Voltage
divider :
il partitore di tensione
|
Sopra o sotto ?
Ci si potrebbe chiedere per quale motivo stiamo facendo
riferimento alla tensione ai capi di R2 e non a quella
relativa a R1.
|
Certamente, se applichiamo due voltmetri al partitore, potremo
misurare una Vr1 e una Vr2, la cui
somma, come abbiamo visto, è pari al valore di Vin.
Nulla vieta di utilizzare la Vr1; questo dipenderà dall'
applicazione.
Ma notiamo che la Vr2 è riferita alla massa, mentre
la Vr1 è "floating", ovvero viene prelevata
tra il centro del partitore e la Vin senza un diretto
collegamento alla massa.
Ora, nella stragrande maggioranza dei casi, la massa è sempre
il riferimento per il circuito successivo, per cui la Vr2
sarà quella da utilizzare. |
Partitore caricato.
Se facciamo un attimo attenzione alla struttura del partitore,
ci risulta immediatamente evidente che fino ad ora abbiamo parlato di tensione
in uscita (voltage divider...), ma non di corrente in
uscita.
E questo a ragione.
Infatti, se supponiamo che il carico applicato alla Vout
assorba una certa corrente, ci troviamo nella situazione in cui attraverso la
R1 dovrà passare sia la corrente al carico, sia quella specifica del
partitore.
|
In queste condizioni, la caduta di tensione su R1 sarà dipendente sia
dalla corrente attraverso R2, sia da quella attraverso il carico R3.
Ne risulta immediatamente che, fissate R1 e R2,
la tensione ai capi di R2 diminuirà non appena applichiamo in
parallelo la R3.
Per cui le formule fino ad ora presentate sono vere solo considerando
che alla Vout sia
applicato un carico nullo o per lo meno trascurabile.
Questo sarà probabilmente vero quando applichiamo un voltmetro o un oscilloscopio o l' ingresso di un
convertitore AD o di un amplificatore operazionale e simili: tutti questi presentano elevate impedenze di ingresso
e, dimensionando opportunamente le resistenze del partitore, possiamo
fare si che la resistenza del carico sia trascurabile.
|
Nella pratica, però, un qualsiasi dispositivo collegato sulla uscita
del partitore avrà una certa impedenza di ingresso, la quale si
troverà in parallelo alla R2, variando così il rapporto di divisione.
"Trascurabile" è inteso nel senso in cui l' aggiunta in
parallelo di R3 a R2 ne modifica il valore in modo poco significativo per
rapporto di divisone, o meglio, al di sotto dell' errore che possiamo
accettare in quella data applicazione. Questo
accade quando
R3 >> R2. Se prendiamo R2 = 100 Ω
e mettiamo in parallelo una R3 = 1MΩ, il valore
della R2 per il partitore diventa: R2 ||
R3 = (R2 * R3) / (R2 + R3) = 99,99 Ω con un
errore dell' 1% nel calcolo del rapporto di divisione del partitore.
Se però colleghiamo una R3 = 1kΩ ci ritroviamo
un parallelo del valore di 90,9 Ω il che porta nel partitore
un errore di quasi il 10%.
Dal punto di vista delle formule per risolvere il caso, partiamo dalla
considerazione che la corrente di ingresso nel partitore sarà data dalla somma delle
correnti che attraversano la serie dei due resistori più la corrente
assorbita dal carico.
Iin = Ir2 + Iout
Questo significa una maggiore potenza persa in
calore per effetto Joule su R1.
In queste condizioni avremo che:
Vout = Vin * (R2 || R3) / (R1 + R2 || R3)
(8)
dove
(R2 || R3) = (R2 * R3) / (R2 + R3)
L' immediata considerazione pratica è quella vista prima,
ovvero quanto maggiore è
il valore di R3 rispetto a R2, tanto meno essa
influenzerà il valore del parallelo R2 || R3. Più il
valore di R3 si abbassa, più sarà alterato il rapporto del
partitore.
Il partitore resistivo, dunque, è tanto più corretto quanto
più le correnti di carico sono tendenti a zero. Ed in effetti ricordiamo che
la definizione di voltage divider è quella più corretta.
Un esempio classico è la misura di una tensione: abbiamo una tensione
elevata, ad esempio 100V, e la dobbiamo misurare con un voltmetro che ha una
impedenza di 1 MΩ su un fondo scala di 10V.
Quindi:
Vout / Vin = 10 /100 = 1/10
Potremo scegliere R1 = 900 kΩ e R2
= 100 kΩ. Se non esistesse carico, la Vout sarebbe 10V.
In altre parole, se l' impedenza di ingresso del voltmetro fosse infinita,
il suo carico sarebbe zero e non influenzerebbe la tensione ai capi della R2.
Ma se lo strumento ha una sua resistenza di 1MΩ,
essa sarà posta in parallelo alla R2 e la Vout
sarà solamente di 9.1743 V.
Questo rende conto del fatto che, applicando un tester in posizione volt
ad un circuito, la sua inserzione potrà falsare sia la lettura, sia le
correnti nel circuito, qaundo le impedenze di questo sono maggiori o
analoghe a quella
dello strumento. |
Un tipico tester a lancetta (il
classico tester ICE...) ha una resistenza che è indicata in ohm per volt, ad
esempio 20000 ohm per volt.
