Un carico elettronico da 100/200 W.
Realizzando
o collaudando alimentatori non può mancare in Laboratorio un carico fittizio.
|
La soluzione a cui si può pensare
per prima è quella di utilizzare dei resistori. La realizzazione è
ultra semplice, ma presenta la difficoltà di
regolare la corrente assorbita e occorrono parecchi elementi per
avere una certa gamma di valori, inseribili con interruttori.
Inoltre, resistenze corazzate da 50-100W non sono oggetti economicissimi ed
è necessario un sistema di raffreddamento.
E' una soluzione
concettualmente semplice, ma ingombrante e non a basso prezzo come
si può pensare.
|
|
Sarebbe ideale disporre di reostati
su supporto ceramico; hanno una ampia gamma di valori e possono
dissipare potenze da 15 a più di 200W. Però, al di fuori della
possibilità di recuperarli dal surplus, il costo di questi
componenti è molto elevato e non sono di immediata reperibilità.
In ogni caso, un carico realizzato
con resistenze assorbe una corrente variabile a seconda della
tensione applicata (resistenza costante), mentre spesso è preferibile, nel
test di un alimentatore, disporre di carico a corrente costante.
|
Una
possibilità, che non richiede sistemi di raffreddamento particolari, è
quella di utilizzare lampadine. A seguito della disgraziatissima legge che
obbliga le auto a mantenere i fari accesi sempre, tutti possono avere un bel
mucchietto di lampade in cui solo il filamento degli anabbaglianti è
interrotto, mentre l' altro può essere ancora sfruttato.
Questa realizzazione è semplice come la precedente, non necessita di
particolari sistemi di raffreddamento, ma ha ancor più problemi, in quanto le
lampade esistono solo in formati ben definiti e hanno una durata limitata.
Lasciando da parte questi sistemi "elettrotecnici", è noto che,
dall' apparire dei transistor, la soluzione ideale è quella di realizzare un
carico che utilizzi un semiconduttore di potenza come resistenza variabile.
Questo è chiamato "carico attivo".
L'
hobbista, e non solo, ha normalmente a che fare con alimentazioni che vanno da
3 a 30V e correnti nell' ordine di qualche ampere, quindi raramente servono
potenze maggiori di 100-200W; assai spesso molto, molto meno.
In ogni caso, se si realizza un carico modulare, ci sarà la possibilità di
collegarne più di uno in serie o parallelo per testare situazioni in cui
corrente o tensione sono elevate.
E'
particolarmente funzionale se il carico attivo si alimenta "da se",
derivando la corrente necessaria dall' alimentatore sotto test, senza
richiederne una propria. Questo garantisce anche che non si verifichino loop
di terra (ground loop) durante i test.
Un
carico elettronico è realizzabile in moltissimi modi, ma quanto più semplice
è il circuito, tanto meglio.
Lo schema che consideriamo deriva da un articolo apparso su Electronic
Design dell' aprile 2000, nella sezione "Ideas for Design", dal
titolo: "Self-powered
Dummy load checks out multiple-output power supplies", di Tommaso
Toffoli, ECE Department della Boston University .
Si tratta di una vera "Idea for Design", ovvero di uno schema
semplice e geniale, di un carico a corrente variabile realizzato
con un numero minimo di componenti, ma con prestazioni notevoli.
- Non richiede alimentazione esterna ! Si alimenta direttamente dalla
sorgente di tensione che è sotto test.
Questa caratteristica è fondamentale per un apparecchio del genere, in
quanto la necessità di una alimentazione propria richiede una
alimentazione da rete, il che è rende sempre possibile ritrovarsi con loop
di terra che, con le potenze in gioco, sono rischiosi. Oppure, se si
utilizza una batteria, questa è destinata a farsi trovare irrimediabilmente scarica quando si avrà
la necessità di utilizzare l' apparecchio.
- Può funzionare tra 2 V circa e la tensione massima sopportabile dai
componenti (<40V). Questo lo rende adeguato per la maggior parte degli
alimentatori, che vanno generalmente da 3V a 24V.
- Costituisce un carico a corrente costante fino a 20 A, adatto quindi per
provare anche alimentatori di notevole potenza. La potenza dissipabile
dipende dal darlington e, principalmente, dal suo sistema di
raffreddamento. Con una alettatura MOLTO abbondante o raffreddata ad aria
si arriva a 200W.
- Utilizza componenti abbastanza comuni e non particolarmente costosi.
Quindi si può realizzare in più unità per verificare alimentatori con
più uscite (ad esempio quelli per PC).
- Non richiede un amperometro, in quanto, usando un potenziometro a 10
giri con una manopola graduata, la corrente è proporzionale alla
rotazione e può essere letta direttamente sulla graduazione.
L' articolo citato spiega il funzionamento, che è molto semplice.
Il cuore del circuito è costituito da un operazionale LM10, che è dotato
internamente di generatore di tensione da 200 mV. Questa tensione, attraverso
un potenziometro a 10 giri, è comparata con la tensione presente ai capi i
una resistenza di basso valore (0.01 ohm) in cui scorre la corrente. Si avrà
così che a 200 mV corrisponderà una corrente di 20 A. E' semplice ottenere
un fondo scala da 10 A, utile per prove di apparati più limitati,
semplicemente partizionando la tensione di riferimento a metà, con S2 che
introduce una resistenza di valore pari a quella del potenziometro. Il
risultato è che la comparazione avverrà con un massimo di 100 mV, ovvero 10
A.
Un diodo di potenza è posto in parallelo al carico per creare una
protezione contro l' inversione di polarità, che distruggerebbe tutto. Un
voltmetro completa lo schema. Il tasto S1 consente di annullare
istantaneamente la corrente assorbita per mettere in stand by l' alimentatore
sotto test o per emergenza.
Lo schema è forse più noto nella versione reperibile a http://www-d0.fnal.gov/hardware/cal/lvps_info/curr_load/
Allo spartano schema originale, l' autore aggiunge alcune cose:
- R6 in serie al tasto di off, per proteggerlo dalla scarica di C2
- C2 come filtro della tensione di riferimento
- un gruppo R3-C2 di disaccoppiamento dell' alimentazione dell'
operazionale
- R3 di protezione alla base del darlington
- R4-C1 come filtro della tensione di comando della base
- TH1 è un termostato NC che stacca il pilotaggio della base oltre una
certa temperatura
Inoltre, il diodo di protezione contro l' inversione di polarità è in
serie. Se, da un lato questo introduce una caduta di tensione in serie che
aumenta la tensione minima applicabile, dall' altro lato evita che la
connessione a polarità contraria tra carico e alimentatore mandi quest'
ultimo in corto circuito.
Un amperometro in serie completa lo schema.
L' articolo descrive in modo molto dettagliato lo schema ed anche la relativa
costruzione.
A partire da questa idea, ne abbiamo realizzato varie versione che andiamo
a descrivere.
|