (in particolare R1) per non avere impedenze troppo elevate che facilitano la cattura di disturbi.
In questo senso è necessario che il collegamenti di feedback sia corto e non si accoppi troppo con il flusso disperso dalle bobine.


Heatsink

I dissipatori sono derivati pure questi da vecchi alimentatori per PC, tagliandoli nella lunghezza opportuna e forandoli dove serviva. Quello nelle foto è più che adeguato a pieno carico, mentre se si utilizzano i regolatori per correnti inferiori ai massimi , basta una aletta di minime dimensioni e per correnti minori dell' ampere non  serve neppure questa. 
Il massimo di riscaldamento, sia per l' integrato che per D1 si hanno nel caso di corto circuito, dove il sistema di controllo interno limita la corrente, ma a valori abbastanza elevati; gli LM dispongono anche di soglia di intervento per sovra temperatura, ma non è il caso di abusarne.

NOTA: LM2575/6 hanno l' aletta (tab) collegata al pin del GND. Se si usa un dissipatore è necessario considerare questo fatto ed eventualmente isolare il componente, utilizzando ad esempio una plastica termo conduttiva e le relativo anellino isolante e viterie, tutto prelevato dal solito alimentatore PC.
Per un collegamento diretto, ovviamente, occorre interporre un sottile strato di pasta termo conduttiva tra il corpo dell' integrato e l' aletta di raffreddamento e fissare con una vite dotata di ranella elastica.

Così si presenta un prototipo del convertitore


Questa versione di prova con LM2576 dispone di un dissipatore (sempre recupero da alimentatori) molto ampio. 
L' integrato è fissato direttamente all' aletta, che quindi risulta collegata elettricamente al GND, con l' interposizione di un leggero strato di compound termo conduttivo. 
Se utilizziamo LM2575, il circuito stampato è identico, ma si potranno utilizzare componenti adatti alla minor corrente fornibile, oltre a necessitare di un dissipatore molto più piccolo.

Si nota la bobina verticale del filtro LC in uscita e un trimmer multigiri, indispensabile per la regolazione fine della tensione.

L'induttanza era originariamente fissata con un composto di tipo siliconico, di cui ne è rimasta una certa quantità attaccata all' avvolgimento.

Il diodo D1 è un SB540, ma ovviamente va bene un qualsiasi altro Schottky con caratteristiche analoghe..

Le scritte sui condensatori sono sigle che permettono di risalire al modello ed alle sue caratteristiche, cosa necessaria per effettuare confronti.


 Variabile?

E' possibile realizzare un alimentatore variabile su una ampia gamma, da 1.25 a 30V, ad esempio? 
Diciamo che questi integrati, come praticamente tutti i buck a componente singolo, non sono stati progettati per realizzare alimentatori variabili da banco, ma è ben possibile, a patto di accettare una riduzione di rendimento agli estremi della gamma di regolazione, in quanto, calcolando i parametri per una certo rapporto Vin-Vout e di corrente, al cambiare di questi si avranno condizioni di funzionamento non ottimali, ma che possono essere comunque buoni.
Sarà in ogni caso necessario non fare lavorare l' alimentatore a vuoto, ma applicare una resistenza fissa che consenta un carico minimo; altrimenti, variando bruscamente la tensione di uscita con il potenziometro ci potranno essere problemi, principalmente se si usa un valore elevato per C1-C4.  
Se si utilizza un potenziometro esterno, sarà meglio considerare, come già detto, un multigiri, dato che con uno ad un giro diventa un vero problema centrare il valore di tensione voluto. In ogni caso, questo non va collegato con fili volanti lunghi decimetri, ma possibilmente con un cavetto schermato di breve lunghezza, per evitare inneschi e captazione di disturbi che si rifletterebbero in un funzionamento anomalo del circuito di feedback.

Per un alimentatore da banco si farà precedere il convertitore dal soluto trasformatore-ponte di Graetz-condensatori di filtraggio. Il trasformatore dovrà avere la potenza necessaria all'applicazione e produrre una tensione maggiore di quella richiesta in uscita, senza superare, però, il limite massimo assoluto di 40V (meglio restare al di sotto ...).
Il condensatore di filtraggio potrà avere il solito rapporto di 1000-2000uF per ampere. Il ponte sarà adeguato alla corrente.

