Analisi di un modulo step-up di produzione cinese.
Sempre più piccoli...
Il diffondersi di ogni genere di apparecchi alimentati a batterie ha dato
origine alla richiesta di sistemi per elevare la tensione di una cella (1.2-3.6V
a seconda della chimica) verso i valori tipici impiegati dai microcontroller
(3-5V). Occorrono, quindi, dei convertitori DC/DC del genere boost (step-up) o
SEPIC.
|
E' ovvio che si cerchi di ottenere le migliori prestazioni assieme alle dimensioni
minime possibili e al costo più basso.
Così, praticamente tutti i produttori di circuiti integrati hanno
in catalogo molti dispositivi adatti a questo scopo e la tendenza
attuale è quella di realizzarli in package molto piccoli, come il SOT23 a 5 o 6pin.
Per tutti, la necessità di contenere le dimensioni di
induttanze e condensatori fa si che si utilizzino frequenze di switch
elevate, tipicamente 1MHz o più.
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Tanto per elencare alcune delle moltissime sigle, con alcune caratteristiche
indicative:
IC |
Vin |
Vout |
switch interno |
rendimento
max.%
(indicativo) |
NCP1406 |
1.4-5.5V |
max. 25V |
800mA |
87 |
LTC3426 |
1.6-5.5V |
2.25-5V |
2000mA |
93 |
TPS61040 |
1.8-6V |
max.28V |
400mA |
90 |
TLV61220 |
0.7-5.5V |
1.8-5.5V |
200mA |
95 |
TLV61046 |
1.8-5.5V |
4.5-28V |
980mA |
85 |
R1200 |
2.3-5-5V |
max. 25V |
700mA |
87 |
SC120SKTRT |
0.7-4.5V |
1.8-5V |
1200mA |
90 |
MCP1640 |
0.8-5.5V |
2-5.5V |
800mA |
96 |
MCP1625 |
0.8-5.5V |
1.8-5.5V |
650mA |
96 |
MIC2619 |
2.8-6.5V |
max. 36V |
350mA |
90 |
MIC2288
|
2.5-10V |
max. 34V |
1A |
85 |
Lo schema applicativo tipico di uno step up con tensione di uscita regolabile
è questo:
|
Il circuito integrato richiede la bobina L1 e il diodo D1 esterni,
mentre il MOSFET interruttore è integrato.
Data l'elevata frequenza di commutazione, l'induttanza è contenuta
in valori tipici attorno ai 22-33uH.
Il circuito richiede ovviamente ance un condensatore in ingresso Cin
e uno all'uscita Co, che dovranno essere a basso ESR; solitamente è
pratico impiegare elementi multistrato, che, assieme alle ridotte
dimensioni, offrono valori di resistenza minimi.
La frequenza di oscillazione è fissa ed è determinata da componenti
interni all'integrato. |
Senza fare una lezione sul funzionamento dei converter step-up, possiamo dire
che, fondamentalmente, la tensione di ingresso è usata per caricare l'induttore
durante la fase di on del PWM, in cui il transistor di switch lo collega alla
massa. Quando l'interruttore è aperto, l'induttore viene a trovarsi in serie
alla tensione di ingresso: poiché le tensioni si sommano, la tensione di uscita è
superiore alla tensione di ingresso.
Il diodo in uscita rende la giusta polarità; si usa tipicamente uno Schottky a
causa della sua bassa caduta di tensione in conduzione.
La regolazione della tensione di uscita dipende dal partitore R1/R2, la cui
tensione viene confrontata con un riferimento interno, solitamente dell'ordine
di 0.6-1.125V. L'uscita del comparatore blocca il tempo di on del transistor di
commutazione, che normalmente è un MOSFET con una bassa resistenza Rdson.
La formula generale è:
Vout = Vref (1+R1/R2) [1]
dove Vref è la tensione di riferimento integrata.
L'aggiunta di un condensatore Cff sul feedback consente di migliorare
il comportamento della regolazione.
Il rendimento di questo genere di applicazione può superare il 90% per una
buona area del rapporto ingresso/uscita, il che si adatta ottimamente ad
apparati alimentati a batteria e che devono utilizzare la meglio l'energia
disponibile.
Nella soluzioni in SOT23-5 è disponibile anche un pin di enable EN che
consente di spegnere il convertitore quando non necessario, operando un
ulteriore risparmio energetico, dato che questi circuiti, in stand by, hanno
consumi dell'ordine di pochi uA.
Va però tenuto presente che quando uno step-up è spento, l'ingresso è
collegato all'uscita attraverso L1-D1.
Questo genere di circuiti è facilmente realizzabile anche a livello
hobbistico, dato che, in genere, è
possibile studiare circuiti stampati a faccia singola, mentre i SOT23 fanno
ancora parte di quella categoria di componenti SMD che possono essere saldati
manualmente senza difficoltà: basta disporre di un buon saldatore a punta fine,
di stagno di qualità e di un po' di abilità manuale.
Il problema che si pone a chi voglia sperimentare questi circuiti è,
piuttosto, quello del reperimento dei componenti. Inoltre, anche se attraverso la rete è
possibile trovare qualunque cosa, resta il problema dei costi dei componenti
stessi, che, per pochissimi pezzi, può essere abbastanza elevato.
Ci ha pensato, però, il mercato cinese, che ha subito messo a disposizione una notevole
varietà di integrati per convertitori DC/DC e, sopratutto, di moduli pronti, con costi tali per il prodotto
finito da risultare molto minori del costo delle parti sfuse.
Ne risulta che quanti non sono interessati alla pura realizzazione, ma
desiderano un qualcosa di pronto da usare, la soluzione è quella di rivolgersi
a questi moduli.
In particolare, un rapporto prezzo/prestazione notevole è offerto dai
circuiti basati sul chip MT3608
di Xi'an Aerosemi,
che è facile reperire da Amazon, Aliexpress, Banggood e simili.
|
Il modulo, di ridotte dimensioni, dispone di un trimmer multigiri per
la regolazione della tensione di uscita.
Le inserzioni più serie indicano più o meno le seguenti caratteristiche:
- tensione di ingresso: 2V-24V
- tensione di uscita: aggiustabile da 5 a 28V (massimo raccomandato
26V)
- massima corrente in uscita: 2A (massimo raccomandato 1A)
- efficienza: 93%
- dimensioni: 36 mm * 17 mm * 14 mm
|
Questi dati e il costo incredibilmente basso (si trova anche meno di 1€) hanno
fatto si che questo modulo si diffondesse rapidamente, anche perchè
furbescamente associato alla parola magica "arduino" con la quale si
vende di tutto.
Ne abbiamo verificati vari esemplari da fonti diverse per valutare di cosa si
tratti realmente.
Step up.
