Si parla di isolamento galvanico quando tra due circuiti non è possibile
il passaggio di corrente continua, anche detta galvanica (dal nome di Luigi
Galvani).
I due circuiti sono isolati tra di loro e non hanno punti in comune, in
generale neppure la massa, ma tra loro può essere scambiata energia o segnali per
mezzo di vari fenomeni fisici, come l'induzione elettromagnetica, l'accoppiamento capacitivo,
ottico o meccanico.
I due circuiti potranno avere così tensioni di riferimento anche molto
diverse.
L'isolamento teoricamente dovrebbe esistere con una resistenza infinita, ma,
all'atto pratico, dato che la cosa non è possibile, si considerano isolati
due circuiti che abbiamo almeno 100 Mohm di resistenza tra di loro. La
capacità di isolamento si valuta in kV.
Un isolamento galvanico è indispensabile per ottenere alcuni
risultati importanti:
- sicurezza elettrica: ad esempio, isoliamo dalla rete l'utente di un circuito, che di per
se non comporta rischio perchè a bassissima tensione
- sicurezza di funzionamento: si isola la parte di controllo dalla parte di potenza per proteggere
la prima da sbalzi di tensione che potrebbero distruggere i circuiti
elettronici
- eliminazione dei disturbi indotti attraverso la comunanza di punti a
diverso potenziale. Dove si effettuano misure, si isola la parte digitale da
quella di misura per ridurre il rumore
- eliminazione dei loop di terra dovuti alla presenza di masse comuni,
con disturbi indotti e possibilità di danni alle interfacce
Sono possibili diversi sistemi di isolamento galvanico; i più comuni
sono:
- attraverso un campo magnetico: trasformatori e relais
- con un segnale ottico : opto isolatori
- con un campo elettrico: condensatori
Trasformatore.
Il più antico sistema di isolamento è quello che utilizza un trasformatore, nel quale
primario e secondario sono isolati elettricamente. Un contatto tra i due
circuiti è possibile solo per il cedimento dell'isolamento tra di loro. La
tensione di rottura può essere
portata a valori anche molto elevati con opportune tecniche costruttive.
E', ovviamente, indispensabile dove dobbiamo scambiare energia a tensioni
diverse (trasformatori di alimentazione), dove conta il rapporto
spire, ma anche per isolare i due circuiti (trasformatori di sicurezza o di isolamento), con rapporto spire unitario.
Però, possiamo usare trasformatori anche dove dobbiamo passare segnali
tra due circuiti a potenziali diversi (trasformatori di misura,
trasformatori di accoppiamento, trasformatori per impulsi, ecc.). Una applicazione comune del trasformatore nelle
comunicazione è nelle interfacce Ethernet.
Un'altra è costituita dai
trasformatori di comando dei gate dei semiconduttori per i controlli di
potenza.
La necessità di isolare i sistemi di misura dai sensori sul campo o
unità collegate da linee di comunicazione, ha fatto si che il trasformatore trovasse posto anche in circuiti integrati
appositi, ad esempio ADM3251 della Analog Devices o
LTM2884 di Linear Technology,
che comprendono in packages minimi (DIP, SO, CFPGA e simili) un accoppiamento con trasformatori.
Nel caso di isolamento di segnali, dato che un trasformatore non
permette il passaggio della cc, né può gestire bene frequenze molto basse (a meno che non abbia un nucleo
grande - cosa impossibile nei circuiti integrati), il segnale da isolare non può essere applicato direttamente al lato primario.
La soluzione è amplificare il segnale in ingresso, se necessario, e
successivamente utilizzarlo per modulare un vettore a frequenza molto più elevata
in modulazione di ampiezza a larghezza di impulso (PWM).
Vediamo qui sotto, ad esempio, il diagramma funzionale dell'isolatore
integrato AD215
di Analog Devices dove un accoppiamento a trasformatore permette il
passaggio sia dei segnali che della potenza per alimentare l'elettronica
collegata al secondario.
Sul lato di uscita (secondario), il segnale viene demodulato per estrarre e recuperare il segnale originale. L'alimentazione
per la sezione isolata, in questo caso, deve essere fornita al lato
primario, dato che è disponibile all'interno del chip anche un DC/DC isolato
per alimentare il lato secondario.
Questa opzione è disponibile in vari modelli, ma non i tutti gli IC di
isolamento segnale, lasciando al progettista l'aggiunta di DC/DC isolati
esterni, dove necessario.
Questo genere di
circuiti integra delle bobine miniaturizzate, accoppiate
induttivamente o dei trasformatori senza nucleo per trasferire i dati e la
potenza.
L'isolamento può arrivare anche a 2.5kV.
