Conclusioni
Si può che concludere con alcuni punti fondamentali:
-
è preferibile avere circuiti che non scaldano, sia per
motivi di durata e di affidabilità dell' apparecchiatura, sia perchè un dissipatore costa e occupa volume.
-
ma se scaldano occorre raffreddarli adeguatamente,
-
quindi vanno calcolati con sufficiente esattezza i vari
parametri
-
e i calcoli verificati nella realizzazione dei prototipi.
Il detto: "Se nel vostro circuito qualcosa scalda, avete
un problema" è sempre valido.
Abbiamo anche visto come il calore sia determinato da alcuni
fattori chiave, agendo sui quali è possibile limitarlo.
Ecco una rapida casistica.
Circuiti regolatori lineari
Il calore è essenzialmente determinato dalla caduta di
tensione sul regolatore. Più è alta a differenza tra la tensione entrante e quella regolata per la corrente erogata, più è alta la
produzione di calore.
Volendo ottenere una certa corrente occorrerà mantenere
questa caduta di tensione più bassa possibile, compatibilmente con le
necessità del regolatore usato, si potrà ridurre il calore emesso.
Così,
sarà necessario curare non solo la dissipazione del calore con un giusto
calcolo del radiatore, ma anche, e più fondamentale, far si che la tensione
a monte del regolatore sia la minima possibile. Quindi, per ottenere 5V all'
uscita di uno stabilizzatore che richiede una minima caduta di tensione di
2.5V si dovranno applicare 8-10V al massimo; maggiori tensioni non faranno che
aumentare inutilmente la potenza dissipata.
Va da se che se il regolatore
accetta in ingresso 35V, con 5 V in uscita ci sarà una caduta di tensione di
ben 30V ai suoi capi, con la corrispondente possibilità di erogare una
corrente di gran lunga inferiore alle possibilità dell' integrato, a causa
della forte dissipazione di potenza P=V*I di cui V è la componente
maggioritaria.
La situazione peggiore è quella del regolatore lineare da cui
ci si aspetta una uscita variabile in range molto ampio: in questo caso, per
le minime tensioni di uscita, la caduta di tensione necessaria limiterà la
massima corrente prelevabile e darà origine ad una considerevole produzione
di calore; in questi casi è opportuno inserire un circuito che commuti l'
alimentazione a monte in almeno due step in modo da non superare le
caratteristiche del regolatore.
Altra azione molti interessante è quella di abbandonare i classici tre
terminali di vecchia generazione per utilizzare i più attuali regolatori a
bassa caduta di tensione (LDO) che consentono di avere una alimentazione a
monte più bassa e quindi riducono il prodotto P=V*I.
Però anche quello che riguarda la corrente è sensibile, in
quanto un regolatore da 1.5 A come LM317 non sarà utilizzabile per questa
corrente piena. Si ricorrerà ad un altro integrato, ad esempio LM338K.
Più in generale, è quasi sempre il caso di ricorrere a regolatori switch mode, che minimizzano la perdita di potenza.
Transistor a gunzione.
Il calore dipende dalla tensione di saturazione
Vcesat: più
è elevata, maggiore sarà la perdita in calore. Minore
sarà questa caduta di tensione, minore sarà la potenza persa P = Vcesat *
Ic.
Quindi, per minimizzare questa potenza occorrerà scegliere semiconduttori con bassa caduta.
Se utilizziamo il transistor come un semplice relè, va tenuto presente che
la produzione del calore è costante per tutto il tempo di conduzione e quindi
va valutata correttamente la necessità di un sistema di raffreddamento.
Se il transistor è comandato a impulsi, PWM o simili,
avrà certamente necessità di un sistema di raffreddamento molto più ridotto
che se la corrente fluisse continuamente: i tempi di off fanno si che il
package del transistor possa dissipare il calore prodotto nelle fasi di on.
MOSFET
Può essere anche il caso di considerare MOSFET al posto dei BJT, dato che
hanno una resistenza di conduzione molto bassa e determinano perdite di calore
molto minori dei transistor a giunzione. Questa considerazione vale anche per
applicazioni in commutazione e PWM.
In ogni caso, la scelta di un certo modello o
di un certo package non deve dipendere solo dalla disponibilità del negozio
sotto casa, ma dalle reali necessità del circuito. E' possibile che cambiando
semiconduttore o package si ottengano senza sforzo i risultati voluti.
