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LED a corrente costante con FET


Capita sovente la necessità di avere una indicazione luminosa e quindi scegliere un LED come sorgente, sia per le dimensioni ridotte e l' alta visibilità, sia per la possibilità di avere diversi colori, sia per il basso consumo.

Basso consumo, però, collegato ad una bassa tensione di alimentazione, in quanto le soglie di conduzione dei LED (Vf) vanno da 1.6 V per i LED rossi a 3-5 V per quelli bianchi o blu.

Occorre quindi inserire in serie al LED una resistenza in serie Rs per produrre la caduta di tensione cdt necessaria a ridurre la tensione di alimentazione al livello della soglia di conduzione del LED. 

La resistenza è calcolata con la relazione:

Rs = cdt /  Iled = (Vcc - Vf) / Iled

Dove Vf è la tensione di conduzione del LED, Iled la sua corrente tipica e Vcc  la tensione di alimentazione del circuito.

Questa soluzione va bene nel caso in cui si abbia a che fare con una tensione di alimentazione costante; se la tensione scende sotto il livello previsto, scende anche la corrente che circola nel LED, riducendone la luminosità. E, se la tensione sale, sale anche la corrente, con il rischio di danneggiare il LED.
L' ideale, dunque, nell' alimentare un LED non è una tensione costante, ma una corrente costante; dunque, meglio di una resistenza è l' inserzione in serie di un generatore di corrente costante.

Si definisce generatore ideale di corrente un elemento che fornisce ai morsetti una corrente sempre identica, indipendentemente dalla variazione della tensione applicata o del carico.

Esistono molteplici soluzioni circuitali per ottenere questa caratteristica in modo più o meno aderente alla definizione ideale.

Ovviamente, se il LED fa parte di un sistema ottico specializzato, occorrerà un generatore di corrente che tenga presente le variazioni di temperatura, il decadimento dell' emissione luminosa, ecc.,come ad esempio nel caso di LASER oppure siano richieste elevate potenze, come nei sistemi per illuminazione. 

Ma se il il nostro LED svolge semplicemente le funzioni di "lampadina spia", anche il suo sistema di corrente costante dovrà essere proporzionato sia come spesa che come complicazione circuitale.

Applicazioni tipiche sono:

  • LED di segnalazione in sistemi alimentati a tensioni variabili (anche a batteria, dove la tensione tra piena carica e scarica completa può essere di diversi volt)
  • carichi LED per uscite di microcontroller che possono essere alimentati tra 2.7 e 5 V, mantenendo costante la corrente assorbita
  • controllo della corrente in optoisolatori (ad esempio  di ingresso di relè a stato solido), dove è utile la possibilità di alimentarli con un ampio range di tensioni, con una corrente costante.
  • LED indicatori in sonde logiche funzionanti in una gamma di tensione ampia (ad es. 3-15V)

e ovunque si deve alimentare il LED con una tensione la cui variazione sia tale da modificare decisamente la corrente, se limitata da una semplice resistenza.

Dei vari circuiti possibili per un semplice generatore di corrente costante, il sistema più pratico è quello di utilizzare un bipolo, ovvero un  sistema dotato di due soli terminali, da inserire in serie al LED.

Questa è la soluzione ideale, in quanto permette di considerare il LED e il generatore di corrente come un unico elemento, trattabile semplicemente come un "LED a corrente costante", a due terminali (anodo e catodo, + e -), senza la necessità di altri riferimenti (ad es. la massa e/o il positivo di alimentazione).
In particolare, una simile connessione può andare a sostituire un LED in qualunque apparecchiatura, senza particolari complicazioni, con il beneficio di una costanza della corrente, che influisce non solo sulla luminosità, ma anche sulla durata. 

Il modo più semplice per realizzare questo  è l'utilizzo un unico componente, ovvero un diodo a corrente costante. Si tratta di dispositivi costruiti da diversi produttori, in una gamma che va da uA a mA. 