In primo luogo è opportuno spendere qualche parola per chiarire bene di cosa
è questo modulo, dato che sul Web imperversano troppe imprecisioni, spesso a contorno di filmati nel migliore dei casi inutili, in altri anche fuorvianti, o di discussioni sui forum dove i partecipanti si
sbizzarriscono in gare di chi la dice più insensata.
Innanzitutto deve essere chiaro che si tratta di un convertitore DC/DC del
tipo boost o step up.
Caratteristica essenziale di uno step up è quella di ricevere una tensione
all'ingresso e rendere all'uscita una tensione superiore. Da qui il nome di
step-up (un gradino in su) o boost (aumento, incremento).
Dovrebbe essere ben compreso che questo circuito
- NON è un
amplificatore di potenza, ovvero non può rendere all'uscita una potenza
maggiore di quella assorbita.
Il nome boost o booster può trarre in inganno in quanto può essere usato
anche per amplificatori di potenza, ma non è questo il senso in cui è usato
per i convertitori step up, dove l'incremento riguarda la tensione e non la
potenza.
Quindi, uno step up rende una tensione maggiore di quella in ingresso a pari
potenza (a meno del suo rendimento).
Ovvero, se all'uscita richiedo 10V con 1A
P= V * I = 10 * 1 = 10W
applicando all'ingresso 5V, sarà assorbita una corrente di 2.22A.
I = P / V = 10 / 5 = 2A
Se il rendimento è del 90%, la corrente assorbita sarà 2.22A
circa.
Dunque, tre punti importanti:
-
la tensione di uscita dello step-up è sempre maggiore di
quella di ingresso.
Non è possibile ottenere dallo step up una tensione
di uscita minore di quella in ingresso. La formula [1] lo evidenzia.
Se all'uscita ci serve una tensione minore di quella in ingresso si dovrà ricorrere
alla configurazione step down o buck oppure a un SEPIC, che sono cose ben
diverse dal boost.
Meravigliarsi, come rilevato dai casi citati del Web, che non sia possibile
ottenere 5V alimentando il circuito con 9V, indica che è necessario rivedere
le proprie cognizioni di elettronica.
-
lo step up lavorerà meglio quanto minore sarà la
differenza tra tensione di ingresso e tensione di uscita perchè si ridurrà
la corrente assorbita, che deve essere supportata dall'induttanza e dal
transistor di switch, con le relative perdite, ma, comunque, occorrerà un
minimo margine di differenza tra i due valori per una regolazione efficiente;
ad esempio, la tensione di ingresso dovrà essere superiore a quella di
uscita almeno di 1-2V in modo da mantenere attiva la regolazione del PWM
dello step up.
-
last but not least, purtroppo, i dati di "targa" forniti dai
venditori cinesi sono, salvo casi isolati, praticamente sempre al di
fuori del sensato. Di questo va tenuto conto, onde non trovarsi con
"sorprese" che non sono poi così "inaspettate".
E' sempre il caso di confrontarsi un attimo con il foglio dati dei
componenti principali.
Queste sono le caratteristiche indicative tratte dal foglio dati:
IC
|
Vin |
Vout |
switch interno |
rendimento max.% |
MT3608 |
2-24V |
max. 28V |
4A |
97% |
Se confrontiamo questi dati con quelli riportati all'inizio per
analoghi componenti in SOT-23 con una frequenza di switch attorno a 1.2MHz,
notiamo che quanto scritto per MT3608 è parecchio al di sopra dei competitors.
In particolare, nessuna delle sigle indicate prima dichiara una corrente di
commutazione maggiore di 2A per un package SOT-23, contro i 4 del 3608 e neppure
un
rendimento così elevato. A parole, un componente eccellente.
Vediamo in dettaglio il modulo e se corrisponde a quanto
dichiarato.
Modulo MT3608.
MT3608 si trova sia come componente sfuso, sia già assemblato
su piccoli moduli.
Facciamo riferimento a questi ultimi, che paiono molto diffusi, sia per il basso
costo, sia per le prestazioni dichiarate.
Da osservare che questo modulo si trova in diverse versioni, alcune del
tutto simili a parte la scelta dell'induttore e del trimmer, altre dotate di un ingresso USB
mini, ma tutte sostanzialmente identiche come schema e componenti.
Nella foto, un ingrandimento del modulo e il suo schema
elettrico:
La componentistica, come in tutto questo genere di moduli di
produzione cinese è ridotta al minimo ritenuto indispensabile. Nel caso in questione,
l'unica variazione rispetto all'application base del costruttore del chip è il partitore
che comprende
un trimmer multigiri per la regolazione della tensione di uscita.
Le dimensioni del circuito sono minime, considerando che una
buona parte dello spazio è occupata dal trimmer e dalle piazzole dei contati di
ingresso e di uscita.
Tutti componenti sono SMD, anche la bobina e i condensatori, ceramici
multistrato.
Il circuito stampato è doppio strato a fori metallizzati, ma le piste
funzionali sono praticamente solo sullo strato su cui sono fissati i componenti SMD.
Funziona?
E' da considerare l'elevato numero di post su molteplici siti
che dichiarano di non essere riusciti a farlo funzionare oppure hanno avuto il
classico filo di fumo. Siccome su diversi esemplari fatti arrivare da diverse
fonti non si è riscontrato nulla del genere, è stato necessario un po' di
lavoro per fare chiarezza.
Innanzitutto va posta l'attenzione sul partitore che regola la tensione di
uscita e che è realizzato con il trimmer da 100k ed un resistore fisso da 2k2.
|
Se applichiamo la formula [1] quando il cursore è
interamente girato verso R2, abbiamo:
Vout = Vref (1+R1/R2) = 0.6 (1 + 100/2.2) =
27.8V
ovvero la massima tensione gestibile in uscita. Questo
si ottiene ruotando il cursore completamente in senso anti orario.
In effetti i valori calcolati non sono particolarmente precisi,
ma, considerando anche la tolleranza dei componenti, non sono poi tanto
sballati. |
Peraltro, la rotazione a 20giri consente una discreta finezza
nell'impostazione della tensione di uscita, anche se praticamente superflua: un
trimmer a un giro sarebbe stato altrettanto adeguato.
Qualcuno nei commentatori sul web ha scritto che la tensione di uscita non è
regolabile. Il fatto è che la regolazione avviene solamente per una breve corsa
del trimmer, che è un multigiri, e che la maggior parte dei giri sono
inutilizzabili; il motivo di questo è descritto più avanti nelle possibili
modifiche al modulo.
Il problema grave che si pone con questa configurazione, però, è un
altro. La causa è evidente solo leggendo il foglio dati: la tensione massima
ammissibile sul pin FB è 6V!
Il funzionamento del feedback del regolatore dovrebbe essere
noto: l'oscillatore interno guida il gate del MOSFET switch con un PWM in cui
tempo di on dipende dall'azione del comparatore interno. Fino a che la tensione
sul pin FB è minore di quella del riferimento, il MOSFET è in conduzione.
