SSR: Modulo
relay a stato solido per comandare carichi in ca da PIC e altri
microcontroller.
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ATTENZIONE: PERICOLO DI FOLGORAZIONE!
Coloro
che intendono realizzare praticamente il circuito qui descritto,
devono prendere coscienza che si tratta di una circuito collegato alla
rete alternata e devono mettere in atto tutte le misure necessarie a
garantire la propria personale incolumità e quella di altre persone
che potrebbero venire in contatto col circuito stesso, con il pericolo
di scariche elettriche anche mortali.
Si raccomanda quindi di:
- usare solo piani di lavoro isolanti (plastica o legno)
- scollegare completamente l'alimentazione ogni volta che si procede
ad una modifica del circuito
- effettuare le sperimentazioni interponendo un separatore di rete, in
modo tale da essere in sicurezza
- non rendere in alcun caso o condizione disponibile l' accesso al
circuito ad altri, sopratutto se si tratta di persone non competenti e
tanto più di bambini. |
Si
può certo dire che questa è una realizzazione è assai banale, ma ogni tanto
appaiono delle richieste attorno a relays a stato solido per carichi in
corrente alternata, mentre sarà evidente che ci sono pochi circuiti più
semplici da realizzare, almeno nel segmento riguardante piccole potenze.
Questo perchè esistono componenti integrati realizzati proprio a questo
scopo.
Iniziamo,
però, col dire che, dove si voglia lavorare con la rete a 230V (se non di più),
occorre tassativamente avere ben presente i rischi tutt'altro che marginali a
cui si va incontro.
Intendiamoci: non è la solita tirata sullo "state
attenti che chi tocca il filo muore", del che molti, vuoi per le loro
capacità superiori, vuoi perchè si sentono protetti da baraka di origine
divina, vuoi per una auto-conclamata resistenza alla corrente alternata
("ma sai quante volte ho preso la scossa e non mi è successo mai
niente..."), pensano che avere tra le mani elementi scoperti collegati al
230V sia una banalità. Non è così. E, data la semplicità dei circuiti
proposti che sono facilmente realizzabili anche dai più inesperti, è
opportuno che non solo questi ultimi, ma tutti quelli che si accingono a
realizzazioni del genere, facciamo un attimo di pausa e ricapitolino le loro
conoscenze di elettricità e la loro esperienza per evitare di rimanerci
secchi.
Ovvero: con la rete non si può nè scherzare, nè trastullarsi. Si rischia la
vita in pochi secondi.
Comandare un carico in CA.
Detto
questo, passiamo al core del problema, ovvero: come comandare un carico in ca,
ad esempio, da un microcontroller (Arduini, PIC, ecc) o comunque da una logica
a bassa tensione. E, anche senza logica, un relay allo stato solido potrà
sostituire un equivalente elettromeccanico con il vantaggio della durata,
visto che la commutazione avviene in assenza di qualsiasi scintillio.
Va chiarito, però, che stiamo parlando di una realizzazione di piccola
potenza, per carichi dell' ordine del kW. Volendo commutare motori o
trasformatori o sistemi di riscaldamento di potenze più elevate possono
rendersi necessarie soluzioni circuitali più complesse, principalmente per
quello che riguarda la dissipazione del calore e la neutralizzazione degli
effetti reattivi del carico.
Commercialmente,
moduli del genere sono facilmente reperibili da diversi costruttori:
Nelle
foto, due modelli di Crydom. Notare che il modello a destra dispone di un dissipatore. I moduli hanno un passo standard per essere sia saldati
su cs che inseriti su zoccolo in circuiti multi uscite.
Dal
punto di vista della potenza, l' elemento adeguato è il TRIAC (TRIode
for Alternating Current),
almeno per potenze di uso domestico o comunque limitate.
Un TRIAC agisce come un interruttore in alternata, comandato da una piccola
corrente sul terminale di gate.
Questa corrente può venire benissimo generata da un pin di un
microcontroller: ci sono TRIAC in grado di attivarsi con meno di 10mA.