Ad esempio, a lato il pinout della serie CR200 di Siliconix-Vishay, in contenitore metallico. Si possono citare anche la serie 

Il problema è che questi componenti sembrano essere una tecnologia morta. E' un peccato perchè in molte occasioni sarebbero una soluzione perfetta, ma  il fatto che non siano facilmente reperibili e, principalmente, abbiano prezzi assurdi, forza all'uso di qualche soluzione che, a prima vista, parrebbe più complicata.

In sostanza, però, se si indaga come questi diodi sono realizzati, si ottiene una indicazione di principio del fatto che essi sono basati essenzialmente su un transistor FET nel collegamento a diodo con il gate consesso al source.

In queste condizioni il FET si comporta come un generatore di corrente costante il cui valore dipende dai parametri costruttivi del transistor.

Questa semplice configurazione può essere realizzata con qualsiasi FET per uso generale. 

Attenzione: JFET e non MOSFET.

Lo schema è semplicissimo:

Il LED "a corrente costante" è costituito dal LED vero e proprio con in serie il generatore di corrente costante, costituito da un transistor JFET a canale N.

Gate e Source sono connessi assieme e il semiconduttore opera con Vgs = 0, il che lo trasforma in un diodo a corrente costante, il cui valore dipende dai parametri costruttivi del FET stesso.

Possiamo minimizzare dicendo che il FET si comporta come una resistenza variabile, regolando il suo valore in modo tale che la corrente che attraversa l' asse source-drain sia quanto possibile costante, in funzione delle caratteristiche del silicio e del processo con cui il costruttore ha realizzato il transistor.

Non discutiamo qui dei principi dell' applicazione: chi è interessato ad approfondirli può consultare uno dei numerosi testi presenti sul web e di cui sono riportati alcuni link a fondo pagina. 

Modello Corrente
[mA]
Modello Corrente
[mA]

 

 
BF245A 2 - 6.5       
BF245B 6 -15      
BF245C 12 - 25      
BF256A 3 - 7      
BF256B 6 - 13      
BF256C 11 - 18      
         




Va compreso che quello che importa in un circuito del genere, così semplificato sono in primo luogo le  seguenti considerazioni:

  • occorre accendere il LED in modo tale da soddisfare le esigenze di chi fa uso della sua indicazione
  • in questo senso, la corrente nel LED per ottenere la luminosità voluta è un elemento chiave

Inoltre:

  • ogni LED, a seconda di modello e colore, richiede una tensione minima per l' accensione
  • questo significa che il circuito non funzionerà a tensioni inferiori a quella soglia, valore a cui andrà aggiunta la caduta di tensione sul semiconduttore

e, per finire:

  • la corrente che attraversa il LED attraversa anche il FET, sul quale si determina una caduta di tensione pari alla differenza tra l' alimentazione e la tensione tipica del LED.
  • questa caduta di tensione, moltiplicata per la corrente, determina una potenza che viene dissipata in calore sul semiconduttore, il quale deve essere in grado di fare questo

Per cui vanno escluse condizioni in cui:

  1. il prodotto cdt x Iled superi le possibilità di dissipazione del FET
  2. la corrente richiesta superi le possibilità del FET o il limite del punto 1
  3. la tensione massima applicata superi le possibilità del FET o il limite del punto 1
  4. la tensione minima applicabile sia tale da impedire l' accensione di quel determinato LED

Ovvero, questo circuito NON è adatto per comandare LED da 1W o più direttamente dalla rete!
Quello che vogliamo ottenere qui non riguarda impianti di illuminazione o con corrente superiore alla ventina di milliampere, per tensioni limitate dai punti 1 e 3.
Vedremo di chiarire quanto possibile questi elementi durante il resto della spiegazione.


Scegliere i componenti.