Quando la tensione su FB si avvicina a quella del riferimento, il tempo di on si
riduce; quando raggiunge quella di riferimento, l'impulso di on è spento.
: questo fa si che la bobina scarichi la propria energia mentre la tensione in
uscita scende per la corrente assorbita dal carico. Quando questa tensione fa si
che FB sia al di sotto del riferimento, il MOSFET viene riportato in conduzione
e il ciclo riparte.
Nel componente in questione, il duty cycle varia tra circa il 90% per FB=0 e lo
0% per FB=>0.6V.
Quando il FB>Vref il MOSFET è spento.
Quando la vite di regolazione del trimmer è girata in senso
orario, il cursore si allontana da R2, e si avvicina all'uscita, la tensione al
pin FB del chip aumenta. Il comparatore rileva la situazione e riduce il ciclo
di lavoro per bloccare lo switch fino a quando la tensione di uscita scende,
riportando il pin FB di nuovo a 0.6 volt. Si otterrà via via una tensione
minore in uscita.
Questo processo funziona perfettamente fino a che il chip regola la tensione di
uscita per eguagliare la tensione di feedback.
Consideriamo però tre casi:
-
Tensione di ingresso minore della tensione di uscita
richiesta.
Se abbiamo impostato il trimmer per avere FB=0,6V con una
tensione di uscita di 5V ed alimentiamo il circuito con 3V, il ciclo di
controllo opera come descritto sopra e tutto è regolare.
-
Tensione di ingresso minore di 6V e uguale o minore della
tensione di uscita richiesta.
Se abbiamo impostato il trimmer per avere FB=0,6V con una
tensione di uscita di 5V ed alimentiamo il circuito con 5V, il
controllo smette di funzionare, dato che il comparatore non ha ragione di
avviare il ciclo. Il boost si spegne e la tensione di ingresso fluisce
semplicemente attraverso L1 e D1 verso l'uscita. Praticamente è come se
l'integrato non esistesse.
Quindi, la condizione limite di funzionamento verso il basso è quella in cui
vogliamo una tensione di uscita uguale o minore a quella d' ingresso. E' una
condizione in cui il chip non effettua alcuna regolazione e la tensione
in uscita è uguale a quella di ingresso meno la caduta di tensione su L1 e D1.
Teoricamente non si dovrebbe guastare nulla (anche se non è detto che non si formino situazioni
critiche), ma non ha alcun senso usare il circuito in queste
condizioni.
-
Tensione di ingresso maggiore di 6V e uguale o minore
della tensione di uscita richiesta.
Se abbiamo impostato il trimmer per avere FB=0,6V con una
tensione di uscita di 5V ed alimentiamo il modulo con una tensione di 12V lo switch è spento e tutta la tensione di ingresso la si ritrova
sul pin FB; essendo maggiore di 6V, l'integrato è distrutto.
Si deve notare che, per come è fatto il partitore, non esiste una protezione
che limiti al tensione in arrivo su FB. Essa dipende solo dal rapporto delle
resistenze e dalla tensione in uscita. Così, la tensione al pin FB può
essere significativamente superiore al suo valore massimo di 6V.
Al limite, quando il cursore è sull'estremità collegata all'uscita, qualsiasi
tensione di alimentazione applicata è superiore alla tensione di riferimento e
lo switch è spento. Se la tensione in ingresso è maggiore di 6V, il chip è
irrimediabilmente danneggiato.
E' questa la principale ragione della strage massiccia di questi moduli.
A meno di modificare il circuito, l'unica via sicura per l'avviamento del modulo
è la seguente procedura:
-
collegare un carico minimo, ad esempio un resistore da 10k.
-
alimentare il circuito con una tensione inferiore a 6V, ad
esempio 3-4V, anche con due batterie AA o con un elemento LiIon. In questo caso siamo sicuri che, anche se lo switch è
spento, non c'è alcuna possibilità che la tensione sul pin FB superi 6V.
-
regolare il trimmer per avere la tensione in uscita voluta
(che deve essere maggiore di quella della batteria).
Ora sarà possibile alimentare il modulo con la tensione
nominale richiesta; è possibile che sia necessario un piccolo aggiustamento del
trimmer.
Peraltro, alcuni venditori hanno indicato chiaramente come
evitare i principali problemi che portano alla distruzione del chip. Ad esempio,
nella "documentazione" di Icstation MT3608 viene indicato:
2.
When receive the module, please turn the potentiometer clockwise by more than 10
turns before test, for example, rotate the potentiometer with 15 laps in
clockwise direction, before power on it.
Ruotando la vite di regolazione del trimmer completamente in
senso antiorario si porta il cursore sulla R2, in situazione di
sicurezza in cui 0.6V su FB sono ottenuti solo se Vout=27,8V. L'operazione
non è in sè indispensabile se si inizia ad alimentare il modulo con Vin<<6V, in quanto anche se il cursore è ruotato verso
l'uscita, l'alimentazione applicata inizialmente è minore di quella critica per
il pin FB.
Il secondo problema è relativo ai dati di targa.
Che, come solito nella produzione cinese, non sono il massimo.
|
I dati forniti nelle inserzioni dei venditori sembrano chiari (quelli
a lato sono tra i più obiettivi), ma se
non correttamente intesi, sono fonte di confusione e portano solo alla
probabilità di danneggiare il modulo. |
Tensione di ingresso.
Può variare da 2 a 24V. Questi sono i parametri indicati nel
foglio dati del costruttore, ma, leggendo questo foglio, si nota anche che 26V
è indicato nell'Absolute Maximum Ratings come massima tensione assoluta
applicabile.
quindi sarà opportuno mantenersene ben distanti, principalmente nel caso in cui
la tensione di alimentazione non sia sicuramente stabile.
Altri costruttori di chip del tutto analoghi, come AX5523 di Axelite, dichiara
una tensione di ingresso tra 2.6 e 16V.
Vediamo nei test l'effetto delle diverse tensioni in ingresso.
Tensione di uscita.
Il range è quello indicato sul foglio dati, ma, anche qui,
Absolute Maximum Ratings indica come massima tensione in uscita 30V. Quindi
valgono le stesse precauzioni.
Superare gli Absolute Maximum Ratings in chip di alimentazione equivale
alla certezza di distruggerli (spesso con fumata e altri effetti speciali...).
Ne deriva che pretendere di ottenere 32V, come è capitato di leggere, non è
certo possibile in un funzionamento normale.
Rapporto tra la tensione in ingresso e quella in uscita.
I dati visti sopra NON sono mescolabili a piacere.
Ricordiamo che si tratta di uno step up e che la tensione di uscita DEVE essere
maggiore di quella di ingresso. Non è possibile altrimenti.
Ne risulta che con 12V di ingresso potrò ottenere 18V in uscita, ma non 5V!
