Lo
schema
Il
circuito, che risale a più di 10 anni fa, è ancora assolutamente valido e
facilmente riproducibile per il basso numero di parti che lo compongono.
Si basa su un integrato anzianotto e non moltissimo noto tra gli hobbisti,
ovvero LM10.
Questo interessantissimo operazionale, progettato da Robert Widlar di National
Semiconductors, aveva per l' epoca caratteristiche notevoli ed
abbastanza esotiche:
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praticamente il primo
rail-to-rail
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alimentazione singola da
1.2V a 40V (da +/-0.6 a +/-20V in duale)
-
basso offset
-
sorgente di tensione di
riferimento integrata da 200mV con buffer
Lo
schema a blocchi del componente è questo:
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Si tratta di un operazionale
classico con ingressi a i pin 2 3e 3 e uscita al pin 6.
A questo si aggiunge un secondo
operazionale che ha all' ingresso non invertente un bandgap
generator di precisione da 200mV.
Al pin 1 è disponibile l' uscita del buffer. Il pin invertente 8 è
libero per poter configurare sia un follower che altre tipologie di
circuito.
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Un
componente del genere consente di realizzare con facilità un sistema a
corrente costante, dove la bassissima tensione di riferimento non richiede
differenze di potenziale elevate sulla resistenza di misura della corrente,
La struttura di un circuito simile è tracciabile con semplicità ed è facile
da capire:
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La corrente che scorre in R1 viene
comparata dall' operazionale con una tensione di riferimento Vref.
Una differenza tra i due valori
genera una corrente in uscita che comanda la base del transistor Q1,
variandone la conduzione e quindi la corrente di emettitore.
Il circuito si stabilizza mantenendo la corrente costante in R1 per
un valore dipendente dalla Vref.
Rendendo la Vref variabile di
otterrà un circuito che assorbe una corrente costante variabile.
La potenza assorbita dal
generatore Vin viene dissipata interamente in calore da Q1 e R1, che
necessitano di un dissipatore di calore molto ampio..
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Da
questo schema alla realizzazione definitiva è principalmente un fatto di
componentistica.
La
lista dei componenti
Semiconduttori |
Resistori |
Condensatori |
Varie |
IC1 LM10CN
Q1 MJ11016
MJ11032
D1 schottky 40A/60V |
P1
10k 10 giri
R1 0.01
ohm 20W
R2 3,3
ohm
R3 100
ohm
R4 10k
R5 1M
R6 10k |
C1
100uF/50V
C2
10uF/50V
C3 100nF
C4
47uF/2V |
Tc
Airpax 67F070
Dissip. 0.5°C/W o meno
compound termoconduttivo
S1-S2 deviatori a levetta per cs |
LM10 contiene
sia l' operazionale che la sorgente della Vref. Il suo valore come abbiamo
detto è 200mV. Il suo valore è parzializzato dal potenziometro e inviato
all' ingresso dell' operazionale, che riceve nell' altro ingresso la tensione
ai capi della R1.
Utilizzando ad esempio una R1 da
0.01 ohm si otterrà una cdt di 200mV con 20A. L' interruttore S1inserisce
o meno una resistenza in serie al di uguale valore P1, in modo da dimezzare la
tensione ai capi dello stesso ed avere una seconda portata con fondo scala
10A.
Il potenziometro è un 10 giri che permette una regolazione molto fine.
Inoltre, dato che la relazione tra la posizione del cursore (tensione di
riferimento) e la corrente costante (cdt su R1) è lineare, dotando il
potenziometro di una manopola a contatore si potrà leggere la corrente
direttamente su questa, senza necessitare di strumenti.
Dato
che LM10 può
erogare una ventina di milliampere, occorre che il Q1 sia
un darlington che abbia contemporaneamente un guadagno elevato e possa gestire
la potenza necessaria.