Il problema, qui, è che il gate è in relazione diretta con la rete e che la
massa della parte logica del circuito va connessa con un polo della rete. Il
risultato è duplice: si porta a tensione di rete l' area logica del circuito,
con rischio per l' utente e si costituisce un ponte diretto con tutto quanto
transita sulla rete, ovvero sovratensioni e disturbi. La conseguenza minima è
una amplificazione della possibilità di mal funzionamento del microcontroller
a causa degli impulsi presenti sulla rete.
Ovviamente, però, un pilotaggio diretto del gate del TRIAC è sempre
possibile. In questa direzione può essere utile la pubblicazione di ST
intitolata Non-
insulate SCR/TRIAC control circuits.
La
soluzione è relativamente semplice: si impiega un isolatore tra logica e rete
per effettuare una separazione galvanica (con questo termine si intende la
separazione tra due circuiti tra cui sono trasferiti segnali, ma senza una
massa in comune).
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Se stiamo utilizzando il TRIAC in modalità impulsiva, è comune
l' impiego di trasformatori di innesco, che trasferiscono gli
impulsi di accensione, isolando la logica dalla rete.
Lo schema di principio a lato dà una idea della configurazione.
Da notare il doppio schermo del trasformatore di isolamento,
collegato ai poli "freddi" dei due circuiti. Trasformatori
per questo impiego sono facilmente reperibili sul mercato o
realizzabili con piccoli toroidi.
Su questo argomento può essere utile consultare la pubblicazione
di ST TRIAC
control by pulse transformer
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Una
seconda possibilità riguarda l' uso di foto accopiatori (opto isolatori),
adatti anche per comandi on/off.
Un opto isolatore consente una soglia di separazione elettrica tra 1000 e
15000V o più, a seconda del modello, mentre la capacità di accoppiamento tra
i circuiti è virtualmente nulla.
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Ecco un esempio di driver tra logica e rete.
Un opto isolatore comanda un transistor NPN che attiva il gate del
TRIAC.
R4/C3 costituiscono l' RC di snubber.
R3/C2/D1/D2/C1 forniscono la tensione continua per T1 e l' opto.
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Un
circuito del genere attiva il TRIAC praticamente nel momento in cui viene
acceso l' opto isolatore.
Però,
parlando di carichi su tensioni alternate, occorre considerare che la tensione
varia tra un massimo "negativo" ed uno "positivo",
passando ciclicamente per lo zero. Se interrompiamo la corrente al carico con
un classico relay elettromeccanico, è comune riscontare il fenomeno della
scintillazione sui contatti, generati dalla componente reattiva sempre
presente nel circuito.
Inoltre, occorre considerare che anche carichi con prevalenza resistiva
possono presentare problemi all' atto dell' accensione in relazione al fatto
che la loro resistenza è molto bassa se la temperatura è bassa e sale al suo
crescere, come ad esempio le lampadine ad incandescenza.
Questo comporta che, se i contatti del relay si chiudono quando la tensione è
nell' area dei massimi, si avrà sul carico un momento più o meno lungo di
massima corrente. La cosa non è molto gradita, sia per la riduzione della
durata di vita del carico, sia per la durata dei contatti, ma anche per la
generazione di sovratensioni e impulsi di disturbo elettromagnetico, anche
intensi. Altrettanto per il TRIAC, che, anche se non ha "contatti
meccanici", si ritrova sotto stress alle commutazioni nei momenti di
massima tensione.
La
soluzione è relativamente semplice: basta commutare il carico al momento del
passaggio per lo zero della tensione, ovvero quando potrà circolare la
corrente minima. Questo è il principio di ciò che gli anglofoni chiamano zero-crossing
switch. Esistono molte possibilità circuitali per realizzare uno zero
crossing, ma, dato che si tratta di una esigenza generalizzata, l' industria
dei semiconduttori ha realizzato componenti elettronici integrati in grado di
effettuare questa operazione praticamente con un solo elemento.
Questo facilita grandemente la realizzazione di interruttori di rete
zero-crossing.
In
particolare, esiste una serie molto comune di optoisolatori con uscita per
comando di TRIAC e SCR: stiamo parlando dei MOC3061/2/3 o3081/2/3.