Inoltre, il circuito non funziona al di sotto dei 2V, disponendo di un Under
Voltage Lockout fissato a circa 1.98V. quindi potrò usarlo con due elementi
NiMh (2.4V), ma non con uno solo. Se si deve partire da tensioni minori di 2V
esistono altri ic.
Inoltre si sorvola su un particolare che è, invece, evidenziato
in molte informative. Ad esempio, sempre da Icstation leggiamo
1.
This is a boost converter module, so the output voltage should be at least 2V
higher than the input voltage.
Ovvero, la tensione in uscita deve essere non solo maggiore di
quella in ingresso, ma esserlo di un paio di volt per la stabilita e il miglior
funzionamento del circuito. Quindi, ad esempio, con 2.4-3V di un pacco di
batterie potrò aspettarmi una uscita efficiente di 5V, ma non 3.6V.
In particolare, il modo in cui è realizzato il partitore
consente di collegare il cursore all'uscita. Questa condizione, come detto, fa
si che nell'ultima decina di kohm del trimmer, ci si trovi ad avere impostato
partitori il cui centro raggiunge gli 0.6V per tensioni inferiori ai 3V, ovvero
una zona dove la regolazione non ha più senso. Quindi è opportuno evitare di
trovarsi in questa condizione.
Corrente di uscita.
Questo è il valore più intrigante: chi approccia
questo tipo di circuiti per la prima volta è portato a credere che potrà
ottenere 2A per qualsiasi tensione di uscita.
Non è così.
Il valore di 2A è un valore teorico che è ottenibile solo in condizioni
limite. Nei test effettuati questa corrente non è mai stata raggiunta. La corrente tipicamente ottenibile sarà abbastanza minore e diminuirà
con l'aumentare del rapporto tra tensione di ingresso e tensione di uscita.
Ad esempio, se alimentiamo il circuito a 5V e vogliamo ottenere in uscita 12V,
se fosse possibile ottenere 2A in uscita avremmo una potenza di 24W, il che
richiederebbe almeno 5A in ingresso. Cosa peraltro non possibile dato che un altro
degli Absolute Maximum Ratings indica in 4A la massima corrente ammessa nello
switch, valore che, peraltro, pare molto ottimistico.
Rendimento.
Inoltre il circuito lavora entro i limiti della fisica, ovvero
non può rendere all'uscita una potenza maggiore di quella all'ingresso. Anzi,
dato che è una macchina reale, ha un certo rendimento che è minore di 1. Le
specifiche parlano del 93%, ma dai test risulta che questo viene raggiunto solo
in determinate condizioni, mentre all'aumento della corrente in uscita
corrisponde una netta diminuzione del rendimento.
Protezioni.
Il foglio dati indica che il chip dispone di protezione da sovra
temperatura, limitazione di corrente e protezione da sottotensione di
ingresso. Va da se che NON è minimamente ragionevole basare l'impiego sulla
cieca fiducia di queste protezioni. In chip così piccoli è facilissimo arrivare
a condizioni di riscaldamento del die, tali da danneggiarlo in tempi
ridottissimi.
Pensiamo solo alla limitazione di temperatura: essa scatta bloccando il chip per
temperature superiori ai 155°C. Il chip si raffredda e riprende a funzionare,
ma se la condizione anomala persiste, rientra in protezione e così si succedono
rapidamente start e stop con sovra riscaldamenti violenti, situazione in cui
basta poco a collassare il silicio. Dato che non sono previsti dissipatori per
SOT23, è opportuno evitare condizioni in cui il chip scalda in modo anomalo,
anche perchè, lo stampato non è disegnato per fungere da dissipatore, anche se
il lato opposto a quello dei componenti è tutto rame (ma ricoperto di vernice e
collegato a quello dei componenti con vias di diametro minimo).
E' opportuno evitare anche corto circuiti all'uscita, per le stesse ragioni,
oltre al fatto che questi eventi sono spesso accompagnati da sovratensioni
dovute all'interruzione anomala della corrente nei componenti induttivi del
circuito alimentato.
I test.
Innanzitutto, è necessario notare come in questi moduli (e, in
generale, in tutte le realizzazioni cinesi simili, è opportuno aggiungere
elettrolitici all'ingresso e all'uscita: i condensatori presenti sono quanto
indicato dall'application del foglio dati e sono il minimo per la stabilità.
Però, quando la richiesta di corrente è alta, non sono sufficienti. In
particolare in questo caso, dove, per correnti superiori a qualche centinaio di
milliampere, la necessità di un condensatore all'uscita è indispensabile. Se
si applica un certo carico, è opportuno anche aggiungere un elettrolitico all'ingresso se i cavetti tra
questo e l'alimentatore o batterie non sono brevissimi
Inoltre, trattandosi di uno switch mode è opportuno avere
sempre un carico, anche minimo, sull'uscita.
Per "l'avviamento" è stata applicata una tensione in ingresso di 3V e si è
regolato il trimmer per ottenere 5V in uscita.
Trattandosi di un alimentatore switch mode è indispensabile
affiancare un oscilloscopio al carico elettronico.
Non ci sono problemi per il funzionamento a vuoto, ma anche con un piccolo
carico appaiono impulsi dovuti alla commutazione:
|
|
Vin 5V Vout 9V nessun carico |
Vin 5V Vout 18V carico 10mA |
Ma se aumentiamo il carico, impressiona la traccia oscilloscopica del modulo,
alimentato con 5V in ingresso e settato per 12V in uscita, con un carico da 200mA:
oltre 300mV di impulsi di rumore della commutazione.
|
|
Vin 5V Vout 12V carico 200mA
nessun condensatore in uscita |
Vin 5V Vout 12V carico 200mA
560uF in parallelo all' uscita |
Con un grosso elettrolitico a basso ESR riduciamo ad 1/3 i
disturbi.
Quindi, la prima cosa da fare è aggiungere un elettrolitico, da
un minimo di 100uF, meglio se maggiore, nel tentativo di smorzare i picchi della commutazione.
Durante le prove è stato usato un 560uF e ne è stato aggiunto un'altro in
parallelo all'ingresso per compensare la lunghezza dei cavi dall'alimentatore al
modulo.
L'aggiunta di un
condensatore ceramico tra il cursore e l'uscita positiva, alla scopo di
migliorare la risposta ai transienti, Cff
dello schema iniziale, non ha portato a significativi miglioramenti del
ripple in uscita.
Poi, iniziamo alcune prove con il carico.
Se si osservano i fogli dati, il costruttore fornisce alcuni diagrammi:
e possiamo cominciare a verificare questi.