Amplificatori audio Gli
amplificatori in classe A hanno la caratteristica di assorbire una corrente
che, sia in assenza che in presenza del segnale, non varia molto.
Lavorando in
condizioni di linearità, non c'è molto che si possa fare sui parametri del
circuito e non ha importanza la tensione di saturazione: la potenza da dissipare sarà valutabile grosso modo alla tensione
di alimentazione per la corrente assorbita ed occorrerà calcolare i
dissipatori in modo adeguato alle condizioni di uso peggiori a cui ci si
aspetta che il circuito funzioni. Amplificatori in classe AB hanno una
corrente a riposo trascurabile, ma anche qui, trattandosi di funzionamento
lineare, non c'è altra via che il calcolo corretto dei dissipatori. Gli amplificatori
integrati, dove sia ritenuto
necessario un dissipatore, sono realizzati in contenitori adatti ad essere
fissati sulle alette di raffreddamento. Questi componenti solitamente
dispongono di sistemi di protezione da sovra riscaldamento, sovra potenza e
corto circuito; questo offre una garanzia in più a chi li utilizza,
ma va ricordato che l' entrata in funzione di queste protezioni non deve
essere considerata una salvagente che para gravi errori nel dimensionamento
dell' alimentazione, del carico, del segnale di ingresso e tanto meno del
sistema di raffreddamento.
Dove l' integrato non preveda un fissaggio a dissipatori, è sempre possibile
applicarne uno con un adesivo termo conduttivo (non certo con i cyanoacrilato
o con una colla per uso generico). Però si tratta di un uso che va oltre le
specifiche del costruttore. Se occorre più potenza, molto meglio cambiare
modello di integrato. Una alternativa meno calda è l' impiego di alimentatori in classe D, la cui
azione in switch mode consente una minore perdita di energia in calore. In tal
senso sono sul mercato si trovano vari modelli di integrati per questa
applicazione.
Circuiti
integrati, processori Se il costruttore ritiene che,
durante il funzionamento, il circuito integrato necessiterà obbligatoriamente
di un dispositivo
di raffreddamento, realizzerà il componente in uno dei tanti package adatti
al collegamento con una aletta. Per il funzionamento senza dissipatore, vale
quanto detto nelle pagine precedenti: la massima corrente estraibile lavorando
senza dissipatore sarà una piccola frazione di quanto indicato nei fogli
dati. Solo con l' applicazione di un dissipatore adeguato sarà possibile
avvicinarsi a questi limiti. In particolare, va tenuto presente che un circuito integrato, anche se si
presenta in un package simile a quello di un transistor, contiene un chip
estremamente più complesso e quindi è meno tollerante ad eccessi di sovra
temperatura. Diventa indispensabile utilizzare un compound termico per
accoppiare al meglio dissipatore e integrato. Questo è esenziale per quei
componenti che sono previsti per lavorare dissipando sempre calore, come CPU, chipset,
chip video, controllo di motori; solitamente le loro superfici di contatto
sono abbastanza limitate e diventa necessario curare il passaggio di calore
tra questa e il radiatore, che, spesso, per evitare di raggiungere dimensioni
eccessive, è dotato di ventola. Se il circuito integrato o il semiconduttore o, in
generale, il componente, non è previsto per il collegamento ad un dissipatore,
questo vuol dire che il costruttore non ne considera l'
impiego e il "tirare" il componente tanto da farlo scaldare
sensibilmente non è certo quello che si dovrebbe; sicuramente è possibile
applicare piccoli dissipatori con un adesivo termo conduttivo, ma in ogni caso
il far riscaldare un componente che non è previsto per questo vuol dire
accorciarne sensibilmente la vita. Meglio sceglierne un' altro più
adatto all' applicazione voluta.
Diodi Anche i diodi scaldano: la potenza persa
è data dalla caduta di tensione in conduzione per la corrente. E, in effetti,
in un alimentatore PC, ad esempio, la parte che dissipa il maggior calore è
costituita proprio dai diodi.