Ideati anni fa da Fairchild e Motorola, sono costruiti attualmente da
Freescale, ISOCOM e altri e sono ancora la soluzione più semplice per
realizzare un relay a stato solido. Del tutto analoghi sono i modelli IL410/IL4108 di
Vishay , le serie APT di
Panasonic, i vari ELT30xx di
Everlight, NTE3097 di
NTE e vari altri.
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Si tratta di un diodo emettitore infrarosso AlGaAs, otticamente
accoppiato ad un rivelatore monolitico che, contemporaneamente,
svolge la funzione di rilevatore del passaggio di zero, per portare
in conduzione un TRIAC o una coppia di SCR.
Progettato
specificatamente per l'utilizzo nell'interfaccia di sistemi logici,
consente di gestire carichi su linee ac 115 o 230V ed è comune in
sistemi di comunicazione, CRT, SSR, controlli industriali di vario
tipo, controllo di piccoli motori e apparecchi di consumo.
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Un
appunto: parlando di comando dipendente da un microcontroller, nulla vieta di
far svolgere la gestione dello zero-crossing dal software. Questo, però,
richiede un pin dedicato a rilevare la condizione di passaggio per lo zero,
meglio se con un comparatore, e che deve essere pure isolato dalla rete. Si
arriva quindi ad aggiungere componenti e complicazione al programma, mente i
MOC risolvono brillantemente il problema, liberando il microcontroller da
questa gestione principalmente nelle applicazioni generali.
In applicazioni particolari è invece comune, per ragioni di costo, rilevare
lo zero da programma; in questo caso, ad esempio, non viene implementato alcun
isolamento tra micro e rete, sia per l' ingresso del rilevamento, sia per il
comando del gate. Una soluzione del genere è indirizzata, però, al dimming
di lampade a incandescenza e a potenze molto limitate, mentre la realizzazione
industriale consente di rendere inaccessibili agli utilizzatori le parti sotto
tensione, come nelle ultime serie di varialuce domestici, solitamente
controllati da un PIC a 8 pin.
Nel
nostro caso, invece, vogliamo disporre di un relay a stato solido di uso
quanto più possibile generale e che possa essere introdotto in qualsiasi
circuito senza particolari problemi.
Dunque, usiamo l' isolatore MOC, che viene fornito in un classico PDIP a 6 pin o nel
corrispondente SOIC per SMD, con una isolamento di 7500V. La tensione di
isolamento indicata dal costruttore è un valore massimo assoluto. Essa è
determinata in un circuito ideale, dove è curato ogni particolare dell'
isolamento tra logica e rete. Nella realizzazione pratica su un circuito
stampato, occorre considerare che il valore reale ottenibile sarà minore, a
causa del supporto, delle piste, del possibile sporco e umidità che si posso
depositare.
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Dove è necessario disporre del massimo isolamento, esso è
meglio sfruttabile con la versione di package D, in cui il passo tra
i pin, invece dei classici 7.62mm diventa 10.16mm. |
Se
si pensa che il circuito sia operativo in condizioni critiche (ad esempio
apparecchiature installate all' esterno), una pratica comune per ridurre le
possibilità di passaggio di corrente tra le due sezioni è quella di
realizzare una cava nello stampato, interrompendo così ogni possibile
corrente superficiale.
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Nella foto, questa soluzione applicata in un alimentatore da rete
tra i pin di opto isolatori passo 7.62 e d trasformatori.
Questa soluzione permette un ulteriore aumento dell'isolamento che si
aggiunge alla spaziatura tra le sezioni del circuito stampato.
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Dato
che tutta la logica dello zero-crossing è integrata nell' opto isolatore, lo
schema applicativo è estremamente semplice; utilizziamo pari pari quello del
foglio dati:
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e possiamo vedere che più semplice di così non si può. Consiste
essenzialmente in 5 elementi indispensabili:
- la resistenza Rin di limitazione della corrente nel LED dell' opto
isolatore
- il MOC stesso con il suo circuito di zero crossing
- il TRIAC
- un paio di resistenze per alimentare il MOC e il gate del TRIAC
- uno snubber RC in parallelo al TRIAC |
Il
carico può essere collegato come in figura (scelta ottimale), ma anche all'
altro polo.