Nella pratica, a nostro parere, il fattore che si oppone è l' impossibilità di variare la limitazione della corrente, elemento essenziale per un alimentatore da laboratorio. Peraltro questo è possibile aggiungendo componenti esterni.


Lo stampato

La disposizione dei componenti sul circuito stampato non è la migliore in assoluto, ma è funzionante. 

Se si realizza il circuito su un diverso layout, va considerato indispensabile che la massa sia quanto più possibile centrale e consenta un breve ritorno delle correnti di potenza.

Lo schema evidenzia segmenti del circuito in scorre corrente a frequenza elevata e che vanno tenuti il più corti possibile, considerando che il punto di massa comune deve essere appunto un punto comune.

Nella realizzazione pratica non è strettamente necessario che si formi una "stella" nelle piste di massa, anche perchè si ha a che fare con componenti di dimensioni consistenti.

La scelta corretta è quella di rende il più breve possibile la connessione di massa, indicata in rosso in figura: quanto meglio sarà realizzata questa condizione, tanto maggiori saranno le probabilità di un funzionamento ottimale.

Questo esclude in generale i montaggi su piastre millefori e tanto più su breadboard o volanti, anche sa relativamente bassa frequenza di commutazione e una intrinseca sicurezza dell' integrato compensano più che per altri integrati analoghi eventuali scorrettezze nella disposizione dei componenti.

L' ideale, per gli switching, è l' uso di circuiti a doppia faccia, dove è possibile utilizzarne una come piano di massa.
In ogni caso, è buona cosa ripassare a stagno le piste di potenza per fornire la minima resistenza delle piste, oltre a proteggere il rame nel tempo.
Le connessioni, nel prototipo, per comodità, sono realizzate con morsettiere faston (Phoenix FL), ma è possibile usare qualsiasi altra soluzione, compresi fili volanti, tenendo presente che ad elevate correnti la lunghezza dei conduttori costituisce un problema.


Prestazioni

Le prestazioni rilevate dai prototipi sono molto buone per quanto riguarda la stabilità della tensione impostata in uscita, che non varia oltre lo 0,5% passando da carico minimo a carico massimo.
La presenza del filtro LC in uscita abbatte il ripple a meno di 10mv a pieno carico, risultato più che buono per uno switch di potenza.

Il rendimento non scende al di sotto del 75%, con valori anche superiori all' 80%.

Ecco i valori ottenuti con un LM2576, per una tensione di uscita di 5V con Vin variabile tra 12 e 28V

  Iout Vin Iin rendimento medio
LM2576 3A 12 1,61 77%
20 0.98 76%
28 0.71 75%
1A 12 0.50 83%
20 0.30 80%
28 0.22 79%

Per una tensione di uscita di 12V con Vin variabile tra 18 e 28V

  Iout Vin Iin rendimento medio
LM2576 3A 18 2.40 83%
24 1.81 83%
28 0.59 82%
1A 18 0.84 79%
24 0.64 78%
28 0.56 75%

Ovviamente, essendo uno step-down, occorre Vin>Vout, quindi non si potranno ottenere 12V da una batteria da 6V !

Dalle prove si nota la solita curva a campana del rendimento, centrata su un valore di corrente resa attorno ai 2/3 della massima corrente. Il rendimento, però, scende per bassi valori di corrente e se si sfrutta al massimo l' integrato  (che è stato in grado di erogare oltre 3.5A prima che intervenisse la protezione interna).   

Quindi non è sensato usare la versione da 3A (LM2576), tra l' altro più costosa, per realizzare alimentatori da meno di 1A, dove si preferirà 2575.

La commutazione risulta particolarmente "pulita"

Tensione al pin 4
Vin =20V

Iout = 2,5A

Vout = 5V 

così pure la tensione in uscita, dove il ripple è basso

senza filtro LC
con il filtro LC

Con LC sono anche molto ridotti i tipici spikes da poche decine di ns presenti in tutti gli switch mode agli istanti della commutazione.


NOTA importante: per mantenere la stabilità dell' uscita di un alimentatore switch mode è INDISPENSABILE che sia sempre collegato un carico, anche minimo. Questa disposizione è valida anche nel nostro caso, per cui, se si presume che l' alimentatore possa essere acceso senza carico, o durante le prove, quando si commuta il carico, è utile collegare una resistenza fissa all' uscita che assorba almeno una ventina di milliampere.