Il che indica un carico dello strumento di 200kΩ nella
misura della tensione di 10V. In queste condizioni, l' applicazione
del tester per misurare la Vr2 ne produrrà una riduzione a soli 6,89V.
Maggiore sarà la resistenza specifica del tester, minore sarà il suo effetto
sulla misura; così un tester con 60kohm per volt sarà migliore di quello da
20 kohm per volt, e così via.
Vin |
R1 |
R2 |
R3 |
Vout |
errore |
100
|
900k
|
100k
|
- |
10 |
0 % |
200k |
6.89 |
31% |
600k |
8.69 |
13% |
1M |
9.17 |
8.3% |
10M |
9.91 |
9% |
Solitamente i tester digitali, che hanno
sistemi di ingresso costituiti da circuiti elettronici attivi, hanno impedenze tipiche di
1-10 Mohm; la loro inserzione influenzerà meno la misura.
Dovrebbe essere ora chiaro che anche una semplice misura di tensione
può, a volte, nascondere qualche problema di non immediata comprensione.
Possiamo applicare diverse vie per correggere il problema:
La prima consiste nel rendere R2 << R3 :
quanto minore sarà la R2 rispetto alla R3, tanto
meno sensibile sarà il suo carico. Questo dovrebbe essere evidente dalla
relazione:
Rt = (R2 || R3) = R2* R3 / (R2 + R3)
e quanto più R3 è maggiore di R2,
tanto meno influisce nel rapporto.
Ad esempio, con R1 = 90kΩ e R2
= 10 kΩ, la Vout sul carico R3 = 1 MΩ passerà
a 9.910V.
E' evidente, però, che non sarà possibile abbassare il
valore di R1 e R2 oltre un certo limite, in quanto la corrente assorbita dal
partitore non potrà caricare in modo indiscriminato la Vin.
Se usassimo R1 = 900 Ω e R2 = 100 Ω,
la Vout sul carico da 1 MΩ diventerebbe 9.999V, con un
errore inferiore allo 0.1% rispetto al valore desiderato di 10V.
Per contro la corrente attraverso la serie R1-R2 (escludendo la
debole corrente attraverso la R3) sarebbe:
I = Vin / (R1 + R2) = 100 / (900 +100) = 0.1A
il che, per una misura di tensione, non è certo poco.
Con R1 = 90 kΩ e R2 = 10 kΩ la corrente è 10 volte
inferiore, ma l' errore del partitore è dell' 8%.
In sostanza, quello che cercheremo come soluzione migliore sarà la
riduzione dell' errore della misura all' interno del range che riteniamo
ammissibile in quella misura.
Se, ad esempio, la tolleranza massima ammessa è del 10%, anche
l' ultima coppia di resistenze elencata sarebbe adatta. |
Una seconda possibilità è quella di calcolare con precisione
il valore di R1 e R2 in relazione alla presenza
di R3 con la relazione (8) prima vista.
Questo richiede solitamente di utilizzare resistori di precisione elevata. C'è da
dire, però, che spesso non è possibile reperire i valori adeguati perchè
anche nelle serie più ampie, come la E96 essi non sono compresi. Si
potrebbe, allora, realizzare il valore voluto con serie/parallelo di valori
normalizzati.
Questo è sempre possibile, ma si scontra con un elemento che
troppo spesso non viene considerato, ovvero che, come ogni altro
componente elettronico, i resistori sono afflitti da una certa tolleranza. Ne risulta che
il partitore potrà al massimo avere la precisione dei resistori di cui è
composto. Commercialmente è facile reperire elementi all' 1%; si trovano
anche resistenze con precisione maggiore, 0.1% o meglio, ma il loro costo è
solitamente così elevato da poter essere sensato solamente in applicazioni
molto particolari. Inoltre, se la tolleranza delle resistenze che
compongono serie o eventuali serie/parallelo sfortunatamente tende in direzioni
diverse, la precisione dell' array diventa tanto peggiore quanto maggiore è
il numero dei componenti impiegati.
Certamente sarebbe possibile verificare con uno strumento le
resistenze ed ottenere un partitore preciso, ma, a parte il tempo necessario
per misurare e scartare ed accoppiare i valori voluti, la precisione è
comunque data dalla precisione dello strumento usato, che, nelle misure
ohmmetriche non è mai elevatissima.
Quindi, volendo agire sull' hardware, la soluzione per
"aggiustare" (dall' inglese to adjust...) il rapporto del
partitore, dove è necessario, si ricorrerà piuttosto ad inserire al posto di
una delle resistenze un trimmer, magari multigiri, e variarne il valore fino
ad ottenere la giusta divisione tra tensione di ingresso e tensione di uscita,
come vediamo più avanti.
Questo se abbiamo a che fare con un circuito
"passivo".
Se abbiamo, invece, a che fare con una conversione AD operata
dal microcontroller, la via più semplice è quella di effettuare una
correzione software sul valore letto dal modulo convertitore in modo da
considerare l' errore introdotto dal carico sul partitore.
Comunque, va detto che solitamente gli ingressi dei
convertitori AD hanno impedenze sufficientemente elevate da non influire sui
valori del partitore, mentre possono presentare altre
problematiche.
Così come carichi con alte impedenze, come quella di un
oscilloscopio, che è tipicamente di 10 Mohm, influenzeranno solamente circuiti
con analoghi valori di resistenza.
|