Non è, invece, indifferente il collegamento di A1 e A2 del TRIAC; anche se si
tratta di un componente supposto "simmetrico", questa simmetria non
riguarda la tensione di accensione del gate. Nello schema indicato, scambiando
A1 e A2 si ha lo spiacevole effetto che la corrente attraverso la resistenza
sul gate è sufficiente ad accendere il TRIAC.
Questo
circuito può essere implementato as-is come parte di uscita di un qualunque
sistema a microcontroller che debba comandare carichi sulla rete. In un simile
caso basterà aggiungere sullo stampato i componenti indicati, considerando di
mantenere un buon isolamento tra il lato a bassa tensione e quelli di rete. La
Rin limita la corrente nell' opto e va calcolata a seconda della tensione
della logica, analogamente a quello che si fa con un LED. Sarà anche
possibile inserire proprio un LED in serie per visualizzare lo stato dell'
accensione (riducendo la Rin per compensare la caduta di tensione sul LED). Se
la tensione logica è molto bassa (2-3V) il LED di segnalazione, se
necessario, andrà in parallelo, con la sua relativa resistenza di
limitazione..
Vediamo
qui, invece, una possibile realizzazione, su una superficie analoga a quella
dei moduli commerciali visti sopra e con la stessa piedinatura:
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Ecco un possibile stampato, ancora da scontornare, ma già
stagnato e forato. |
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Ecco il circuito montato, senza il dissipatore di calore.
Da notare il TRIAC montato "al contrario". Se
installiamo il TO-220 con il tab verso il circuito stampato, un
dissipatore occuperà spazio sullo stesso, aumentandone la
superficie necessaria. Inoltre, con il dissipatore parallelo allo
stampato, un lato di esso non avrà scambio con l' aria ambiente,
riducendone l' efficienza. E' possibile, in alternativa, collocare
un dissipatore perpendicolare allo stampato, ma in questo caso si
voleva ottenere un modulo con il minimo spessore possibile per poter
essere affiancato ad altri.
Da qui la soluzione adottata, che permette di fissare il
dissipatore in modo relativamente indipendente dalla dimensione
dello stampato e don la massima superficie in contatto con l'
ambiente.
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Per
rendere il modulo quanto più possibile universale è stata introdotta la
possibilità di comandarlo con una tensione variabile tra 3 e 15V, aggiungendo
un generatore di corrente costante molto semplice, realizzato con un
transistor NPN e un LED come tensione di riferimento.
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Il LED funziona da diodo Zener, mantenendo una tensione abbastanza
costante alla base del transistor, indipendentemente dalla tensione di
alimentazione. Naturalmente la tensione di alimentazione deve essere
maggiore della tensione di accensione del LED.
Usando un LED verde si avranno circa 2V, un pò meno con un LED
rosso (1.7-1.9V).
Ne risulta che la tensione sull' emettitore sarà uguale a Vb -
Vbe e la corrente di emettitore sarà altrettanto stabilizzata
e dipendente dal valore della resistenza Re.
Si tratta di una soluzione molto semplice, con in più il bonus di
avere una indicazione ottica del funzionamento del relay
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La
resistenza di emettitore Re dipende dal transistor utilizzato (e dal suo
guadagno) e dalla tensione del LED. Tipicamente si potranno usare 220-240 ohm
per 5 mA, 150 per 10 mA, 100 per 15 mA.
Nel circuito in foto è stato utilizzato MOC3063 con un LED verde generico
(resistenza serie da 470 ohm) e un transistor BC547 con Re di 220 ohm. In
queste condizioni la corrente al MOC varia tra 5.2 e 7.1mA per variazioni di
tensione di alimentazione tra 2.7 e 15V.
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L' intero circuito di ingresso assorbe circa 10 mA a 5V e 30 mA a
15V. Il TRIAC è portato in conduzione senza incertezze a partire da
una tensione logica di 2,8V. Usando un LED a bassa corrente,
la resistenza serie può salire a 1-2.2K, con una netta riduzione
della corrente necessaria alla logica. Se l'indicazione del LED non
serve, al suo posto si potrà usare una coppia di 1n4148 in serie o
uno zener da 2.5V.
Il LED si accende dando tensione logica al relay. Data la
semplicità dell' implementazione, la sua luminosità aumenta con l'
aumentare della tensione logica di comando.