I parametri da considerare sono:

  • la corrente del LED
  • la tensione di conduzione del LED
  • la tensione massima di alimentazione
  • la potenza da dissipare

Non ha nessuna importanza la frequenza massima di lavoro del FET e, anzi, sarà molto più adeguato per questo impiego un "general purpose" piuttosto che un elemento per strumentazione o RF.
Inoltre va ricordato che stiamo parlando di FET e non di MOSFET, che non possono funzionare in questa configurazione.

per quanto riguarda al tensione minima a cui il circuito può funzionare, diamo indicazioni più avanti nelle Considerazioni di progetto.

Il primo elemento è dato dalle caratteristiche specifiche di quel determinato FET. Ad esempio:

FET

Idss 
[mA]

Vdg
[V]

Pd
[mW]

BF245A 2-6.5 30 350
BF245B 6-15
BF245C 12-25
BF256A 3-7  30 350
BF256B 6-13 
BF256C 11-18
BF545A 2-6.5 30 250
SMD
BF545B 5-15
BF545C 12-25
MPF102 2-20 25 350
2N3819 2-20 25
2N4392 25-75 40 1800
2N4393 5 - 30 40 300
PMBF4391 50-150 40 250
PMBF4392 25-75
PMBF4393 5-30
2N5484 8-20 25 350
2N5486 1-5
2N5457 1-5 25 625
2N5458 2-9
2N5459 4-16
NTE312 5-15 30 300
NTE326 2-9 40
J113 0.1 - 2 35 350
J112 02 - 10 35 350
2SK170 2.6 - 20 40 400

Si nota come la corrente Idss :

  • abbia uno spettro abbastanza ampio per uno stesso dispositivo
  • e come si differenzia in modo sensibile tra i vari modelli

Quindi il FET, con collegamento comune tra source e gate (Vgs= 0), è un generatore di corrente costante, ma non "di precisione".
O meglio, la corrente generata è precisa e stabile (anche se va considerata una deriva dovuta alla temperatura e alla tensione applicata) per un determinato componente e questo parametro va verificato sperimentalmente in quanto rientra in una certa gamma.
Nella nostra applicazione, però, è del tutto ininfluente una variazione anche ampia della corrente in quanto è sufficiente rimanere nei limiti di quella accettata dal LED; una variazione della corrente, una volta che il LED sia acceso, si riflette in una variazione della luminosità, ma questo può essere ignorato in quanto è probabile che la variazione luminosa sia accettabile, se non  impercettibile.
La variazione della luminosità del LED è proporzionale alla corrente, ma la percezione dell' occhio non è proporzionale all' intensità, per cui è possibile che un LED alimentato a 10 o 20 mA non dia l'impressione di luminosità raddoppiata. Questo è ancora più vero per LED a bassa efficienza o LED a bassa corrente (1-5mA). 

Piuttosto va notato come, per alcuni modelli, ci sia una grande dispersione nel parametro ; certamente elementi facenti parte di uno stesso lotto di produzione avranno caratteristiche molto simili se non del tutto uguali, ma è evidente che sarà meglio puntare su modelli in cui il range è più ristretto. Solitamente i produttori europei (componenti con sigla BF) caratterizzano i vari sotto-modelli con lettere dell' alfabeto per cui tutti i BF245B, ad esempio, avranno 6 < Idss < 15 mA
I costruttori USA (2N) hanno sigle diverse di un numero tra di loro, mentre i giapponesi (2SK) utilizzano dei punti di colore o delle lettere di suffisso.
Da prove effettuate su vari campioni si sono ottenuti risultati molto più costanti di quanto si potesse supporre, con la grosso modo centrata nel range previsto:

FET

Idss media
[mA]

Impiego
BF245A 4.7 LED a bassa corrente (2-5mA)
BF245B 10 LED comuni (10 mA)
BF245C 15 LED luminosi (10-20 mA)
BF256A 5 LED a bassa corrente (2-5mA)
BF256B LED comuni (10 mA)
BF256C 14 LED luminosi (10-20 mA)
2N5457 3 LED a bassa corrente (2-5mA)
2N5458 6 LED comuni (10 mA)
2N5459 12 LED luminosi (10-20 mA)

Quindi, in generale, questi sono i  modelli da scegliere e, tra l'altro, si tratta di componenti di facile reperibilità e costo limitato. La scelta di un modello piuttosto che di un altro dipenderà essenzialmente dalla corrente che si vuole far circolare nel LED.

