Tutorial - Elettronica

 

VVV: Variare la Velocità delle Ventole


La seconda puntata del tutorial sulle ventole PC. 


Da quanto visto finora dovrebbero essere chiare alcune differenze sostanziali tra i motori a campo rotante in corrente alternata e questi BLDC utilizzati nelle piccole ventole per PC.

Pur essendo necessario in entrambi una "rotazione" del campo magnetico sullo statore che trascini con se in rotazione il rotore, il campo magnetico generato da correnti alternate sinusoidali ha un andamento molto differente da quello generato da impulsi di corrente.

Nel motore "base" di G. Ferraris le due correnti sinusoidali sono sfasate tra di loro nel tempo dello stesso angolo con cui sono sfasate nello spazio le bobine. Il campo magnetico di una coppia polare passa da un massimo ad un minimo di senso opposto secondo una progressione "uniforme", determinata dall' andamento sinusoidale della corrente. E il campo magnetico alla coppia polare successiva segue l' andamento del primo con uno sfasamento temporale che origina un fluido ruotare delle polarità.

Nel motore bi fase delle ventole una coppia polare è alimentata al massimo, da un impulso di corrente, mentre la coppia successiva è del tutto non alimentata; dopo di che si scambia la situazione: il campo non circola fluidamente attorno allo statore, ma ora è qua, ora è la là, comandato da un' onda quadra che passa dallo zero al massimo senza intermedi.

 

Nel campo sinusoidale il "ruotare" è determinato dallo sfasamento tra le due correnti che alimentano le bobine. 
Nel motore delle ventole la "rotazione" è determinata dal succedersi a scatti di bobine alimentate e non alimentate.

Tra l' altro, un "campo rotante" creato da impulsi richiede la presenza di tempi morti (dead zone) in cui è opportuno che le bobine non siano alimentate contemporaneamente onde evitare impuntamenti nel passaggio delle coppie polari del magnete in rotazione davanti alle espansioni. dello statore.

In ogni caso, per un angolo di 90 gradi, solamente una coppia polare fornisce il campo magnetico e questo si traduce in un movimento " a strappi" compensato dall' inerzia della massa rotante che fa da "accumulatore" di energia.

 

Si può ben comprendere come siamo ben lontani dalla fluidità di un motore in alternata sinusoidale.
Certamente, aumentando il numero di coppie polari, tanto nel motore "sinusoidale" quanto nel BLDC si ha un miglioramento del rendimento, in quanto il trasferimento di energia dal campo magnetico alla rotazione meccanica è più costante e lascia meno all' inerzia; in pratica si verifica che la situazione trifase (tre sinusoidi sfasate di 120 gradi) costituiscono il migliore compromesso tra complessità costruttiva e prestazione.

Nei motori  BLDC, però questo "three-phase power" è meno marcato, in quanto l' alimentazione non è sinusoidale, ma impulsiva e presenta quindi problematiche differenti.
Ciò non toglie che motori in cui necessita sia una potenza maggiori a parità di volume, sia la possibilità di un controllo reale della velocità del rotore vengano realizzati in tecnica trifase anche nel campo dei brushless.

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Ad esempio, questo è il tipico motore di rotazione di un drive CD-DVD.
Praticamente del tutto integrato nel circuito stampato di supporto, viene controllato da un apposito chip (in questo caso il BA6991 di Rhom) che, assieme a pochi altri componenti, consente una reale regolazione della velocità, oltre a fornire sufficiente energia per portare in rotazione il piattello del CD, sotto controllo del microprocessore principale del drive.
Anche qui è presente un sensore di Hall per il segnale tachimetrico e di sincronismo (nella foto il componente a 4 pin a ore 4 rispetto allo statore).
Sul rotore, che qui è completamente coperto da una cappa metallica amagnetica per isolare quanto possibile i disturbi creati dalla commutazione sulle bobine, si nota una parte di questa copertura in cui è stata ricavata una fessura dove il magnete sporge lievemente all' esterno con una espansione, per azionare il sensore di Hall.
L' insieme della realizzazione è ben più elaborato e complesso (e costoso) di quello bi-phase delle ventole finora viste.