Il TRIAC è sostenuto da un distanziale che garantisce una
sufficiente robustezza meccanica.
Il dissipatore è ricavato da uno originariamente applicato su un
chipset di una scheda madre. Tra TRIAC e dissipatore è applicato un
giusto strato di compound termo conduttivo
Nei modelli commerciali similari, a bordo non sono previsti ne
LED indicatore, nè snubber, la cui implementazione è da effettuare
esternamente. Nel nostro circuito, invece, si è ritenuto
ragionevole inserire entrambi, per disporre di un oggetto quanto più
universale possibile. |
I
MOC
Anche
se sul WEB appaiono numerosi esempi di uso degli optoisolatori MOC, raramente
si trova l' indicazione dell' esistenza di modelli diversi, che si
differenziano uno dall' altro dalla corrente nominale necessaria all'
accensione al LED interno :
MOC |
Iled |
3041/3061/3081 |
15 mA |
3042/3062/3082
|
10 mA |
3043/3063/3083 |
5 mA |
Dove
sia richiesto il minimo consumo, il MOC3063 è
l' ideale; in ogni caso, pin di microcontroller come i PIC posso comandare
senza problemi anche gli altri.
Da
notare che la serie MOC3041/2/3,
molto citata sul WEB, anche se può funzionare con rete a 230V, ha
una tensione di lavoro minore (400V) della
serie 3061/2/3 e3081/2/3
(800V) che, quindi,
presenta decisamente maggiore sicurezza.
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A questo riguardo, la serie 308x ha
un set di certificazioni più ampio, che la abilitano all' impiego
in aree dove la sicurezza è un elemento sensibile. Il costo,
ovviamente, è maggiore |
La
scelta del MOC più sensibile permette di far funzionare il circuito anche con
i 24V di uscita tipici di un PLC senza che il transistor scaldi
eccessivamente. In effetti, esso è un regolatore serie che varia la
resistenza C-E per mantenere costante la corrente di emettitore. Per ridurre
la potenza dissipata sul transistor sarà comunque possibile inserire una
resistenza in serie (sullo stampato o esterna).
Ovviamente
se si sa a priori la destinazione, il circuito a corrente costante potrà
benissimo essere eliminato e la corrente nel fotoaccopiatore sarà limitata da
una resistenza esterna o sullo stampato, calcolata per far circolare il valore
voluto a seconda del MOC utilizzato.
A questo riguardo, una nota: i valori di corrente indicati sono quelli che il
costruttore considera minimi per il sicuro funzionamento. In pratica, su un
certo numero di elementi, si è rilevato che l' accensione avviene anche per
correnti minori, anche del 50% rispetto al valore nominale.
Però, per restare nell' ambito della sicurezza di funzionamento, è meglio
rispettare questi valori. Non ha invece alcuna finalità utile far circolare
correnti maggiori, anche se i LED integrati possono sopportare qualche decina
di mA; si tratterebbe solo di un inutile spreco di energia.
Il
TRIAC
La
scelta del TRIAC dipende dal carico, non tanto per il valore della corrente,
quanto per la sua natura. Con un carico essenzialmente resistivo un classico
TIC226D/400 e simili sarà adeguato. Se il carico presenta componenti
induttive sensibili, sarà molto meglio scegliere un modello da 600V o più. A
seconda del modello usato, si potranno comandare correnti anche di 6-8A,
corrispondenti ad un carico di un paio di kW. E', ovviamente, necessario un
dissipatore di calore per i carichi maggiori.
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Da notare che il tab di un TRIAC nel classico TO-220 è collegato
all' elettrodo centrale e quindi si trova connesso alla tensione di
rete e diventa assai pericoloso, sopratutto se si aggiunge un
dissipatore, che aumenta la superficie di trasmissione del calore,
ma anche quella a tensione di rete.
La soluzione è duplice:
utilizzare un isolante per accoppiare il TRIAC e il dissipatore
(mica, pad plastici termo conduttivi) con le relative rondelle
isolanti per la vite; oppure utilizzare un TRIAC con il tab isolato,
che, anche se costa qualche lira in più, evita il noioso lavoro di
montare l' isolante.