Nulla vieta di provare i FET che si trovano in laboratorio nella scatola "delle meraviglie" in attesa di trovare un impiego. Per valutarli, basterà connettere gate e source assieme e, con un milliamperometro in serie, collegare il tutto ad un alimentatore da banco e verificare il valore della corrente.

E' importante considerare che occorre rispettare le polarità di collegamento, in quanto, invertendo positivo e negativo, il risultato più probabile è la "frittura" del transistor. Una protezione contro l' inversione è costituita semplicemente dall' inserzione di un diodo in serie. 
Un particolare che può tornare utile è dato dal fatto che, con il diodo in serie, si potrà alimentare il circuito anche in alternata; il LED si accenderà solo nelle semionde durante le quali il diodo in serie conduce. 

Basta un comune 1N4148 o, in eccesso, un 1N4001 o altro diodo general purpose, basta che sopporti la corrente che si vuole fare attraversare alla serie.

Va tenuto presente che, alla caduta di tensione prodotta dal FET e dal LED si va a sommare quella del diodo, aumentando di 0.7V circa la tensione minima a cui potrà funzionare il nostro LED a corrente costante.

Il circuito dello schema qui sopra è stato provato con un BF245B e un LED generico di buona qualità.
La corrente è risultata compresa tra i 6 e gli 8 mA in un range di tensione tra 4 e 24V (con tensioni maggiori il transistor inizia a scaldare). Anche alimentando il circuito in alternata, tra 5 e 18Vca, il risultato è stato positivo. Nell' uso in ca tenere presente che la tensione efficace è 1.414 minore di quella di picco.

Va da se che una applicazione così semplice è adeguata per LED in funzione di segnalatori, con correnti di alimentazione non superiori a 10 mA, ma non si adatta certo per elementi di illuminazione da molte decine o centinaia di milliampere, principalmente perchè i piccoli FET in package TO-92 o simili hanno limiti di corrente e potenza dissipabile piuttosto bassi. Esistono FET in grado di trattare correnti elevate, ma il loro costo è altrettanto elevato, per cui, per correnti maggiori sarà necessario ricorrere ad altre soluzioni. Ma torneremo più avanti sull' argomento.


Considerazioni di progetto

Nella pratica vanno fatte due considerazioni fondamentali.

La prima riguarda la tensione massima di alimentazione del circuito. 

  • Se la tensione è fissa, non ha senso inserire il FET al posto di una resistenza (il cui calcolo basta la legge di Ohm e comunque dispone di sufficiente supporto in rete, come questo LED calculator).
      
  • Se la tensione varia, è obbligatorio considerare gli estremi di questa variazione.
    Le ragioni sono semplici: i piccoli FET hanno una tensione massima applicabile che varia tra 25 e 50V a seconda del modello, ma che, mediamente, è di 25-30V. Sarà quindi necessario rimanere sufficientemente distanti da questo limite onde evitare la distruzione del tutto. Così 2N4932 potrà teoricamente essere utilizzato su alimentazioni a 30V, ma non lo potrà  il 2N3819.

Problema opposto per la tensione minima di alimentazione.
Qui le cose hanno limiti naturali dovuti al fatto che esiste una tensione di soglia Vf al di sotto della quale un LED semplicemente non va in conduzione e quindi "non si accende".