Vin 5V Vout 12V |
|
Vin 13V Vout 18V |
Iout |
Iin |
% |
Iout |
Iin |
% |
100 |
257 |
93 |
100 |
152 |
92 |
200 |
517 |
93 |
300 |
448 |
93 |
300 |
792 |
91 |
500 |
728 |
95 |
400 |
1074 |
89 |
700 |
1040 |
93 |
500 |
1367 |
87 |
900 |
1348 |
92 |
600 |
1675 |
86 |
1300 |
1960 |
92 |
700 |
1996 |
84 |
1500 |
2259 |
92 |
|
|
|
1700 |
2565 |
91 |
I dati dei diagrammi sono praticamente simili a quelli delle
prove, che risultano un poco più bassi.
Si nota che la bobina inizia a scaldare nettamente per una corrente superiore
a 1A, mentre con correnti superiori a 1.4A scalda in maniera preoccupante;
evidentemente è un componente piuttosto sottodimensionato.
Inoltre è fornito anche un altro diagramma:
e possiamo verificare anche questo:
Vout 18V Iout 200mA |
Vin |
Iin |
% |
3 |
1550 |
77 |
4 |
1158 |
78 |
6 |
650 |
92 |
8 |
480 |
94 |
10 |
380 |
95 |
11 |
344 |
95 |
12 |
315 |
95 |
14 |
269 |
95 |
15 |
250 |
96 |
Anche qui i dati sono sostanzialmente confermati, anche se per
correnti oltre l'ampere sono minori.
Sono state eseguite anche altre prove:
Vin 2V Vout 5V |
|
Vin 3.6V Vout 5V |
|
Vin 8.4V Vout 15V |
Iout |
Iin |
Iout |
Iin |
Iout |
Iin |
100 |
605 |
100 |
156 |
300 |
583 |
200 |
966 |
300 |
467 |
500 |
964 |
300 |
1426 |
500 |
799 |
800 |
1363 |
400 |
1761 |
600 |
1155 |
|
|
correnti superiori
non possibili |
800 |
1445 |
|
|
Se la corrente di ingresso si avvicina ai 2A, il circuito può diventare
instabile e rischiare la distruzione del chip.
In questa
fase è già possibile trarre conclusioni intermedie:
- l'efficienza del
convertitore aumenta con un aumento della tensione in ingresso (come si vede
dal diagramma precedente)
- l'efficienza
diminuisce all'aumentare della tensione di uscita (come si vede dai
diagrammi precedenti
- la massima efficienza
si ottiene con una corrente di uscita di 200-300 mA
Aspetti positivi:
- la tensione di uscita è veramente molto stabile fino a che il
modulo funziona in una area di sicurezza
La
tensione di uscita inizia a diminuire quando la corrente di ingresso si
avvicina ai 2A.
- è possibile ottenere correnti in uscita di una certa consistenza se
la differenza Vin-Vout è bassa
- inizia a funzionare a 2V. In effetti tutti quelli provati partono
anche a meno, 1.8V circa, ma non pare una condizione ottimale.
Aspetti negativi:
- come ci si poteva aspettare, i 2A in uscita non sono praticamente
ottenibili. In particolare il modulo funziona bene per correnti di
ingresso inferiori a 1.4A: oltre la bobina scalda in modo inaccettabile e anche
il chip scalda sensibilmente.
- il
convertitore è instabile quando c'è una piccola differenza tra le tensioni
di ingresso e di uscita
- il rendimento è maggiore quanto minore è la corrente in ingresso.
Per cui si hanno buoni valori per una ridotta differenza tra Vin e Vout e
per alti valori di Vin.
- Produce un rumore elettrico abbastanza sostenuto. Questo non crea
problemi a circuiti digitali, ma potrebbe non essere ben accettato da tutti
gli analogici.
- In particolare, occorre aggiungere un elettrolitico in parallelo
all'uscita, perchè senza di questo gli impulsi della commutazione
possono diventare ingenti.
Rumore e riscaldamento.
Per quanto riguarda il rumore, esso è evidenziato solo disponendo di un
oscilloscopio con una buona banda passante, dato che frequenza di base è
attorno al MHz.
Gli oscillogrammi sono ottenuti considerando solo la componente
AC. Se ci limitiamo ad analizzare la cosa solamente con un tester o con un
oscilloscopio con una banda passante limitata, i picchi della commutazione che
sono dell'ordine dei nanosecondi, possono sfuggire.
|
|
Con filtro limite di banda 20MHz |
Senza filtro limite di banda (200MHz) |
Vin 5V Vout 12V Iin 2A Iout 700mA |
Abbiamo impulsi dell'ordine dei nanosecondi, ma con ampiezze di oltre 2V: le oscillazioni smorzate fanno supporre un layout del PCB non ben progettato, oltre alla questione della
bobina.
L'aggiunta di un elettrolitico, anche ampio, all'uscita ha un effetto che è limitato
per due ragioni: l'ESR non minima e la lunghezza dei terminali, che con 1-1.2MHz
di frequenza di commutazione diventano inaccettabili.
In effetti una soluzione si è evidenziata osservando il layout: i condensatori si trovano
accanto all'integrato! Questo va bene per il C1, ma non per il C2, che deve
trovarsi all'uscita. Invece è collegato al D1 con una pista piuttosto
sottile e
piuttosto lunga , almeno per la frequenza in gioco.
Evidentemente il progettista non ha mai lavorato con circuiti switch mode e
sopratutto con quelli che operano a frequenze attorno al MHz e ha piazzato il C2
a lato dell' integrato con una insensata simmetria con C1.
Certamente, se
abbiamo a che fare con SMPS che lavorano attorno ai 100kHz, i problemi
topografici dello stampato sono ridotti e vengono tollerate anche disposizioni
non ideali, ma dove la commutazione supera il MHz, il tratto di stampato che
collega C2 e D1 appare come una induttanza in serie al condensatore che ne
neutralizza la funzione.
L'aggiunta di un elettrolitico sull'uscita migliora la situazione, ma siamo
ancora nel campo in cui l'ESR del condensatore e la lunghezza dei terminali ne
riducono l'efficacia, anche usando capacità elevate.
La soluzione è stata semplicemente e miracolosa: quella di saldare un condensatore SMD,
ceramico multistrato, direttamente sul pin di uscita; non importa tanto la
capacità: quelli usati per le prove spaziano tra 10 e 22uF; importa la bassa
ESR ed il posizionamento.
Per operare la modifica, basta raschiare un poco il solder resist blu sul
piano di massa e formare una piazzola dove saldare il condensatore (nella foto
sotto
si tratta di un 10uF-50V). Con questa semplice operazione abbiamo un crollo
deciso degli impulsi di disturbo.
Da osservare che non è tanto il valore della capacità a contare, anche se una
capacità maggiore ha leggeri effetti migliorativi, quanto la bassa ESR e la
posizione.
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Vin 12V Vout 18V Iout 100mA |
Vin 12V Vout 18V Iout 400mA |
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Vin 12V Vout 18V Iout 1A |
Vin 12V Vout 18V Iout 1.4A |
Osserviamo che a basse correnti gli impulsi di disturbo sono trascurabili e anche
con una corrente di uscita di 1.4A le oscillazioni sono attorno ai 100mV.