In ogni caso dovrebbe essere chiaro che, a differenza dell'esempio sopra esposto, il motore bi fase delle ventole, se è un capolavoro di semplicità costruttiva, non ha nella sua elettronica un vero e proprio "controllo".
L' elettronica, infatti, non ha funzioni di "controllo", ma è solo il minimo essenziale per temporizzare gli impulsi di corrente alle bobine. Anche il sensore di Hall ha una funzione di "controllo" o feedback grosso modo pari a quella di un fine corsa.
Non esiste alcun sistema per "controllare" la velocità, a parte il bilanciamento naturale tra energia fornita e resistenze da vincere per la rotazione delle pale; quindi la velocità è controllabile dall' esterno solo con la variazione della tensione di alimentazione. Riducendo la tensione di alimentazione, nei limiti che consentono ai componenti elettronici di funzionare correttamente, si riduce la quantità di energia fornita al campo magnetico e quindi si costringe il sistema a stabilizzarsi su una velocità di rotazione minore.
Non esiste, però, un sistema di controllo della coppia e della velocità che permetta accelerazioni e decelerazioni controllate, ne tanto meno un sistema che eviti lo stallo e/o consenta un riavvio.

Sia ben chiaro che non è impossibile implementare un diverso sistema di controllo più efficace e sofisticato, ma per lo scopo per cui sono costruiti questi motori non serve; sarebbe solo un aumento di costo.

Il fatto che in altre applicazioni, come nei motori che trascinano i dischi, rigidi o ottici, le esigenze di controllabilità siano ben diverse dà origine a motori realizzati in modo differente e con veri "controller" in grado di controllare realmente e dettagliatamente il motore.

Però può capitare di sentire la necessità di regolare anche la velocità delle ventole PC: questo dipende essenzialmente dal fatto che, a pari caratteristiche meccaniche, maggiore è la loro velocità, maggiore è la quantità di aria spostata e quindi maggiore è l' effetto "raffreddante" (sul quale sarebbe necessaria un' altra discussione perchè si tratta di un altro di quei fatti che paiono di comune comprensione, mentre in realtà è fenomeno del tutto mal compreso da troppi).

Il problema che sorge è il seguente: più velocità, più "fresco", ma più velocità, più rumore, sia per quello meccanico dovuto alla costruzione dei supporti, sia, sopratutto, per quello delle pale che "tagliano" l' aria.

Solamente una progettazione ed una realizzazione estremamente accurata di ogni particolare della ventola può portare ad una riduzione sensibile del rumore. Ma usare tempo e mezzi per la ricerca della migliore curvatura delle pale e l' impiego di materiali di elevata qualità si scontra sempre con il fattore costo. 
Ne risulta che l' unico modo per avere ventole ragionevolmente silenziose è o pagarle il giusto prezzo o utilizzarle a velocità ridotta.

Senza bisogno di "regolatori" questo si può fare scegliendo dai cataloghi ventole di diametro o di spessore maggiore, ottenendo così lo stesso flusso d' aria con una velocità minore.

Negli altri casi si agisce secondo il seguente principio: fino a che la temperatura è bassa, serve poca circolazione di aria; a mano a mano che la temperatura sale, sale anche la velocità. Così si avrà un sistema silenzioso fino a che è usato mediamente in condizioni di limitata dissipazione e diventerà più rumoroso solo all' aumentare della potenza dissipata.


Variazione di velocità analogica.

Quanto detto è un caso tipico di regolazione analogica. 
Abbiamo detto che, data la loro struttura, la velocità della ventola può essere variata solamente variando la tensione di alimentazione (e ricordando che la riduzione di velocità dovuta alla riduzione della tensione è conseguente al fatto che si riduce la potenza trasmessa alla girante).