Questi alimentatori a componente singoli sono piuttosto stabili e "tolleranti", per cui lavorano bene anche a vuoto, ma comunque il problema si pone in un eventuale passaggio da vuoto a carico, non tanto sulla sicurezza dell' alimentatore quanto sul fatto che la rete di regolazione potrebbe rispondere malamente prima di assestarsi, generando picchi o disturbi non graditi al carico.


Più corrente?

E' possibile trarre più corrente utilizzando un buffer esterno (un transistor PNP di potenza adeguata), ma non mi pare particolarmente consigliabile; volendo superare i 3A i problemi segnalati di layout e componenti si ingrandiscono, mentre diventa più importante la presenza di una limitazione della corrente di corto circuito; è meglio utilizzare altri componenti, se non una tipologia diversa dal semplice buck. 


Una tensione fissa

Avendo disponibili alcuni pezzi del LM2575-5, ovvero della versione a tensione fissa di 5V, vediamo anche un semplice convertitore con questa uscita, adatto ad alimentare tutti gli apparecchi genere "USB" a partire dalla batteria dell' auto o da una qualsiasi tensione tra 8 e 20V.

Nel nostro caso gli LM2575T-5 derivano da recupero di  vecchi modem per PC, la cui alimentazione tipica dipende da un trasformatore wall plug esterno, mentre la regolazione/stabilizzazione è sullo stampato interno. Questo consente al costruttore di realizzare oggetti meno ingombranti (e meno costosi).

Trattandosi però di consumer,  gli LM erano del genere per montaggio su foro, su circuito doppia faccia, ma nella versione con i pin in linea e, per ragioni di altezza dell' apparecchio, accorciati al massimo possibile.

Ne deriva che gli integrati, pur recuperati senza particolari problemi e funzionanti (i guasti sui modem in gran parte riguardano la sezione verso la linea telefonica, soggetta ad ogni genere di sovratensioni) presentavano una difficile ri utilizzazione; se i pin fossero stati più lunghi, si sarebbe potuto sfalsarli leggermente con una pinzetta a becchi piatti, ma così si potevano usare solo come dei DPACK. 

Non volendo, però, fare del surface mount, ne è nato un moduletto con componenti su foro, ma assai piccolo, realizzato su cs a metà spessore, di 18 x 23 mm, in cui l' integrato è montato "a sbalzo".

Questo consente di utilizzarlo anche se i pin sono extra accorciati, mentre rende possibile il suo fissaggio su una eventuale aletta di raffreddamento.

Lo schema è lo stesso visto in precedenza, con la semplificazione data dal circuito a tensione fissa, il cui feedback va collegato direttamente all' uscita.

Oltre all' integrato visto sopra, sono stati usati:

Cin = 330uF-25V
Cout = 1000uF - 6.3V
D = 1N5819
L = 200uH 

In particolare, pure questa bobina è derivata da vecchi alimentatori PC.

Si tratta di bobine su rocchetto, diametro 10mm  circa, che si trovano assai spesso in  questi alimentatori. 
I valori, però, variano in un range tra 50uH e oltre 1mH, per cui occorre comunque un induttanzimetro per valutarle.
Il filo con cui sono avvolte non ha sezione elevata e, viste le piccole dimensioni del nucleo, occorrono molte spire. Ne risultano bobine di resistenza elevata, ma, date le limitate correnti richieste, dalle prove si è rilevato che il loro impiego non presenta problemi.

Per questa applicazione occorrerà, ovviamente, utilizzare quelle avvolte con filo di maggiore sezione e con valori non minori di 100uH.
Nel recupero di componenti è possibile trovare anche piccoli toroidi con valori adeguati, diametro 10-15mm, ma sono meno diffusi e, anche se le bobine lineari possono avere prestazioni minori dei toroidi, qui si sono comportate molto bene.
L' unico neo, se così si può dire, è il maggiore flusso disperso dalle bobine lineari, ma, data la bassa potenza in gioco, non è stato valutato come un problema.

Il diodo usato è un comune 1N5819, che permette di risparmiare spazio, dato che si prevede di non superare l' ampere.