Per correnti in uscita superiori all'ampere è opportuno aggiungere anche un
elettrolitico.
Peraltro, osservando i condensatori SMD disponibili in laboratorio, è parso
che le dimensioni di quelli sul modulo fossero un poco piccole. Certamente
quello aggiunto in foto è piuttosto spesso perchè ha 50V di isolamento, ma un
22uF-25V è comunque di dimensioni analoghe.
E' venuta così la curiosità di verificare il C1 e C2 originali: sono
risultati nel migliore dei casi qualcosa meno di 15uF e nel peggiore dei casi
minori di 10uF. Purtroppo non è possibile individuare la tensione di lavoro
se non con una prova distruttiva, ma con una uscita che può arrivare a 28V
dovrebbero essere almeno dei 35V e non sembra che le dimensioni siano conformi.
Qui si tratta di una voluta "tendenza al risparmio da parte del
costruttore", perchè siamo ben lontani dai 28uF indicati dal produttore
del chip come minimo per l'application base. La bassa capacità non fa che
accrescere il problema del cattivo posizionamento.
Per quanto riguarda l'induttanza, abbiamo indagato anche in questa
direzione, dato che se il chip dichiara 4A di corrente massima allo switch, c'è
qualcosa che non va se la bobina riscalda paurosamente con meno della metà.
Sui moduli commercializzati se ne trovano installate di
diversi modelli; basta fare una breve ricerca sul WEB per provare foto di diversi tipi.
Da notare che nella versione con presa USB mini, dedicati quindi al
collegamento con un PC, le bobine sono di dimensioni minori di quelle installate
nelle versioni provate; la cosa è comprensibile, dato che la corrente
ottenibile da un USB è al massimo un qualche centinaio di milliampere.
Per contro, in queste versioni (non provate) è probabile che il rumore sia minore dato che il C2 è collegato sull'uscita e non vicino all'integrato.
Nei moduli provati, le bobine somigliavano, sia per dimensioni che per aspetto dei
contatti di saldatura,
alla serie CDRH104R di
Sumida , in cui la 22uH dichiara 69 (94)mohm, ma
solo 2.9 (2.5)A. Confrontando la bobina con altre di Wurth e Coiltronic, a pari
dimensioni si hanno correnti analoghe.
Questo spiega perchè le bobine originali scaldano in maniera impressionante se
la corrente di alimentazione è attorno ai 2A. Per correnti superiori a quella di
targa, che, tra l'altro è indicata per 20°C, l'induttore è in saturazione e
degrada i suoi parametri. E' sottodimensionata, almeno se ci si
aspettano le caratteristiche dichiarate dai venditori.
Avendo a disposizione alcuni kit di bobine Colitronic, è stata provata
una da 22uH.
Essendo di dimensioni un poco maggiori dell'originale, è stata montata come in
foto, anche per la possibilità di provarne rapidamente altre.
I risultati sono che, a correnti inferiori all'ampere, non ci sono grosse
differenze, se non un miglioramento del rendimento, ma con correnti di
ingresso anche di 2A la bobina scalda pochissimo, mentre il rendimento migliora
di almeno un paio di punti e, sopratutto, non si notano le situazioni di instabilità
verificate con la bobina originale e forti carichi.
In ogni caso, il chip si riscalda in modo evidente per correnti di questa
intensità, indice che siamo al di fuori di un funzionamento sicuro.
E a correnti di uscita oltre gli 1.3A comincia a scaldare anche il diodo D3.
Per curiosità, durante i test è stato danneggiato un solo circuito, proprio
forzando con una corrente di ingresso oltre i 2A; il chip è andato in
cortocircuito completo (ma senza fumo...).
Modifche?
L'idea di modificare il modulo per migliorarlo può essere
attraente, ma si scontra con la difficoltà di operare su un circuito SMD così
compatto. Inoltre, ne vale la pena? Si pone rimedio ad alcuni errori
progettuali e realizzativi, ma comportano una spesa che può essere dell'ordine del costo del modulo stesso e rende
quindi più conveniente acquistarne uno diverso.
Vediamo, comunque, alcune possibilità ragionevoli.
Una prima azione che si potrebbe pensare è quella di modificare
il sistema del partitore.
A prima vista si può plaudire all'uso di un mutigiri, ma, a parte la qualità
non eccelsa dei cloni cinesi di Bourns, si verifica un problema di regolazione.
Una nota: questi trimmer sono indicati in modo generico come "multigiri",
ma senza specificare quanti giri, dato non secondario. In effetti si tratta di
circa 28 giri.
In pratica, la maggior parte di questa corsa di regolazione è inutile! Vediamo
subito perchè.
Se il cursore è ruotato tutto verso R2, abbiamo visto che la
Vfb=06V si ottiene quando l'uscita supera i 27V circa.
Se ruotiamo il cursore allontanandolo da R2, il punto centrale del partitore,
che è appunto il cursore, inserisce una parte di R1 in serie a R2.
Supponiamo di avere ruotato il cursore a metà corsa: R1 sarà ora 50k e
R2
sarà 2k2+50k. La tensione a cui puntiamo sarà data dalla formula [1]:
Vout = Vref (1+R1/R2) = 0.6 (1 + 50/52.2) = 1.17V
Il che è ovviamente impossibile, dato che si tratta di uno step
up con tensione minima di ingresso di 2V.
Proviamo a puntare una tensione di 3V, ancora possibile, anche se al limite
minimo.
R1/R2 = Vout/Vref - 1 = 3/0.6 -1 = 4
Questo si ottiene quando il cursore è a circa 1/5 della corsa,
facendo si che R1 sia circa 82k e la parte in serie a R2 sia 18k:
Vout = Vref (1+R1/R2) = 0.6 (1 + 82/20.2) = 3.03V
Questo vuol dire che solo 1/5 della resistenza del trimmer è
sfruttabile!!!
Supponendo di tratti di un 28 giri, solamente i primi 5-6 renderanno valori di tensione possibili in uscita, mentre gli altri
saranno
inutili, determinando una area di rischio per la Vfb, essendo l'oscillatore bloccato.
Quindi, la scelta di un multigiri, sempre gradito per la (supposta) precisione
di taratura, in questo caso non combina per niente con le esigenze del circuito.
Si può operare in due modi: se la tensione di uscita
voluta è fissa, basterà calcolare il valore di R1 e sostituire il trimmer con
un resistore SMD. Il trimmer può essere rimosso agendo con delicatezza con un
dissaldatore (anche se le piste sono su un solo lato, i fori sono metallizzati e
la dissaldatura richiede una certa attenzione per non danneggiare lo stampato).
Da osservare che il circuito stampato può anche essere diverso
da quello in foto: sul WEB ne abbiamo viste almeno quattro versioni, tra cui
alcune con piazzole per sostituire il trimmer con resistori fissi.