Colore  Vf  [V]
infrarosso >1.3
rosso >1.6
giallo >1.8
verde >2.0
bianco-blu >3.0
blu >3.5
uv >4

Ne deriva, evidentemente, che, al di sotto di una certa tensione, un LED potrà non accendersi, in funzione del suo colore. Ad esempio, un LED rosso si accenderà a 1.8V, ma uno verde no e tanto meno uno blu. Quindi, se la tensione di alimentazione minima scende al di sotto di un certo livello, non è possibile utilizzare un LED di un determinato colore; anche perchè il FET introduce una sia pur limitata caduta di tensione, che riduce ulteriormente la tensione disponibile.
Comunque, segnalatori a LED su pannelli utilizzano tipicamente il colore rosso o il verde; con il rosso è possibile avere regolazione di corrente fino a circa 2V di alimentazione, mentre con il verde ne occorreranno un po' di più; con il blu si dovrà partire da almeno 5 volt..

Da notare che non è possibile essere assolutamente precisi in questo ambito in quanto i parametri V   e Idss hanno una ampia variabilità ed è possibile verificare il funzionamento limite di un circuito solamente realizzandolo. Ad esempio, viene data una tensione minima di 1.8 V per i LED rossi, ma sono reperibili modelli con soli 1.6V (ad esempio HLMP-xxx di Avago) e con correnti a piena luminosità di soli 1-2 mA, che sono l' ideale per queste applicazioni. Accoppiati con un BF245A o B possono lavorare a partire da meno di 2 a 24 V con una corrente variabile tra 4 e 6 mA.
Così pure si trovano LED rossi con 1.8V e LED blu tanto con 3.6 quanto con più di 4V.

Anche se sembra che queste considerazioni sulle frazioni di volt siano poco utili, nella pratica sono proprio le frazioni di volt a fare si che un LED blu (con una  3.9 < Vf < 4.5V) possa non essere pilotabile direttamente da un pin di un microcontroller e necessiti di un boost in un circuito a bassa tensione.

Ad essere pignoli, va poi ricordato che i parametri di cui sopra variano anche con la temperatura e di questo va tenuto conto quando si ha a che fare con apparecchi che sono sottoposti a condizioni diverse da quelle del laboratorio.


Ambito di applicazione

E questo ci porta al secondo punto da considerare.
Se il LED è alimentato ad una certa tensione ed assorbe una certa corrente, la resistenza serie, necessaria per limitare la corrente, ha la necessità di dissipare anche la potenza, generata per effetto Joule. Ovvero si scalda.

Ad esempio:

LED con Vf = 2V @ 10 mA alimentato a Vcc  = 24 V
Occorrerà produrre una cdt di:

 Vcdt= Vcc- Vf = 24 - 2 = 22 V

Il che corrisponde a:

Rserie= Vcc/Iled = 22/0.01 = 2200 ohm

Il che da origine ad una potenza dissipata di:

Pd = Vcdt * Iled = 22 * 0.01 = 0.22 W

Se la corrente Iled fosse 20 mA, si avrebbe Rserie= 1100 ohm e   Pd = 0.44 W

Ora, anche nel circuito in cui in serie al LED, al posto della resistenza mettiamo il FET, quale è la funzione di quest' ultimo?

Quella di mantenere la corrente costante.

Ma come fa a mantenere la corrente costante ?

Comportandosi come una resistenza variabile, quindi la caduta di tensione necessaria a stabilizzare la correte avverrà sul FET. 

Ovvero, 

la potenza che andava dissipata sulla resistenza ora va dissipata dal FET.

Questo è un fatto che si tende comunemente a non considerare, ma che riveste particolare importanza.
Abbiamo riportato nella prima tabella anche la massima potenza dissipabile dai piccoli TO-92, che, nei casi migliori, si aggira sui 300-350 mW. E questo limita in modo drastico due parametri:

  • la massima corrente controllata
  • la massima tensione applicabile

Con un elemento che ha massima dissipazione possibile di 350 mW non sarà possibile far passare nel LED oltre i 10 mA dell' esempio precedente, essendo i 20 mA già ben oltre le possibilità del componente !