Fortunatamente elementi del genere non sono difficili da trovare:
principalmente si tratta della serie MJ, transistor di potenza in contenitore
TO-3 (TO-204). Sono stati selezionati MJ11016 e MJ11032,
non difficili da trovare dai soliti distributori universali (Digikey, RS,
Distrelec, Farnell, ecc). La differenza tra i due sta nella potenza trattabile
(e nel costo). Ecco le caratteristiche generali:
Si
tratta di elementi capaci di dissipare il primo 200W e il secondo ben 300W,
con correnti di collettore da 30 e 50A e guadagno minimo di 1000 (comunque
tutti i pezzi provati hanno esibito guadagni anche ben superiori a 5000 con
corrente di 20A).
Con il primo transistor si potrà realizzare un carico da oltre un centinaio
di watt, mentre con il secondo si potrà arrivare a 200W.
Ovviamente
si rende necessario un grosso dissipatore, un montaggio diretto senza
isolamento e con l' impiego di una pasta termo conduttiva..
Il
circuito base viene completato con alcuni elementi accessori:
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l' alimentazione dell'
operazione è disaccoppiata da quella in ingresso con R6 e C1.
Se si pensa che sia possibile applicare per errore più di 40V al carico,
R6 è sostituita con un fusibile ripristinabile da 100mA e viene aggiunto
uno zener da 39V-1W. Se la tensione supera i 40V, lo zener conduce e il
fusibile ripristinabile, che è un PTC, aumenta la sua resistenza da
freddo circa 4-5 ohm a migliaia di ohm a caldo, salvando l' LM10. In
questo senso al carico potrebbe essere applicata una tensione maggiore di
40V, dato che il breakdown dei transistor si posiziona oltre i 100V.
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C3 è
il solito 100nF tra i pin dell' operazionale
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C4 è
una capacità in parallelo alla tensione di riferimento prelevata dal
cursore del potenziometro per avere una elevata reiezione di eventuali
oscillazioni. Data la bassa tensione, è stato usato un multistrato non
polarizzato.
Non si tratta di un componente troppo esotico in quanto chi si diverte a
dissezionare schede madri ne trova in discreta quantità di valori simili
attorno al processore, sulle linee di alimentazione del core.
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una resistenza R3 di
valore elevato che evita alla corrente di andare improvvisamente al
massimo nel caso si interrompa il contatto del cursore del potenziometro
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una resistenza R2 tra
l'operazionale e la base del transistor consente di introdurre una piccola
capacità di stabilizzazione, che è richiesta con alimentatori che hanno
una protezione foldback o una dinamica instabile che si rifletterebbe sul
carico, assieme alla resistenza R5 tra
base ed emettitore
-
un interruttore S2 che
manda a massa il cursore del potenziometro permettendo un distacco rapido
del carico o un reset di un alimentatore con protezione in foldback senza
scollegare i cavi.
-
un interruttore S1 che
inserisce o esclude la R4,
di pari valore del potenziometro, per determinare le due portate 10 e 20A.
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Tc è
un interruttore termico Airpax Senata in case TO-220, normalmente aperto,
che manda a massa il cursore del potenziometro se la temperatura del case
del transistor supera un certo limite, bloccando il carico.
In
questo caso è stato impiegato un modello con chiusura a 70°C, limitando la
dissipazione di potenza, ma anche la temperatura del radiatore.
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Per MJ11016 la
curva di derating, a Tc=70°C, consente quasi 150W,
mentre per MJ11032 si
superano i 200W.
Se si vuole ammetter temperature
maggiori, si può fissare il limite a 80 o 90°C. Le curve di
derating dei transistor lo permettono.
Però, se 70°C può non essere il
massimo per il transistor, è già una bella temperatura per tutto
quello che c'è attorno e non è parso utile andare oltre.
In ogni caso, il limite di
temperatura per il case sarà definito dalla possibilità del
dissipatore di eliminare il calore prodotto, ovvero dalla sua
resistenza termica.
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Perchè
un termocontatto e non un bel sistema elettronico?
Perchè :
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seguendo il principio di
Ford, quello che non c'è non si guasta e non complica la costruzione e
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perchè diventerebbe
necessaria una alimentazione sempre presente durante il funzionamento
(cosa che si desiderava esplicitamente evitare).