Esistono anche versioni dove è implementata la modifica descritta più avanti,
ovvero il collegamento tra cursore e centro del partitore.
Se si vuole mantenere la variabilità, occorrerà sostituire il
trimmer con uno da 20k a cui aggiungere in serie una R3 da 80k. Indichiamo
questi valori perchè, anche se non sono perfetti, sono quelli standard
facilmente recuperabili.
La R2 può essere lasciata come sta.
|
I valori potranno essere leggermente modificati per adattarsi a quelli
standard disponibili (ad es. 80k ha come "vicini" 79.6k e
80.6k).
Se il cursore è ruotato tutto verso la R2, si avrà una tensione di
uscita di di 27.8V circa, dato che R1 è costituita da R3+il trimmer,
ovvero 80+20=100k.
Se il cursore è ruotato tutto dalla parte opposta, R1 della formula
sarà R3, ovvero 80k, mentre R2 sarà la somma del trimmer + R2, ovvero
22.2k. La Vout sarà 2.76V.
In questo modo, tutta la corsa utile del trimmer sarà utilizzata.
Se non si hanno multigiri nel cassetto e non si vuole spendere una cifra
maggiore di quella del modulo per acquistarne uno, si potrà benissimo
usare un tipo ad un giro, basta che sia di buona qualità. |
La regolazione della tensione di uscita si effettua comunque con
sufficiente precisione.
La modifica, però, data la configurazione dello stampato, è difficoltosa ed è da considerare solo un esercizio di teoria.
Una via praticabile con semplicità, invece, è quella di collegare il pin cursore
con quello verso R2.
Questo si ottiene semplicemente con un ponticello di saldatura.
In queste condizioni abbiamo la situazione già vista quando il cursore è
ruotato tutto verso R2. R1 è 100k e R2 è 2k2.
Spostandolo verso la tensione di uscita, si viene a cortocircuitare la parte
della pista resistiva tra i pin 1 e 2. In sostanza, si riduce il valore di R1.
Quando il cursore è ruotato per 3/4 della corsa, abbiamo R1=25K e R2=2k2, che
rende una uscita di 7.4V. La corsa del trimmer diventa utile fino a che rimane
non cortocircuitata una resistenza tra i pin 2 e 3 di 8k circa; in tal caso la
tensione in uscita sarà 2.78V.
Non si evita, anche se si attenua, il tratto di corsa in cui si ha il rischio
descritto prima (sovratensione sul pin FB a convertitore spento), ma si è resa sfruttabile l'intera corsa del
trimmer.
Per quanto riguarda il rumore in uscita, l'aggiunta di un condensatore SMD
ceramico multistrato (10-22uF) come indicato sopra ha sanato decisamente la
situazione per carichi anche oltre l'ampere.
La sostituzione della bobina è abbastanza impraticabile, sia
per il costo che per le difficoltà di saldatura, essendo in generale di
dimensione maggiori dell'originale.
Una nota sul pin di
enable EN.
Se è chiaro quanto detto finora, sarà anche chiara la funzione
del pin di enable e del perchè è collegato in modo da avere sempre il
convertitore acceso.
Per MT3608 questo pin va collegato a Vin per abilitare il
convertitore, mentre un livello basso lo disabilita.
Se non si presta attenzione, si può supporre che, con il pin EN a massa,
l'uscita sia azzerata.
Sfortunatamente non è così: quando il controller è spento, l'uscita è
collegata all'ingresso attraverso D1-L1. Di conseguenza sul carico ci sarà
presente la tensione Vin meno la caduta di tensione introdotta dai due
componenti. L'utilità di EN è limitata ai casi in cui occorra accendere e
spegnere il convertitore, ma il permanere di una tensione sul carico sia
ammessa. E' possibile che En possa essere collegato ad un PWM per variare la
tensione sul carico quando si usa il converter per alimentare un LED in
corrente.
Se si vuole sospendere la tensione di uscita occorre
interrompere fisicamente l'arrivo della tensione in in ingresso.
Conclusioni.
Si tratta di un modulo che ha un prezzo notevolmente basso, che dichiara
prestazioni altrettanto notevoli e che, quindi, è stato acquistato da molti
(anche perchè, ricordiamo, citato assieme al magico nome "arduino"
con cui non ha niente a che fare...).
Si tratta, però, di un esempio di cattiva progettazione, cattiva
realizzazione e di vendita
"allegra":
- il sistema di regolazione della tensione, come descritto sopra, è
sballato (oltre che causa dei mosti guasti iniziali, come abbiamo descritto). Inserire un
trimmer da 20 giri di cui solo 4 o meno sono utilizzabili è una
sciocchezza, anche perchè con minime modifiche si poteva fare di meglio:
bastava un ponticello se si voleva risparmiare una resistenza.
Occorre modificare il circuito come descritto prima o attenersi alle
semplici direttive descritte.
Solo dopo una pesante moria di moduli e a seguito di report negativi e
critiche costruttive, sono apparse, non certo ovunque e
spesso confuse, indicazioni su come avviare il modulo senza
arrostirlo alla prima accensione.
- i dati di targa sono falsi: rendimento al 93% sono ottenibili solo
in condizioni particolari e i 2A sono una chimera che non c'è stato verso di
ottenere se non a rischio del chip
- i test hanno evidenziato
una componente di disturbi impulsivi piuttosto elevata: la necessità di aggiungere
condensatori non è specificata in
alcun documento, ma è risultata indispensabile.
- bobina e condensatori sono sottodimensionati rispetto alle
caratteristiche annunciate.
Inoltre, ci pare che non tutti i moduli siano della stessa qualità, anche se
apparentemente simili: sono capitati moduli di diretta provenienza cinese che hanno
presentato i maggiori problemi e nei quali si è verificato il guasto sopra descritto.
Le differenze più evidenti sono nella bobina, che
abbiamo visto essere male dimensionata, e nel valore dei condensatori che è 1/3 di
quello che dovrebbe essere.
Nonostante i punti negativi sopra citati, è da considerare comunque un
acquisto non sbagliato, ovviamente se si intende usarlo senza aspettarsi
miracoli all'interno dei suoi limiti.
Sarà, però, obbligo:
- aggiungere il condensatore in uscita
- occorrerà considerare che la sua area di impiego di sicurezza è
all'interno 1.2A in ingresso.
- bisognerà tenere presente le precauzioni indicate all'inizio per il primo
avvio del modulo
In questi termini, si tratta di un modulo economico che è pronto per essere pescato dal
cassetto per applicarlo dove serve una tensione maggiore di quella della
batteria.
Se si desiderano oggetti che non necessitano di modifiche o con
prestazioni maggiori, è meglio rivolgersi ad altri prodotti.
Una applicazione molto ragionevole, per contro, è quella di pilotare LED a corrente
costante, cosa possibile con un minimo di modifiche.