Nei prototipi in foto è stato usato un BTA12-600SWRG, in TO-220AB
isolato, il che consente sia di lasciare il tab in vista, sia di
collegarlo ad un dissipatore con una componente di rischio molto
ridotta. |
Si
tratta di un logic level snubberless con VDRM/VRRM 600/800V
e corrente nominale di 12A (126 di picco).
Anche se per piccoli carichi resisivi è possibile usare senza problemi
modelli con una tensione di 400V, la tensione inversa di 600V è la minima
utilizzabile con sicurezza sulla rete a 230V per carichi che presenta anche
una minima induttanza; nel caso di carichi decisamente induttivi è meglio
scegliere modelli con 800-1200V. Molto spesso si hanno guasti su TRIAC per il
superamento della tensione di rottura dovuto a picchi di sovra tensione
derivati dalla commutazione del carico. La corrente di massima non ripetitiva
è utile sia abbondante dato che carichi capacitivi possono assorbire
fortissime correnti impulsive all' accensione e carichi resistivi, come
lampade, ma anche riscaldatori, assorbono una corrente a freddo molto
superiore a quella che si ha con l' elemento a temperatura di funzionamento.
Per
quanto riguarda la protezione del TRIAC da sovra correnti, l' impiego di
fusibili è sempre benvenuto, ma si deve considerare che anche i fusili extra
rapidi normalmente hanno lo scopo di proteggere il sistema da un guasto, non
quello di proteggere il semiconduttore, che, sfortunatamente, ha di solito un
tempo di auto distruzione minore di quello del fusibile. Tuttavia, esistono
fusibili appositi con tempi di intervento extra brevi previsti per la
protezione di semiconduttori, ma nel loro impiego, per avere un margine di
successo ragionevole, occorre una buon dimensionamento sia del fusibile che
del TRIAC rispetto al carico. Ovvero, le possibilità che un ctocto sul carico
provochino la dipartita del TRIAC sono presenti sempre. Questo è
probabilmente il solo lato negativo dell' uso di semiconduttori rispetto ai
contatti elettromeccanici che, per loro natura, hanno una robustezza
intrinseca molto maggiore. Per contro, nell' uso regolare, la durata del
contatto elettromeccanico, sottoposto a scintillamento, è enormemente minore
di quella del semiconduttore, che, in molte applicazioni, risulta vincente in
ogni caso.
E' necessario, qui, fare un appunto per chi pensasse di comandare vari kW in
questo modo: il TRIAC è un componente che professionalmente non si utilizza
volentieri su grandi potenze e, sopratutto, su carichi complessi, in quanto ha
il brutto difetto di innescarsi da se quando sottoposto a variazioni di
tensione veloci (dV/dt) come quelle che facilmente si hanno durante le
commutazioni dell' alimentazione. Per cui, a meno di avere una più che buona
esperienza nel campo dei comandi in alternata, 1-3 kW è il massimo di
possibilità del nostro relay, sopratutto se si ha a che fare con carichi
fortemente induttivi.
Il circuito realizzato comanda senza dissipatore qualche centinaio di watt su
carico resistivo. Per potenze maggiori occorre un buon dissipatore.
Snubber
E,
in relazione a questo, è estremamente importante considerare che si rende
d'obbligo inserire uno snubber RC in parallelo al TRIAC, in modo da spegnere
per quanto possibile i picchi che si generano alla commutazione di reattanze,
principalmente induttive, presenti sul carico.
In Grix potete trovare interessanti trattazioni sull' argomento e sul calcolo
dei parametri.
Il circuito stampato consente di alloggiare un condensatore e la relativa
resistenza. Valori generici possono andare dal minimo 10nF/39ohm per carichi
essenzialmente resistivi a 47nF/390 ohm o più per carichi induttivi o a
valori di capacità maggiori nel caso sia necessario stabilizzare la
commutazione su carichi a forte induttanza.
Va osservato che il condensatore NON è un qualsiasi componentaccio pescato
dal cassetto degli scarti, ma un class X2; la resistenza meglio se a strato
metallico.