Senza
gadget elettronici non serve alcuna alimentazione ausiliaria per far
funzionare il carico; l' alimentazione di un amperometro può non essere
presente, dato che la corrente si legge sulla manopola del potenziometro. Un
eventuale voltmetro indicherebbe non la tensione all' uscita dell'
alimentatore, ma quella ai capi del carico che dipende dalla caduta di
tensione sui cavi di collegamento e la cui lettura ha un valore
solamente indicativo. Così pure l' alimentazione della ventola è
necessaria solamente si vuole ottenere più potenza dal carico; restando nei
limiti indicati, non serve neppure quella.
Va notato che con l' interruttore in off la corrente assorbita dalla sorgente
in prova non è completamente azzerata, ma viene solo bloccato il transistor
di potenza; resta una piccola corrente di circa 30mA dovuta all' autoconsumo
del circuito.
Infine,
è aggiunto un diodo D1 in
serie per escludere danni nel caso in cui, per errore, si applichi una
tensione inversa.
Il diodo usato è un doppio schottky in TO-247, genere S60D60 , SBL6060 e
simili, facilmente recuperabile da alimentatori PC. Va da sè che deve
trattarsi di un elemento in grado di sostenere in modo continuativo la
corrente del carico e che abbia la minima tensione di conduzione per non
elevare troppo il limite minimo della tensione di funzionamento dell'
apparecchio. I due diodi sono in parallelo, cosa che non comporta alcun
problema, dato che si tratta di due elementi strettamente simili nello stesso
silicio ed operanti alla stesa temperatura.
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Va notato che l' applicazione di
una tensione inversa manderebbe in conduzione il diodo interno ai
darlington, ma non si tratta di una protezione adeguata perchè
questa situazione, con correnti elevate, può essere mantenuta solo
per ben poco tempo.
Si potrebbe mettere il diodo di
protezione esterno non in serie, ma sui morsetti di ingresso, in
modo che vada in conduzione quando fosse applicata una tensione
inversa. In questo modo non si aggiunge una caduta di tensione in
serie, nè, sopratutto, si aggiunge potenza da dissipare in calore.
Infatti il diodo serie, con una caduta di circa 0.4V a 20A produce
8W, che non è poco, dato che si tratta di conduzione continua e non
a impulsi come nel raddrizzamento all' uscita di uno switch mode,
compito per il quale questo genere di diodi è pensato.
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Per
contro, la "protezione" dell' insieme alimentatore-carico sarebbe
affidata all' alimentatore ed al suo eventuale sistema di limitazione della
corrente sul corto circuito che il diodo di protezione realizza. Se però
questo non funziona o stiamo testando batterie (che non hanno protezione, ma
possono erogare correnti intense sul cortocircuito) e non si interviene
prontamente, è difficile che non ci siano danni. Quindi si è preferito il
diodo in serie, con tutti i suoi contro. Non è, però, un obbligo e sta a chi
realizza il circuito scegliere una soluzione piuttosto che un' altra; senza,
basta stare attenti ai colori rosso/nero dei cavi...
Così,
se si suppone di non rischiare collegamenti inversi, il diodo può essere
eliminato: si riduce la potenza da dissipare da parte del radiatore, si
elimina un costo e un problema di montaggio e il carico inizia a funzionare
con una tensione più bassa, attorno ai 2V.
Certamente
è possibile aggiungere anche un controllo a microprocessore, ma dovrebbe
essere alimentato a batteria, dato che è voluta la mancanza di collegamenti
del carico con la rete. Questo particolare è richiesto per evitare durante i
test ogni possibile loop attraverso le alimentazioni, cosa che creerebbe
problemi: se il carico è completamente dipendente dall' alimentatore, questo
non avviene.
Andrebbe bene se fossero utilizzate batterie, ma è caso comune che non si usi
l' apparecchio per qualche tempo e quando necessita lo si trovi con le
batterie scariche e in casa non ci sia nemmeno una del tipo adatto...
La possibilità di una completa funzionalità in assenza di qualsiasi
alimentazione ausiliaria rende lo strumento del tutto indipendente, oltre che
facilmente collegabile in parallelo con altri simili per ottenere carichi per
test con maggiore corrente.
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