Folklore e altre
informazioni.
In fine, una nota "umoristica": non si può trascurare come da forum e commenti, su questi moduli ne
escano di tutti i
colori.
Una prima cosa che si evidenzia dai filmati è che i moduli sono
"collaudati" SENZA collegare un carico.
Si tratta di circuiti switching che, in genere, richiedono una corrente minima
per la stabilità. Nel caso del nostro modulo, l'unico carico è il partitore,
che assorbe corrente dell'ordine dei uA al massimo.
Per provare il funzionamento, collegate almeno una resistenza con un LED!
Inoltre, in quasi tutti i casi si usano pinzette instabili per connettersi ai pad dello stampato e si
da tensione, aspettandosi di leggere qualcosa sul multimetro collegato
all'uscita. Se poi non si ottiene quello che ci si aspettava, si smanetta il
trimmer e se esce fumo ci si arrovella senza utilità attorno al problema.
Non è certo un modo sensato di procedere: anche se si giustifica con l'infimo
costo della parte andata in fumo, è da considerare che se si applicherà la stessa
modalità a qualsiasi altro oggetto, anche dove il costo diventa ben sensibile,
i risultati non saranno piacevoli, ma non è proprio il caso di accusare il
produttore.
In questo ordine di idee, un "esperto da forum" da' un buon
consiglio:
"Mettere un condensatore sull'uscita (almeno 10μF, rispettando la polarità, se presente). Brucia perché la corrente sollevata nell'induttore non ha un percorso verso terra quando l'IC apre il suo interruttore, quindi attraversa l'IC e lo
scioglie." Vero che ci vuole un carico, ma non
certo un condensatore (anche rispettando la polarità, se presente...).
La presenza del condensatore è utile, ma per altre ragioni.
E ancora:
"Fake module I think, very small IC in it." Lui
"pensa" che, poichè il
chip è piccolo, il modulo è una sòla... Non ci sono parole!
In altri casi, ci si aspetta di poter ottenere 500mA a 12V con
un ingresso di 5V da una presa USB..
12V @ 500mA richiedono oltre 1A dalla porta USB. Neanche USB3.0 può erogare
questa corrente e ben pochi computer possono fornire più di 250/500mA su un
port USB...
Il massimo l'abbiamo quando intervengono i veri "esperti":
"Credo che il problema sia l'accensione di questo modulo con un alimentatore switching. Poiché il modulo stesso è in modalità switch. Lavoro nel settore dell'automazione industriale da oltre 20 anni e abbiamo sempre problemi con la modalità di commutazione PS connessi in parallelo o alimentati a vicenda (collegati in serie)"
Come ha fatto il "tecnico" a "lavorare" per 20 anni (e,
sopratutto, cosa abbia combinato) con
queste convinzioni è difficilmente comprensibile.
Peraltro, il problema di alimentare circuiti switching con alimentatori da
banco generici (sia switch mode che lineari...) può essere un reale problema quando i picchi della corrente
assorbita dal carico sono dell'ordine della massima corrente erogabile
dall'alimentatore. Un modo semplice per evitare il problema lo trovate descritto
qui.
Abbiamo trovato anche citazioni del genere "Aerosemi?! e chi li ha mai
sentiti...", come se l'ignoranza fosse un obbligo. Aerosemi non è
particolarmente nota in Europa perchè lavora principalmente per il settore
aereo e spaziale, anche militare, e non ha probabilmente particolare interesse
per ora a
farsi pubblicità sul consumer.
Peraltro, ci sono
discussioni sulle sigle serigrafate sui package. Dovrebbe essere noto che quanto
il costruttore indica sul SOT23 NON è la sigla commerciale del componente, ma
una indicazione di riferimento.
MT3806 è sigla di Aerosemi, ma, come per tutta l'elettronica cinese, prodotti
analoghi sono disponibili da numerose altre factories che, legalmente o meno,
clonano il componente. Alcune sigle:
AX5523
di Axelite
SX1308
di Shenzhen
Suosemi con foglio dati identico a quello di Aerosemi
FP6291 di Feeeling
Technology che presenta la possibilità di limitare la corrente con un resistore applicato al pin 6
SDB628 di Shouding
con foglio dati identico a quello di Aerosemi
EC9208 di Ecmos
BL8042 di Shanghai Beiling
e probabilmente anche altri più difficili da individuare.
E va tenuto presente che da brand "occidentali" ci sono componenti
analoghi:
TPS6104x
di Texas Instruments
LTC3426
, LT1935
di Linear Tech. (ora Analog devices)
MIC2288
di Micrel (ora Microchip)
Così, sui chip troviamo marcature come:
S35BAA,
B6285U, B6285Y, SDxxx, ecc.Questo non vuol dire che, se le sigle sui chip sono diverse da un supposto
"standard", si tratti automaticamente di fake. Vuol dire solo che esiste una
pluralità di costruttori di prodotti analoghi, se non del tutto simili, ognuno
dei quali marca il chip in modo diverso (oltre al fatto che spesso le sigle
possono contenere anche informazioni su lotti e date di produzione e quindi sono
parzialmente variabili anche per uno stesso costruttore; ad esempio Beiling
indica il componente con una sigla SDYWI dove YW è la data di produzione, il
che, come è ovvio, produrrà sigle diverse ad ogni lotto produttivo).
Tutto questo non vuol neppure dire che si tratti sempre di componenti
regolari: la tendenza a produrre falsi non funzionanti o malamente funzionanti
è sempre in auge nell'area orientale, più di quello che i benpensanti
sospettino.
Sono esempio di questo i trimmer che, ad un esame distratto si potrebbero
prendere per prodotti di Bourns,
mentre invece sono imitazioni marcate Bonens, Bochen, Burans,
Baores, sigle a fantasia, ma ricalcanti grossolanamente, anche nella
forma dei caratteri incisi sul componente, i prodotti di Bourns. Il costo di
questi cloni è infimo, meno di 50 cent per un "simil 3296", ma anche
la qualità non è certo quella dell'originale (che costa più di 2 euro), sia
come stabilità che come precisione di posizionamento, comunque in linea con il
basso costo generale dei modulo. Si sono visti anche marcati Barons, Boater, Baoshi, Benteng, Suntan, Trimmer ed
altro, per cui, a partire da un prodotto decente, è ben possibile che esistano cloni dei cloni dei cloni con una
qualità via via tendente alla spazzatura.
Per concludere la rassegna, va detto che anche le indicazioni dei venditori
non sono sempre "perfette". Ad esempio Chenbo MT3608 dichiara:
2. The peak current output current is no more than TV university.
aprendo la questione di quale sia la corrente massima di una "TV
university"; per quanto i traduttori online, usati dai venditori orientali
per inglesizzare le informazioni sui prodotti, probabilmente non siano il massimo, per lo meno
si resta a pensare a quali potevano essere le parole originali del testo
cinese...
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