Dunque il sistema più semplice sarebbe quello di inserire una resistenza in serie al motore: la corrente che lo attraversa, a seconda della resistenza, produce una caduta di tensione e diminuisce quella disponibile ai capi del motore. 

La soluzione, se pur iper semplice ed adeguata a molte situazioni, presenta alcuni problemi:
1 - sulla resistenza si dissipa una potenza persa in calore, proporzionale alla corrente che la attraversa

P = cdt * Im = R * Im2

Non si tratta di grandi valori, ma comunque è sempre calore in più. Ad esempio, volendo portare a 9 volt la tensione su una ventola che consuma 100 mA a quella tensione, sarà necessaria una resistenza da

R = (Vin - Vm) / Im = (12-9) / 0,1 = 30 ohm

e della potenza di :

P = cdt *Im = (12-9) * 0.1 = 0,3 W

e si potrà usare una 27 o 33 ohm da 1 W.


2 - la corrente assorbita dal motore varia a seconda della tensione con cui è alimentato.
Per cui il calcolo sopra fatto è valido se la ventola assorbe 100 mA a 9V. Perchè se assorbe 100 mA a 12V, a 9 V la corrente sarà minore.
E la potenza assorbita varia anche in funzione della resistenza dell' aria, ma questa la possiamo ritenere costante.


3 - In ogni caso, con una resistenza di valore fisso possiamo ridurre la velocità della ventola ad una valore fisso.

Per ovviare al problema di rendere variabile la velocità possiamo sostituire la resistenza fissa con una variabile.

Il problema che si pone qui è la dissipazione sul potenziometro. 
La corrente che alimenta una ventola tipica per PC è dell' ordine del centinaio di milliampere, il che non richiede un reostato da tram, ma non va bene neppure un potenziometro per audio. Ci vorrà un potenziometro a filo e questo costa ben di più della ventola stessa.

Nell' esempio del caso precedente, volendo variare la tensione tra 6 e 12V, il potenziometro potrà avere un valore di 50 ohm circa e dovrà essere un elemento a filo da 2W per sicurezza.

Possiamo allora effettuare la regolazione per variazione di tensione attraverso un regolatore a tre terminali variabile, ad esempio il classico LM317. In questo caso il potenziometro di regolazione è un trimmer generico e la potenza è dissipata solo dall' LM. Questa è l'application standard di un componente più che noto.

Si presenta però un problema di cui nessuno pare tener conto: 

  • in una situazione del genere il motore da 12V nominali non potrà mai essere alimentato a 12V data la caduta di tensione sul regolatore (non ci sono nel PC fonti di tensione superiori ai 12V) e quindi la ventola potrà avere un campo di regolazione solo inferiore al massimo.

Tensione massima sul motore = tensione di alimentazione - caduta di tensione sul regolatore

Per un funzionamento stabile, il costruttore dichiara la necessità di una differenza tra tensione di alimentazione e tensione di uscita di 3 V, il che porterebbe la tensione massima sul motore non a 12V, ma a solo 9V.

Questo di per se non è un problema: lo scopo era proprio quello di ridurre la velocità della ventola e, se proprio occorre disporre anche del massimo della portata di aria basta impiegare una ventola con caratteristiche di portata maggiori, in modo da vere quella richiesta anche se l' alimentazione non arriva a 12V.

Altra possibilità è utilizzare una classe di regolatori molto più valida ed attuale rispetto ai vecchi LM317/78xx, ma del tutto trascurata dagli sperimentatori, ovvero un LDO, ad esempio del genere del MIC2941 che ha una cdt interna dell' ordine di qualche 250 mV massimi con una corrente di 250 mA.

Si tratta di un componente in TO-220, ma a 5 pin, con GND e ADJ separati, oltre ad un pin di shutdown. 

L' application è del tutto analoga a quella dell' LM317.

Con una caduta dell' ordine del centinaio di mV la tensione massima applicabile al carico potrà essere veramente molto vicina a quella di alimentazione.