Questo va ben compreso in quanto solitamente ci si limita a verificare il parametro della corrente massima sopportata dal FET, che potrà essere anche di 50 o 150 mA, e della tensione massima, che potrà anche essere 50V; ma quello che crea il problema non sono i valori assoluti dei singoli parametri di corrente/tensione, bensì la loro combinazione come potenza massima dissipabile 

V*I = calore

E' quindi evidente che la limitazione di corrente con un piccolo FET general purpose è adeguata esclusivamente in ambiti limitati di corrente / tensione, dove la combinazione dei due parametri non supera la massima potenza trattabile dal componente.

Nel senso che se viene dichiarata dal costruttore una potenza dissipabile di 0,35 W questo è un limite assoluto che il semiconduttore sopporta a 25 C. Ma dato che dissipando potenza si scalda la giunzione e il package (tipicamente 2.8 mW per grado), occorre stare ben lontani da questo limite, anche perchè non sarebbe molto sensato inserire un dissipatore e, in ogni caso, non è mai buona norma progettuale sprecare potenza in calore.

Questo però non è certo un limite per l' applicazione che stiamo trattando: basterà scegliere LED a basso consumo: ce ne sono da 0.5 a 5 mA a piena illuminazione (il che va sempre bene in quanto non ha particolare senso utilizzare LED da 20 mA quando LED da 5 mA hanno le stesse prestazioni luminose: si risparmi energia, cosa utile ovunque ed essenziale nei dispositivi alimentati a batteria e si riduce la dissipazione di calore (cosa inutile in ogni caso, anche solo per prolungare la vita dei componenti). 


La scelta del LED

Una nota a riguardo del LED a bassa corrente: sarà opportuno scegliere il LED in funzione non solo della minima corrente, ma anche della massima sopportabile, in quanto alcuno modelli di LED a basso consumo possono sostenere solo pochi mA, ad esempio 5 o 7mA, mentre altri, pur ben "accesi" con 2 mA possono sopportare variazioni fino a 30 mA.

La scelta di un buon LED è uno dei fattori che consento di ottenere il migliore risultato. 
Innanzitutto va chiaramente detto che

  NON TUTTI I LED SONO UGUALI

neppure quelli dello stesso colore. Anzi, possiamo dire che i LED possono essere molto diversi tra di loro, in quanto possono essere realizzati con procedimenti differenti da diversi costruttori o nelle diverse serie, dando origine ad una molteplicità di modelli con caratteristiche diversissime, sia per la tensione di soglia che per la corrente tipica e, sopratutto, per l' efficienza luminosa.

Ne deriva che, se in generale si indica la corrente del LED come 10 o 20 mA, questi sono valori del tutto generici, dato, per i prodotti comuni da segnalazione, esistono modelli con correnti da 0.5 mA a 30 mA e non è detto che il LED da 10 mA nominali abbia una luminosità maggiore di quello da 2 mA.
Così come, nel caso si utilizzino LED come riferimenti di tensione, il colore verde ha tipicamente una soglia a 2 V, ma esistono modelli da 1,8 a 2,2 V o più.

Per l' applicazione come segnalazione, utilizzando il FET come generatore di corrente costante, un LED ideale ha una bassa corrente (1-5 mA), ha la minore tensione di soglia possibile (se è necessario operare con tensioni di alimentazione basse) e l' efficienza luminosa più alta possibile.

Si potrà comunque utilizzare un qualsiasi LED anche di recupero e di produttore e modello ignoti. Basterà determinarne la tensione di soglia, per verificare se è adatto al minimo di tensione voluto. E valutare la corrente che ne permetta l' accensione alla luminosità voluta.