Un
diodo con 0.7V di conduzione a 500 mA dissipa 0.35W. E un diodo con 0.6V di
conduzione e 20 A dissipa ben 12W. Anche qui la soluzione è quella di
utilizzare componenti con la caduta di tensione minima, ad esempio diodi
Schottky che arrivano a 0.3-0.4V. Componenti previsti per dissipare calore
sono realizzati in contenitori simili a quelli dei transistor di potenza
(TO-220, TO-247, ecc) e quindi vanno trattati come tali. Per i diodi in
contenitore cilindrico è il caso di calcolare se il calore prodotto supera le
possibilità di dissipazione del package in aria libera. Dato che non sono
previsti collegamenti a dissipatori di calore, i diodi cilindrici di una certa
potenza sono dotati di terminali di sezione inconsuetamente grande e che ha lo
scopo di offrire una via di smaltimento del calore.
Dovrebbe essere precauzione corrente non saldare questi diodi rasente al
circuito stampato, ma lasciare il corpo sollevato in modo da garantire una
circolazione dell' aria tutto attorno al componente e, ne casi più
"caldi" prevedere una superficie adeguata del c.s. che permetta una
dissipazione del calore. In ogni caso, anche qui, è certamente saggio non lavorare con componenti roventi, ma
scegliere altre soluzioni più adatte.
SCR, TRIAC Altrettanto vale per SCR e TRIAC, per i quali deve essere anche tenuto in buon
conto il fatto che se operano a tensione di rete, la sicurezza dell' utente e
dell' apparecchiatura va garantita, ad esempio isolando il package dall'
aletta di raffreddamento, dato che, assai spesso, il tab o il corpo metallico
è collegato ad uno degli elettrodi e risulta sotto tensione.
Se si vuole evitare questo problema, vari costruttori offrono componenti in
package isolati, ma occorre tenere presente che la la resistenza termica tra
giunzione e package, in questi casi, è abbastanza elevata e limita la potenza
massima dissipabile.
Relè
a stato solido Anche i relè a stato solido,
contenendo TRIAC, SCR e simili possono richiedere un dispositivo di
raffreddamento, principalmente quando si tratta di elementi per il controllo
di potenze elevate.
Solitamente i costruttori forniscono o consigliano i dissipatori adeguati, ma
questi sono funzionali solo se installati in posizioni dove il calore possa
essere smaltito nell' ambiente e siano periodicamente ripuliti da sporco e
polvere che ne riducono la possibilità di scambio termico con l'aria
circostante.
Resistenze Anche
le resistenze scaldano e quelle previste per scaldare molto sono anche
costruite in modo da essere applicate ad un dissipatore (resistenze corazzate,
resistenze in TO-220, TO-247, ecc). Una nota importante va fatta a questo
riguardo: il fatto che si tratti di "volgari" resistenze e non di
"nobili" semiconduttori non determina che queste possono sovra
riscaldare senza alcun pericolo, anzi. Anche i resistori hanno parametri
analoghi a quelli dei semiconduttori. La necessita di un radiatore o la
possibile potenza dissipabile senza radiatore vanno calcolate sempre.
Va tenuto anche presente che le resistenze, anche se tollerano valori elevati
di temperatura, possono avere risvolti poco simpatici sull' ambiente in cui
sono installate: ad esempio, un calore eccessivo e prolungato può
carbonizzare il circuito stampato, ridurre la durata e la sicurezza delle
saldature e la vita dei componenti posti nelle vicinanze, oltre ad aumentare
la temperatura nello chassis in cui è racchiuso il circuito.
Come per i diodi, resistenze "calde" vanno montate ad una certa
distanza dallo stampato, sostenendole con le apposite colonnine metalliche o
ceramiche ed assicurandosi che la temperatura raggiunta non sia problematica
per la saldatura dei reofori o per il resto dell' apparecchiatura.
In
generale Abbiamo visto che il calcolo della potenza
persa in calore e dell' eventuale necessità di un dissipatore dipende da
calcoli abbastanza semplici, secondo un modello fisico-matematico preciso.
Questo nella teoria, in quanto nella pratica è possibile andare incontro a
problemi se non si considerano correttamente tutte le variabili e non si
considera il fatto che un circuito, dopo un certo tempo di lavoro, a seconda
dell' ambiente, potrà trovarsi in difficoltà.