Si tratta di soli 5-componenti-5 e, nonostante siano recuperi al 100%, la resa del circuito è sorprendente.
Con una tensione di ingresso di 13,5V con 0.22A viene resa una tensione di 5V a 0.5A (rendimento 84%) senza bisogno di dissipatore!
Ovviamente, una realizzazione su doppia faccia con componenti SMD ottimizzati consentirebbe dimensioni e risultati migliori, ma era al di fuori di quanto si voleva provare.

Dato che la richiesta di 5V (alimentazione di USB, ricarica batterie di cellulari e MP3, ecc) è abbastanza comune e si cerca in prima battuta di risolverla con i soliti LM7805, da un  semplice confronto risulta che il lineare è del tutto perdente:

Type Vin Iin Vout Iout n dissipatore
LM7805 13.5 0.5 5 0.5 38% si
LM2575 0.22 84% no

con LM7805 che deve dissipare in calore 4.25W, richiedendo una aletta considerevole, cosa non necessaria per lo switcher che dissipa meno di 0.4W.  Se osserviamo gli schemi minimi, vediamo che la differenza circuitale non è poi così elevata:

 

Type Cin Cout L D
LM7805 0.1uF 0.1uF no 1N4001
LM2575 330uF 1000uF si 1N5819

 

Anche il lineare richiede una capacità di ingresso e di uscita per la stabilità, valori minimi 100nF, ma che diventano elettrolitici da 33-100uF in una applicazione reale, mentre il diodo è sempre consigliabile, proteggendo l' integrato nel caso in cui la tensione di uscita sia maggiore di quella di ingresso (ad esempio capacità sull' uscita che si scarica più lentamente della capacità all' ingresso).
E neppure l' occupazione di spazio sul circuito stampato è penalizzante;  anzi, maggiore per il lineare che può necessitare di un dissipatore abbondante.


Prestazioni

Il francobollo ha dato un' ottima prova di se: la tensione di uscita è risultata molto precisa e stabile al variare sia del carico che della tensione di ingresso, in un range tra 9 e 20V. In effetti, la tensione minima di funzionamento è stata verificata attorno agli 8V, ma al di sotto di questo valore si perde di stabilità.

Con alimentazione tra 13.5 e 20V e carichi fino a 0.5A non è risultato necessario alcun dissipatore. Con carichi maggiori basta un quadratino di alluminio.

Nonostante la bobina non ottimale, la commutazione è comunque perfetta

Vin = 13.5V
Iout = 0.8A

La tensione di uscita presenta un ripple attorno ai 30mVpp:

Vin = 13.5V
Iout = 0.8A

Gli spikes di commutazione non creano alcun disturbo nell' alimentazione di circuiti digitali o microcontroller, ma posso essere sempre limitati, assieme al ripple, con il filtro LC, nel caso di applicazioni audio.

La tensione di ingresso nelle prove è stata limitata a 20V, avendo un C1 da 25V lavoro. Volendo derivare il 5V (o altra tensione, dato che gli LM2575 sono disponibili in diversi valori fissi e per gli altri è possibile usare la versione variabile vista prima) da una alimentazione a 24V occorrerà alzare la tensione di C1 a 35V e quella di C2 al valore sufficiente a lavorare con l' uscita voluta (ad esempio, per una uscita a 12V si userà un C2 da 16V). D1 va bene fino a 40V di ingresso, che è il limite di lavoro per l' LM2575.


Il ripple

Come abbiamo visto dalle misure, il ripple ottenuto è più che adeguato ad alimentare microcontroller o apparecchi a batteria o ricaricare quelli con ingresso USB.  

Nel caso in cui sia necessario un ripple minore, come nelle misure analogico-digitali o nelle applicazioni audio, a parte l' inserzione di un filtro LC, si potrà ricorrere alla soluzione di mettere in cascata l' alimentatore switch mode con un lineare LDO a basso rumore. Ad esempio, per 5V si potrà realizzare lo switching LM2575T-ADJ regolato per una uscita a 5.6V, seguito da integrati del genere LT1763 (20uV), TPS7A30 (16uV), NCP7929 (11uV) e simili. Una ricerca sul WEB con "LDO low noise" permette di arrivare rapidamente al componente adeguato all' applicazione. 