Però, in tutti questi metodi lineari è richiesta la caduta di tensione, che si traduce in calore sull' elemento di regolazione; il che vuol dire una certa quota di energia persa e una ulteriore fonte di calore nel PC.

Per curiosità, i variatori di velocità delle ventole PC made in China sono praticamente tutti realizzati semplicemente comandando con un potenziometro la base di un darlington composto da due NPN che hanno sul collettore il carico dato dal motore della ventola.

Altri, più "raffinati", utilizzano semplicemente questo (da un regolatore Zalman):

Oh, vertigine del sommo della tecnologia! 

Niente condensatori di stabilizzazione, niente diodi di protezione niente " raffinatezze particolari", ma solo il minimo indispensabile per fare il lavoro richiesto. Il regolatore a tre terminali, uno dei tanti equivalenti cinesi della serie 7805/06, assicura una tensione minima di avviamento della ventola.

Ed è anche più che corretto, perchè è inutile una installazione NASA per lanciare aerei di carta.

 


PWM

Si può pensare allora ad una regolazione in PWM: viene sempre applicata la tensione massima, ma a impulsi di ampiezza variabile, sottraendo al carico una parte della potenza disponibile, potenza sottratta che non viene dissipata in calore, ma semplicemente non erogata durante i tempi di off del PWM.

Però, se questo è perfettamente corretto applicandolo ad una resistenza, in cui la potenza sarà proporzionale al duty cycle del PWM, da 0 al 100%, in un motore le cose sono diverse.
Sopratutto se il motore è un BLDC come quello descritto.

Quale è il problema ?

Dovrebbe essere chiaro che l' alimentazione fornisce potenza al motore solamente quando le bobine sono eccitate. E qui sono eccitate da impulsi on/off, due per ogni giro.
Ricapitoliamo: 
- una coppia polare viene "accesa": attira il magente-rotore. 
- prima che il polo del rotore si allinei con l' espansione polare dello statore, la corrente alla bobina viene sospesa e viene alimentata la successiva coppia polare. 
- Il rotore, per inerzia, supera il polo inattivo e viene attirato dal successivo, che ora è attivo. E così via.

Pensiamo all' effetto che ha il PWM su questo gioco di switch; ad esempio, il PWM sospende l' alimentazione al motore nel momento in cui viene azionata una bobina; ne deriva che per il tempo di off del PWM quella bobina NON fornisce alcuna energia al motore, che procede esclusivamente per inerzia, per poi ricevere una "botta" magnetica non appena una bobina viene alimentata. 

Ci si può immaginare l' effetto complessivo del sovrapporsi degli impulsi PWM, dissincroni da quelli del "controller" interno.

Il primo risultato, il più importante, è che alle basse velocità di rotazione la tendenza di questo tipo di motore è quella di diventare non meno, ma MOLTO PIU' rumoroso, con il tipico scampanio che si genera nel gioco pseudo-casuale di on/off  dei transistor interni e del PWM.
In particolare, basse frequenze di PWM sono molto più "scampanellanti" di alte frequenze; quindi, piuttosto che un PWM a bassa frequenza, sarà consigliabile una frequenza elevata. Anche se questo può dare facilmente origine al caratteristico sibilo del battimento tra le frequenze del PWM e quelle della commutazione.

Inoltre, il comportamento "acustico" della ventola sottoposta al PWM è del tutto imprevedibile perchè dipende dalle sua caratteristiche costruttive; e ci sarà la ventola che sembra il campanello di fine lezione e quella più educata, ma, a priori, NON discerrnibile e quindi determinabile solo dopo prove pratiche. Molto aleatorio.

Ci sarebbe un sistema per rendere efficace un PWM: quello di sincronizzarsi con lo switch interno e parzializzare non a caso, ma solamente durante il tempo di on delle bobine.
La cosa però è poco fattibile, sia per la complessità del circuito da implementare, sia per il problema della non uniformità delle caratteristiche costruttive, sia perchè, dato che il motore non ha nessun tipo di controller gestibile dall' esterno, il ciclo di switch dei due transistor è legato esclusivamente alle caratteristiche costruttive e rilevabile esternamente in modo grossolano solo attraverso il segnale tachimetrico. 
Poco fattibile, non impossibile: in una esercitazione di mechatronica si è posto un problema simile e trovata una soluzione, ma, come al solito, assolutamente impropria dal punto di vista economico.