Altrettanto vediamo implementato nell'AD210,
sempre di Analog Devices, con un doppio isolamento per la parte della potenza.
Relais
I relè che azionano un contatto elettromeccanico possono essere
impiegati sia come elementi di isolamento dei segnali in uscita, sia dei segnali
in ingresso.
Se con il trasformatore possiamo trasmettere sia potenza che segnali, il relè
è adatto solamente a trasmettere stati di on/off, ovvero segnali digitali.
Esiste una grandissima quantità di soluzioni costruttive, diverse a seconda
dell'area di impiego, dai teleruttori per comandare carichi potenza ai relè
reed o a contatti in mercurio per i segnali di ingresso.
Il relè è un oggetto relativamente semplice, sia
costruttivamente che nell'impiego. Il suo limite consiste nel problema dei
rimbalzi sui contatti (bounces), cosa che, in ingresso, richiede
l'implementazione di sistemi di debouncing, mentre in uscita necessita di
sistemi di spegnimento della scintilla che danneggerebbe i contatti. Inoltre, la
durata del movimento elettromeccanico e dei contatti deve essere verifica a
seconda delle necessità dell'applicazione in quanto l'MTBF è minore dei
dispositivi senza parti in movimento.
Anche per i relè, l'isolamento dipende dalla loro costruzione
ed è valutato in kV.
Da osservare che il relè può non essere la soluzione ideale nel caso della
presenza o generazione di disturbi elettromagnetici.
In molte applicazioni i relè in ingresso sono sostituiti
vantaggiosamente con
isolatori ottici e quelli in uscita con relè a stato solido (Solid State Relais
- SSR)
Optoisolatori.
Nello scambio di segnali tra due circuiti, gli isolatori ottici
sono un ottimo mezzo.
La comunicazione avviene attraverso la luce emessa da un diodo emettitore e
ricevuta da un foto transistor o simile. Si impiegano anche con funzione
simile a quella dei relais per isolare i circuiti di comando dagli azionamenti
(opto relais).
Rispetto ai relais elettromeccanici, i sistemi ottici non hanno
contatti meccanici e quindi, se usati entro i loro limiti, hanno durata
maggiore, maggiore velocità di azionamento, ecc.
Possiamo distinguere tra:
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fotoaccoppiatori dove
l'azione è eseguita dal foto emettitore e del foto transistor; è
possibile inserire anche uno schermo elettrostatico tra i due per
migliorare le caratteristiche di sicurezza offerte dal componente.
Il transistor ricevente potrà essere sostituito da un circuito
amplificatore/trigger
con uscita a livello logico,
open collector o altro.
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accoppiatori fotovoltaici,
nei quali il ricevitore è costituito da diodi fotovoltaici, che
producono in uscita una corrente. Lo scopo è quello di pilotare gate di
MOSFET ed esistono numerosi modelli che comprendono il o i MOSFET,
realizzando i relay fotovoltaici o Solid State Relais (SSR).
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Le soluzioni ottiche sono anche adatte per il trasferimento di segnali analogici
Anche in questo caso esiste un limite di isolamento dovuto alla
costruzione meccanica del componente e anche qui misurato in kV.
I limiti dei sistemi ottici più semplici sono, solitamente, la
relativa lentezza della commutazione e il tempo di
spegnimento del transistor che rende le commutazioni asimmetriche, cose che possono essere
superate utilizzando optoisolatori con logica integrata. Per tutti, va
considerato l'invecchiamento del LED che degrada le caratteristiche di trasmissione.
Condensatori
Si è sviluppata una tecnologia che utilizza condensatori come
accoppiamento tra due circuiti. Si impiega non un solo condensatore sulla linea
del segnale, ma una coppia su una comunicazione differenziale: i circuiti,
isolati con condensatori su entrambi i poli, non hanno più la necessità di
masse in comune.
Il condensatore permette il passaggio di segnali in corrente
alternata, mentre blocca il passaggio di segnali corrente continua.
A livello di circuiti integrati, questo genere di accoppiamento
viene impiegato per la costruzione di isolatori di segnali sia analogici che
digitali. Le capacità integrate sono molto piccole, dell'ordine del picofarad.
Anche in questo caso esiste un limite di isolamento dovuto alla
costruzione dei condensatori e anche qui misurato in kV.
Attualmente sono in commercio numerosi circuiti integrati di
isolamento a condensatori, come ad esempio ISO7242
o ISO124 di Texas Instruments,
che sono veri e propri amplificatori isolati per segnali da sensori a bassa
tensione.