Spesso un approccio pragmatico è molto più pagante che non l' imbarcarsi in
complicate valutazioni. Si procederà al calcolo preciso delle condizioni
termiche di lavoro, ma poi non si ometterà di verificarle nella pratica,
sopratutto se si pensa di replicare più volte la stessa apparecchiatura:
niente porta più facilmente al fallimento di un progetto del fatto di averne
realizzati uno o due prototipi in laboratorio, per poi dare il via alla
costruzione senza alcuna latra verifica. Condizioni di lavoro diverse dal
laboratorio, modi di uso diversi da quelli del tecnico, tolleranze dei
componenti, possono far si che ad un prototipo funzionante faccia seguito una
serie piena di difetti. Anche le valutazioni non vanno fatte
spannometricamente: la temperatura si rileva con un termometro adeguato, non
con un dito. E se l' aletta supera i 60°C è probabile che la faccenda non
possa funzionare, dato che la giunzione del semiconduttore si starà
avvicinando pericolosamente al limite massimo: una piccola variazione di
temperatura ambiente o condizioni del dissipatore e il componente defunge. Inoltre
si deve tenere presente che maggiore è la temperatura, maggiori saranno i
problemi per le parti circostanti. I riparatori TV hanno esperienza di
circuiti stampati carbonizzati da lungo lavoro con installate parti molte
calde o di saldature difettose ai terminali, sopratutto di diodi o resistori
"caldi". In particolare, questi ultimi possono si raggiungere
temperature elevate, ma queste agiscono in modo distruttivo su quanto sta
attorno; è normale che grossi resistori di potenza abbiano un collegamento ai
terminali non con saldatura, ma con dadi e viti, proprio per evitare il
graduale dissolversi della saldatura.
Per componenti caldi montati su circuito stampato è ottima regola installarli
sollevati dallo stesso, con distanziali di plastica termo resistente o
ceramica, onde evitare l' applicazione diretta del calore sul circuito ed una
progressiva perdita di potere isolante dello stesso e possibili danni alle
piste e alle saldature vicine. Ovviamente
il calcolo delle condizioni di lavoro limite può appesantire e rende costoso
il progetto. Non è sensato calcolare la temperatura ambiente a più di 40°C
in ambiente domestico in Europa, ma per una apparecchiatura chiusa in una
scatola poco ventilata, probabilmente è molto meglio usare 60°C e in un
veicolo anche 80°C.
Però, a seconda dell' affidabilità che si vuole dare al prodotto, si può
progettare la dissipazione del calore per un uso medio, considerando che i
massimi valori di potenza potrebbero essere limitati o anche mia sfruttati. Ad
esempio, un amplificatore audio hi-fi può dichiarare anche 100+100W rms, ma ben
difficilmente in un ambiente domestico sarà usata se non una minima parte di
questa potenza; si potranno calcolare i dissipatori al limite, fidando in uso
casuale e limitato alla massima potenza ed aggiungendo qualche sistema di
protezione termica, il che costa meno che non installare enormi dissipatori.
Se però si tratta di un amplificatore PA o per concerti, è probabile che l'
uso sia vicino alla potenza massima e in base a questa considerazione si
calcolerà la dissipazione del calore.
Questa progettazione "per l' uso medio", è, in fondo, quella più
adottata e non c'è niente di strano: ad esempio, un' automobile può
raggiungere i 180 orari, ma chiunque sa che non si potrà tenere a lungo
questa velocità (autovelox a parte) in piena estate perchè si arriverà più
o meno rapidamente ad un sovra riscaldamento del motore. La velocità massima
è una condizione limite e non quella di suo comune.
Questo approccio va fatto con criterio. Non vuol dire che si debba progettare
per i minimi (o meno..) se non addirittura esimersi dai semplici calcoli e
verifiche necessarie per ottenere un qualcosa di sensato; i prodotti
"cinesi" (e, sfortunatamente, non solo fatti in Cina) in cui
la qualità è inesistente sia per privilegiare il guadagno, sia per
incapacità del progettista, sia -purtroppo- per volontà dello stesso di
realizzare prodotti a durata limitata (la cui scuola ha origine in USA e non
in Cina) non hanno niente a che vedere con un prodotto equilibrato e
funzionale e sono uno degli aspetti più immorali e deleteri della tecnica
attuale.
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