Un altro problema riguarda la forma più semplice di switch PWM, che  è quella con un transistor NPN o MOSFET N che interrompe il polo negativo del carico.

MIC502 è un PWM controller di Micrel e risolve il problema meglio del solito 555.

Funziona, ma nessuno pare tener presente un altro fattore: ricordando come è realizzata l' uscita tachimetrica, ci si accorge subito che con questo modo di PWM il segnale tacho è del tutto in palla, diventando un mix tra il segnale del PWM e quello della commutazione interna del motore, e quindi del tutto inutilizzabile. Quando il transistor interruttore è aperto, non arriva tensione alla ventola e quindi l' open collector interno del tacho è separato dal GND.

Ultimo punto riguarda il fatto che con un PWM on/off sul carico si ottiene una corrente a impulsi sull' intero sviluppo dei cavi di collegamento tra la ventola e il regolatore, con la corrispondente generazione di uno spettro di disturbo elettromagnetico la cui energia è proporzionale alla corrente che viene interrotta. La corrente non è elevata, ma anche solo un centinaio di mA commutati a onda quadra, a cui si somma il segnale di disturbo generato dalla ventola stessa, è facilmente avvertibile con un ricevitore radio posto nelle vicinanze.

Apriamo una parentesi a riguardo: i motori brushless, non hanno le brushes, ma non per questo sono esenti dalla generazione di disturbo elettromagnetico. In questo caso non si avrà scintilla sulle spazzole, ma la rapida commutazione della corrente nelle bobine crea comunque un segnale che si sovrappone alla tensione di alimentazione.

Questa è la tensione di ripple misurata ai capi di una ventola comune.

Si nota bene l' effetto della commutazione che somma più di 500 mV di rumore.

Questo non da alcun problema al resto del circuito, in cui gli spikes dovuti al funzionamento digitale sono ben più imponenti.
In ogni caso, l' aggiunta in parallelo ai morsetti del motore di un condensatore elettrolitico di piccola capacità è sufficiente a ridurre decisamente il ripple. 

In un mondo afflitto da una "atmosfera" densa di segnali elettromagnetici da fare impressione, l' aggiungerne altri, anche se di piccola potenza, non è un' opera pia. 
E, anche se di piccola potenza, in un piccolo raggio sono fonte di disturbo per altre apparecchiature, dalle TV alle radio e perfino agli Hi-fi (e ogni radioamatore ha tribolato a volte non poco per far entrare nella sua stazione una fonte di disturbi così efficace come il PC).

Anche se interrompiamo il polo positivo il segnale tacho viene disturbato e comunque il problema del battimento a bassa velocità con relativo rumore è sempre presente.

Quindi, anche se apparentemente in accordo con lo stato dell' arte dell' elettronica, la regolazione in PWM così imposta non presenta alcun vantaggio, se non una piccola riduzione dei pochi milliwatt persi sulla regolazione lineare, contro probabili e seri svantaggi di rumore meccanico ed elettrico. Inoltre si tratta di circuiti il cui costo è pari o supera quello della ventola stessa.

In PWM, l' unica via possibile per regolare questi motori ed eliminare i problemi evidenziati è quella di utilizzare uno switch high-side, che generalmente si realizza con un MOSFET P, seguito da un gruppo D/L/C a creare uno step-down, ovvero a regolare in PWM non la corrente che passa nel motore con un brutale on/off, ma a costituire un regolatore di tensione.

Il PWM controller può essere un chip dedicato, come i vari UC o il già visto di Micrel, ma anche il solito 555.
Non serve alcun dissipatore per il MOSFET, data la bassa corrente erogata e si può usare anche un componente in EXDIP del genere IRFD9110 o simile, anche in smd.