A questo proposito, teniamo a sottolineare che non occorre pompare troppa corrente nel LED: se il valore di targa è 10 mA tipici, è probabile che il LED appaia sufficientemente illuminato con 5-7 mA o meno, e questa corrente sarà tanto più basso quanto migliore sarà l' efficienza del LED usato, tanto che la differenza di luminosità con 5 o 10 mA potrà essere quasi impercettibile o comunque non significativa. Così LED a bassa corrente (2 mA nominali) si possono accendere, in modo sufficiente per l' applicazione voluta, con 0.5 mA o meno.
LED che richiedono 20 mA per ottenere una luce adeguata ad un punto di segnalazione sono in genere elementi di qualità ed efficienza molto basse.
Diverso potrà essere il caso in cui si debba ottenere una illuminazione "vistosa" in ambiente già di per se molto luminoso, come esterni al sole, ma siamo in una condizione non comune, in cui l' uso di elementi ad alta o altissima luminosità diventa fondamentale, anche se spesso, più che la luminosità, diventano importanti il colore (dato che l' occhio non ha la stessa sensibilità per tutti i colori) e il contrasto tra il punto illuminato e lo sfondo.

L' esempio del LED HLMP sopra citato permette di avere una indicazione luminosa di buona qualità con alimentazione da 2 a 24V e con un FET SMD (che ha potenza dissipabile minore di uno in TO-92) con una corrente media di 4-5 mA.


Variazione sul tema

Un JFET nel regime saturato, che, come abbiamo visto finora, funziona come fonte corrente, non è abbastanza preciso per alcune applicazioni. Inoltre, la sua corrente d'uscita varierà sostanzialmente con la temperatura. Se la corrente generata dal FET che abbiamo disponibile non risponde alle nostre necessità, è possibile, introducendo una resistenza,  ridurla, partire dal valore di Idss .

Qui il gate è "auto-polarizzato" dalla tensione di caduta sulla resistenza R; la corrente ottenuta varia a seconda del valore della resistenza.
Il valore va calcolato in base alle curve caratteristiche del transistor. La corrente con la fonte può essere prevista sulla linea analisi del carico. Su un grafico VGS-IDS l'intersezione con la linea di carico I = −V/R dà la corrente di equilibrio.

Tipicamente, per una buona regolazione, la corrente ottenuta dovrebbe essere abbastanza minore della Idss .

La resistenza sorgente deve essere selezionata, in modo che, con la corrente richiesta, si ottenga:

R = -Vgs / I

La Vgs (tensione gate-source) deve essere trovata dalla caratteristica di uscita del FET utilizzato.
La resistenza interna della sorgente di corrente costante sarà quindi:

R i = RDS (1 + g m R * S )

La corrente, tipicamente, per una buona regolazione, dovrebbe essere abbastanza minore della Idss , per cui un tale circuito può essere utilizzati nell' ambito massimo di pochi milliampere o per correnti minori del milliampere, o, utilmente, per aggiustare la corrente al valore voluto utilizzando un FET con un range molto ampio.

Va tenuto presente che l' inserimento della resistenza ha due effetti:

  • aumenta la caduta di tensione minima del bipolo, per cui sarà necessaria una maggiore tensione minima di alimentazione
  • riduce la dissipazione di potenza del transistor, in quanto ora la resistenza serie al carico è costituita dalla componente fissa costituita da R e da quella variabile dovuta al FET

In ogni caso, anche questo schema ha come caratteristica fondamentale la semplicità, e, sopratutto, il fatto di essere un bipolo da inserire semplicemente in serie al carico in cui si vuole limitare la corrente.

Analogamente a quanto detto ora, è possibile migliorare le prestazioni di stabilità del generatore di corrente con una coppia di JFET.

Si tratta di una specie di cascode, in cui due transistor sono in serie, con Q1 che effettua la regolazione e Q2 che funge da "elemento di potenza".

Si tratta di una decisa complicazione rispetto a quanto visto finora, data l' aggiunta di un secondo transistor e del trimmer R1, ma il circuito è ancora molto semplice e presenta sempre il vantaggio di essere un bipolo, facilmente inseribile in serie al LED o in altre applicazioni dove è richiesta una elevata stabilità e costanza della corrente.

La tensione minima di funzionamento del circuito sarà più alta che negli esempi precedenti, ma la corrente regolata risulta assolutamente più stabile (stiamo sempre facendo riferimento a correnti nell' ambito di pochi mA, data la bassa potenza dissipabile dai FET).