Qui sotto vediamo il simbolo circuitale, lo schema di principio e l'aspetto
fisico. Possiamo notare la bassissima capacità di accoppiamento (2x1pF) che
consente di realizzare condensatori integrati con un isolamento di 1.5kV.
Isolamenti capacitivi sono impiegati anche per
separare due circuiti
di comunicazione, ad esempio su linee telefoniche, modem e simili.
Scelta del sistema di
isolamento.
Dal punto di vista pratico, tutte e tre le tecnologie di isolamento
trattate possono fornire risultati eccellenti nelle giuste condizioni,
avendo chiaramente presente come il trasferimento di potenza sia ambiente
specifico dei trasformatori, mentre per i segnali il campo di scelta si amplia.
Il compito del progettista è quello di decidere quale sia la
migliore soluzione in una determinata situazione.
Tra i fattori da considerare vi sono la larghezza di banda, la durata prevista
(MTBF), le dimensioni e i requisiti di alimentazione.
In ogni tecnologia è possibile trovare prodotti specifici per varie
applicazioni, lasciando spesso la decisione al costo o all'abitudine del
progettista.
Da considerare che, al di fuori delle linee di trasmissione dati, che possono
raggiungere i MHz, , in generale i segnali di ingresso e di uscita da un sistema
di controllo a microprocessore o microcontroller sono contenuti in un range di
frequenze abbastanza basse (<<100kHz).
Per quanto riguarda la tensione di isolamento, è possibile trovare isolatori
anche integrati con almeno 1 kV, mentre ne esistono anche a 2.5kV o
più e che soddisfano gli standard normativi (IEEE, VDE, CIE, UL, CSA).
Solitamente la massima tensione di isolamento non è un problema restando
nell'ambito indicato; per tensioni superiori a 5kV esistono moltissimi isolatori speciali certificati per tensioni più elevate.
Di solito, l'isolamento magnetico ha una durata molto lunga e la sua barriera passiva può sopportare picchi
di segnale considerevoli. Tuttavia, a causa del suo accoppiamento induttivo, può essere soggetto a interferenze da campi magnetici esterni.
Esistono comunque soluzioni attuali che riescono a minimizzare questo problema a tal punto che le unità sono certificate contro tale suscettibilità alle interferenze usando test standard del settore.
L'isolamento ottico ha un'elevata immunità ai disturbi elettrici e magnetici, ma ha una velocità modesta a causa della velocità di commutazione dei
LED e dei transistor, una maggiore dissipazione di potenza e una durata limitata dei
LED; essi subiscono un degrado, anche nell'uso normale, con periodi tipici di
vita limitati (ma sempre nell'ambito di molti anni). Tuttavia, esistono
dispositivi optoisolati con garanzia di vita di almeno 20 anni.
L'isolamento capacitivo ha un'elevata immunità al rumore magnetico e, rispetto all'isolamento ottico,
consente una larghezza di banda più ampia e una garanzia di vita più lunga.
Peraltro, l'accoppiamento capacitivo può essere soggetto a interferenze da campi elettrici esterni.
In conclusione va tenuto presente che un isolamento galvanico
è tanto più indispensabile quanto maggiore è la complessità o delicatezza
del sistema di controllo, sia per segnali analogici, digitali o comunicazioni.
Il suo scopo è quello di separare la logica di controllo e/o misura
dall'ambiente esterno nel quale possono circolare sovratensioni, sovracorrenti,
disturbi elettromagnetici di ogni genere.
In sostanza, anche in una applicazione a microcontroller dove arrivino segnali
remoti (al fuori della "scatola" che contiene l'elettronica, come
pulsanti, pressostati, fine corsa, ecc., o siano comandati carichi sulla rete,
anche solo lampade o piccoli motori, un sistema di isolamento dall'ambiente
di carichi e sensori è una priorità che, se ignorata, può portare solitamente
a problemi di funzionamento "strani", apparentemente casuali e che
impediscono il regolare funzionamento del sistema.
In particolare, se l'elettronica ha funzionato benissimo sul
banco in laboratorio, NON è detto che possa funzionare anche sul campo, dove le
condizioni sono ben diverse.
Quindi, se il sistema debuggato e ok in laboratorio, messo in opera nel suo
posto di lavoro, non va, la colpa è sicuramente da attribuire alle interazioni
con quanto collegato esternamente e che è non sufficientemente isolato.
Un ben realizzato isolamento galvanico di ingressi e uscite
è certezza di corretto funzionamento anche nelle peggiori condizioni.
Nel caso in cui entrino in gioco elementi di sicurezza,
sia per l'ambiente di impiego che per l'applicazione, come quelle medicali,
l'isolamento tra utente e rete deve essere priorità assoluta ed in tal senso esistono
normative specifiche.
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