Da notare che il duty cycle viene limitata in basso al 50/55% per evitare che sulla ventola sia applicata una tensione troppo bassa per l' avviamento.

A questo proposito è utile ricordare, di nuovo, a chi intenda fare un regolatore di velocità per le ventole PC che il limite minimo della tensione applicabile per avere un sicuro avviamento è un punto del tutto trascurato da gran parte degli schemi presenti sul web, proprio perchè manca la conoscenza di come funziona il motore.

Infatti si verificano due punti che, se non giustamente considerati, portano irrimediabilmente alla ventola ferma:
1 - la ventola a 12V, una volta in rotazione, si mantiene in rotazione a bassa velocità anche per tensioni al di sotto dei 6V. Però si potrà osservare con facilità che, se la ventola avviata gira ancora con 4V, da fermo con 4V non parte !!!
2 - la ventola, se nuova, ha il minimo di attriti. Dopo ore di lavoro e chili di polvere, la situazione è diversa. Per cui, se ho verificato che la ventola parte con certezza, a nuovo, con 5V, è quanto mai difficile che questa tensione sia ancora sufficiente già dopo un po' di ore di lavoro.

Solitamente si parte dal presupposto di sicurezza di non fornire mai meno di metà della tensione nominale, anche se con ventole a 12V, 6- 7V sono un limite minimo più sicuro.

E se la ventola è bloccata ? Semplicemente non gira. 
Elettricamente, se si è seguito quanto fino ad ora detto, dovrebbe essere chiaro che, a rotore fermo e tensione presente, uno dei due transistor conduce e l' altro no, per cui si avrà una bobina eccitata, che contribuisce a mantenere in stallo la girante e basta. Se i transistor sono sufficientemente dimensionati, non succede alcun guaio; ci sarà solo una dissipazione di calore in quanto tutta la corrente attraverserà l' avvolgimento. Trattandosi però di correnti piccole, si spera che anche i semiconduttori, fondi di magazzino, usati in queste applicazioni siano sufficientemente dimensionati.

Sempre parlando di limiti, l' idea di sovra alimentare le ventole per ottenere una maggiore velocità pare intelligente (caspita, ho capito come funziona il motore: meno tensione, meno velocità, ma più tensione, più velocità) è, invece, una bruttissima idea perchè ha due immediate conseguenze:
1 - accorcia drammaticamente la vita delle parti meccaniche già di per sè limitata dalla qualità non eccelsa dei materiali
2 - porta un reale rischio di bruciatura della giunzione dei transistor per l' aumento della sovra tensione durante le commutazioni.
Se si vuole "più aria" basta scegliere dai cataloghi una ventola con una portata maggiore.

Oltre a questo va puntualizzato che nell' alimentatore PC non ci sono tensioni superiori a 12V. 
Il furbetto dell' alimentatorino ottiene un magico 17 V o un esoterico 15,3 V collegando il carico rispettivamente tra il +12 e il -5 o tra il +3.3 e il -12.
Che è un' altra sciocchezza al cubo, in quanto l' alimentatore PC non è previsto per erogare correnti incrociate sui vari rami (le quali non rientrerebbero nel sistema di stabilizzazione), oltre al fatto che i rami negativi sono ottenuti spesso con tre terminali tipo 7905/7912 praticamente privi di radiatore o con una derivazione dal trasformatore principale raddrizzata con piccoli diodi.
Per fortuna di solito non succede niente, non per la genialità del furbetto, bensì perchè le correnti assorbite da una ventola sono assai piccole rispetto quelle che gestisce l' alimentatore. Ma se venisse in mente di prelevare correnti maggiori, il fil di fumo è in agguato. 
Ovvero si può anche attraversare le rotaie quando il passaggio a livello è abbassato, ma avendo cognizione di quello che si sta facendo.