La combinazione switch-lineare consente di avere i vantaggi di risparmio di potenza del primo e il ripple trascurabile del secondo ed è messa costantemente in pratica in moltissime applicazioni. Un esempio verificabile da tutti è l' alimentazione del chip audio sulle schede madri PC, dove essa è derivata dal 12V attraverso un lineare tre terminali (solitamente genere 78L05) proprio per minimizzare l' effetto del ripple presente sulle tensioni erogate dall' alimentatore principale.


Conclusioni

LM2575 e LM2576 si sono dimostrati degli integrati "facili" da usare e per niente critici, che consigliamo per qualsiasi necessità buck, all' interno dei loro limiti. 

In particolare, dove capita di vedere usati a sproposito i vecchi LM7805 e LM317 e simili, forzandoli con dissipazioni al limite.

Un LM2575 è in grado di sostituirli egregiamente, perfino senza alcun dissipatore o con dissipatori minimi. Ne deriva che non ha alcun senso continuare ad utilizzare lineari a tre terminali se non per differenze di tensione in/out molto basse o per valori di corrente al di sotto di 100 mA : la scelta switch mode è del tutto vincente, anche per correnti basse dove il tipo di induttanza è poco critico e la miniera dei vecchi alimentatori PC offre un mucchio di possibilità, perfino usando le piccole bobine a rocchetto.

In sostanza, possiamo sintetizzare che il regolatore lineare consuma, dissipando la potenza non utilizzata dal carico in calore, in quanto il suo principio di funzionamento consiste nell' inserire nel circuito una caduta di tensione controllata.
Lo switch mode, invece, effettua una conversione del rapporto corrente/tensione, dove la potenza in calore deriva dalle perdite della conversione stessa. Dato che il suo rendimento è abbastanza costante e si posiziona in una fascia tra il 50 e oltre il 90%, è evidente il vantaggio.

L' unica categoria di lineari che abbia un senso attualmente è quella degli LDO, dove la caduta di tensione minima richiesta per la stabilizzazione è minore del volt e quindi la perdita in calore è molto bassa, anche a correnti elevate. In sostanza, il loro uso è sensato solo dove la differenza tra Vin e Vout è molto bassa, situazione non sempre disponibile nella pratica. 
Per contro, possiamo dire che il costo dell' integrato lineare è minore di quello switch mode e che la bobina costituisce un costo addizionale, ma nella pratica, si finisce per spendere di più nel lineare, tra radiatore di calore e integrati particolari dove le correnti superano l' ampere; qui, lo switch risulta l' unica via sensata e in ogni caso dove la differenza tra la tensione di ingresso e quella di uscita sia superiore a qualche volt.

Anche il neofita che naturalmente rifugge da circuiti complessi e da bobine può realizzare questi alimentatori senza problema, a patto di attenersi alle indicazioni date (e ad avere un induttanzimetro...).

P.s.: ricordatevi che è opportuno mettere un fusibile all' ingresso del buck o comunque sulla sua alimentazione di ingresso per avere una ragionevole sicurezza in caso di patatrack gravi. Ad esempio, LM2575, che è previsto per uscita da 1A, è risultato avere una limitazione interna tra 2 e 3A, condizione non proprio ideale se applicata per lungo tempo.


Una nota "cinese"

Va chiaramente detto che circuiti simili sono disponibili tra le cineserie offerte sul WEB a costi vergognosamente bassi. 
Quindi, se serve più di uno di questi moduli per qualche applicazione, è molto probabile che costino molto meno quelli già fatti che non l' acquisto dei componenti necessari a costruirsene uno, sopratutto se si fa riferimento all' SMD. 

Però, per quantità singola, probabilmente è meno vero, dato che i costi di spedizione in Italia sono particolarmente salati.
Diversa è la cosa se l' alimentatore va integrato in un' altro circuito: quanto esemplificato può essere una guida per inserire nella propria realizzazione un alimentazione switch mode al posto del vecchio lineare. 

Però, se avete l' occasione di recuperare schede madri, alimentatori e altri "rifiuti" tecnologici di cui si riempiono le discariche, non esitate: in tal caso il costo di simili realizzazioni è praticamente 0 e funzionano.


Documentazione

LM2575 data sheet
LM2676 data sheet

Power Stage Designer e simulator
Linear and switching regulator fundamental

 


Vediamo ulteriori applicazioni.


 

 

         

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Aggiornato il 09/11/17.