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Nelle foto sopra si nota un componente ad hoc in cui il
condensatore e la resistenza sono integrati in un unico package; non
costa tanto di più dei due elementi separati ed è più comodo da
gestire. Ovviamente non è necessario che lo snubber sia presente
sullo stampatino; può benissimo essere esterno, soprattutto se si
utilizzano condensatori di valori elevati (i class X sono
normalmente di dimensioni abbondanti). Però, in ogni caso, un
minimo è meglio metterlo a bordo, giusto per disporre di un
componente quanto più "universale" possibile e di pronto
impiego.
Si notano le certificazioni ENEC,UL, VDE tipiche di questi
componenti. |
Per
curiosità, il TRIAC usato è dichiarato "snubberless", nel senso
che è resistente ad elevati valori di dI/dt-dV/dt. Il progettista prudente,
però, nella pratica, non si esenta dall'applicare una rete RC in parallelo al
TRIAC, se non nei casi in cui il carico ha caratteristiche ben definite.
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Nelle
foto, il nostro SSR confrontato con modulo commerciale. |
Più
potenza...
Ovviamente,
maggiore è la potenza da comandare, maggiore è il calore dissipato dal TRIAC,
che richiederà un massiccio dissipatore. Commercialmente, i moduli hanno
forma differente, sia per poter accedere con cavi di sezione adeguata, sia per
disporre di un' ampia superficie di collegamento con il dissipatore.
Questo
per far capire che il modulo descritto è una ottima soluzione nell' ambito di
potenze e carichi limitati e che per comandare riscaldatori da 10kW o motori
di grosse macchine utensili occorre qualcosa di più impegnativo e non è un
lavoro che un principiante possa affrontare con possibilità di successo.
Per
chi deve comandare carichi di maggiore potenza rispetto alle possibilità del
TRIAC, si consiglia, però, l' uso di due SCR in controfase; l' application
dei MOC riporta uno schema anche per questa circostanza (gli SCR sono molto
meno sensibili ai disturbi impulsivi, sono disponibili in packages
raffreddabili meglio e in una gamma di tensione/corrente più ampia). In
effetti, nei modelli commerciali sono solitamen te impiegati due SCR e non un
TRIAC.
ON/OFF
Un
ultimo appunto: questo circuito è un interruttore on/off al passaggio per lo
zero. Quindi la sua azione di commutazione si può esplicare solo all' inizio
di una nuova semionda. Non è, quindi, un commutatore adatto ad un comando a
impulsi o un controllo di fase. Sarà comunque possibile un controllo
utilizzando una accensione che comprenda una o più semionde di rete.
Dove non sia necessaria o richiesta una commutazione zero-crossing, esistono
altri optoisolatori per controllo di TRIAC, come la serie MOC3021/2/3, che un random-phase,
ovvero non integra lo zero-crossing, ma accende il TRIAC nel momento in cui
viene acceso l' optoisolatore, indipendentemente dalla fase sulla tensione
alternata.
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Anche in questo caso lo schema è decisamente semplificato dall'
opto isolatore con DIAC in uscita che permette di comandare il TRIAC
con il minimo di componenti esterni. |
Va
osservato che non è possibile comandare comunque un PWM all' interno della
semionda in quanto il TRIAC, una volta innescato, si spegne solo al momento in
cui la corrente circolante tra i due anodi è minore della minima di
mantenimento.
Per controlli PWM a frequenza superiore a quella della rete occorre
implementare altre soluzioni circuitali.
ATTENZIONE: PERICOLO DI FOLGORAZIONE!
Coloro
che intendono realizzare praticamente il circuito qui descritto,
devono prendere coscienza che si tratta di una circuito collegato alla
rete alternata e devono mettere in atto tutte le misure necessarie a
garantire la propria personale incolumità e quella di altre persone
che potrebbero venire in contatto col circuito stesso, con il pericolo
di scariche elettriche anche mortali.
Si raccomanda quindi di:
- usare solo piani di lavoro isolanti (plastica o legno)
- scollegare completamente l'alimentazione ogni volta che si procede
ad una modifica del circuito
- effettuare le sperimentazioni interponendo un separatore di rete, in
modo tale da essere in sicurezza
- non rendere in alcun caso o condizione disponibile l' accesso al
circuito ad altri, sopratutto se si tratta di persone non competenti e
tanto più di bambini. |
Documentazione
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