Generatori di corrente costante di questo tipo possono essere utilizzati molto proficuamente in sistemi di amplificazione audio, strumentazione, ecc.

Questa configurazione ha la possibilità di lavorare anche con MOSFET, in modo molto simile ai JFET  e può pertanto essere usata per fare lo stesso tipo di generatore di corrente. 
I MOSFET tendono ad avere valori di Idss più alti rispetto ai JFET e sono disponibili con voltaggi e potenze molto più elevate, il che li rende più adatti per applicazioni che possono trattare potenze maggiori.
 
Attenzione: anche qui la "potenza" in calore per effetto Joule data dal prodotto della caduta di tensione per la corrente sul carico è dissipata dai transistor. Quindi, a meno di adottare radiatori adeguati, si sta sempre parlando di applicazioni con piccole correnti, nell' ambito 1-50 mA.

Nel caso del cascode MOSFET, Q2 supporta la maggior parte di tutta la caduta di tensione, consentendo di utilizzare un elemento più piccolo (e più economico) per Q1.
Un cascode MOSFET realizzato usando per Q2 un BSP129 (SMD SOT-23) e per Q1 un BSS139 (sempre SMD), con R=500 ohm, trimmer, consente di regolare la corrente in modo preciso e stabile da circa 3 a circa 50mA.

E' possibile variare la regolazione e la caratteristica aggiungendo resistenze sui gate e collegando il gate di Q2 sul drain di Q1. Usando MOSFET con tensioni elevate è possibile facilmente arrivare a tensioni di centinaia di volt, ma, ovviamente, la corrente sarà relativa alla potenza massima dissipabile. 


Mi chiamo FET, J. FET...

Una nota addizionale è necessaria per quanto riguarda le piedinature (pinout) dei transistor FET.

Alcuni dei modelli comuni sono in package TO-92, un contenitore di plastica di piccole dimensioni, che ha come simili TO-18, TO-72  e altre variazioni, anche se esistono JFET in molte diverse forme, compresi packages di metallo.

Il problema è che, come sono "variati" i pinout dei BJT, lo sono anche quelli dei JFET e, anche a parità di sigla, è possibile che due costruttori ne abbiano implementato un diverso.

FET pin Manufacturer
1 2 3
MPF102 D S G Fairchild
2N5457
2N5458
2N5459
Fairchild
J110 ON Semi
J310 Fairchild, NS
BF244 S G D ON Semi, TI
BF244 D G S NS
BF256  G S D Fairchild, Motorola
BF245 G S D ON Semi, NXP
S G D NXP
2N3819 S G D ON Semi, NXP, TI, ST
D G S Fairchild, NS, Vishay

Meno problemi dovrebbero esserci con i modelli per SMD, anche se più difficili da reperire, più difficili da saldare se non con una buona mano e apparecchiature adatte e, sopratutto, con caratteristiche spesso non ideali per questa applicazione.

Nel caso si vogliano impiegare questi componenti, occorre verificare il range della Idss , che può avere valori estremamente ampi (genere 8-80 mA), per cui probabilmente occorrerà inserire la resistenza tra gate e source per ridurla.

Inoltre va considerata la potenza, che, dato il contenitore minuscolo, sarà decisamente minore di quella dissipabile da un package più grande.

Si posso indicare come possibili scelte MMBF4416A di Fairchild o i BF511-513 di NXP, solitamente recuperabili da Digikey.

Quindi, per sicurezza, in ogni caso è d' obbligo la consultazione del foglio dati del modello/costruttore scelto. 
Se questo manca, come può capitare, è assai comoda la disponibilità di un cerca-terminali del genere di quelli realizzati da Peak. Oppure si può verificare la conduzione con l' inelegante, ma non dispendioso (se non in tempo) metodo di provare le coppie di pin con un tester. 


Link

Alcuni link di informazione sull' argomento


 

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Aggiornato il 10/09/12 .