Regolare in funzione della temperatura

Se rendiamo la ventola regolabile manualmente, ci troviamo di fronte ad una specie di non senso, dato che la velocità della ventola dovrebbe essere proporzionale alla temperatura; ci si troverebbe costretti ad fare da "controller" in una regolazione manuale temperatura/velocità. Non può arrangiarsi l' automatismo da se ?

Certo che può. E' ormai normale avere negli alimentatori PC un sistema di controllo proporzionale della velocità in funzione della temperatura interna.
Anche qui, in generale, non ci troviamo di fronte a circuiti con microcontroller DSP e curve di risposta calibrate, ma cose del genere:

Che, in pratica, sono così:

Sostanzialmente la resistenza di un darlington viene ridotta in funzione del valore della NTC, fino a portarlo in saturazione oltre una certa temperatura. Ne risulta una variazione tra circa metà tensione e il massimo per temperature tra pochi gradi e 40-60 gradi Cosa faccia il circuito al di sotto dello zero non saprei, ma le specifiche di funzionamento dell' alimentatore (o regolatore o ventola o PC) parlano chiaramente di range di temperatura commerciali e quindi chi vuole far funzionare correttamente il PC in inverno sul K2 dovrà attrezzarsi opportunamente con qualcosa a norme MIL.

Anche qui si tratta di un circuito del tutto "funzionale", privo di qualsiasi raffinatezza e il cui funzionamento senza tarature si basa solo sull' equilibrio dei componenti scelti. Si tratta, come per i motori delle ventole, di cui sono la controparte, di circuiti che-meno-di-così-non-si-può, però, nel loro piccolo, funzionano. 

Si trova anche qualcosa di più complesso, come questo circuito in cui, oltre al controllo della velocità, c'è anche il controllo dello stallo con relativo allarme e avviamento di una ventola di emergenza. Si nota bene il cavo inguainato della NTC (solito elemento cinese da 10 K).  Il circuito è del tutto convenzionale, con operazionali come amplificatori.

Ma sono casi abbastanza rari, dedicati ai sistemi non consumer. Per curiosità, il circuito in foto fa parte di un sistema di allarme e backup ventole all' interno di una alimentazione per server (Ablecom), dove la necessità di un ordine maggiore di sicurezza e il costo generale giustificano una complicazione del sistema di gestione delle ventole.


Le ventole termo controllate.

Quale è realmente lo scoglio da superare ? E' il fatto che il motore delle ventole così realizzato NON ha alcun modo efficace per essere controllato dall' esterno !
Per fare qualcosa di efficiente occorre agire all' interno.
Sono stati quindi realizzati degli integrati che "controllano" le due fasi della ventola in funzione del segnale che arriva da un sensore di temperatura collegato alla ventola stessa.

Questo è un esempio di applicazione di un controller Zetex, che ricalca la solita configurazione a due open collector:

Il controller diventa ovviamente più complesso e utilizza la variazione del valore del termistore per un controllo in PWM dei transistor in uscita przializzando la fase on di alimentazione delle bobine. 

Una raffinatezza: oltre al segnale tachimetrico (FG) viene generato anche un allarme (RD) in caso di blocco del rotore. Inoltre è regolabile con una resistenza esterna la velocità minima (R4), per evitare lo stallo da tensione troppo bassa, come già spiegato in precedenza.

Essendo il "controller" interno alla ventola sono eliminati tutti i problemi di cui sopra. 
Salvo che non sempre si tratta di elementi realmente silenziosi o la loro curva di regolazione, che non è accessibile, non è detto sia la più adeguata ad una certa applicazione. 

 

Sarà spesso necessario bilanciare la regolazione con il posizionamento opportuno del sensore di temperatura, dove possibile.


Per un filo in più...

Ovvero una soluzione con gran dispendio di tecnologia per risparmiare pochi milliwatt.

In tempo di penuria energetica, dove i richiami al risparmio puntano assai spesso, piuttosto che sul risparmiamo a carico nostro, sul risparmiamo-a-carico-degli-altri, anche i PC sono colpiti da questa tendenza.

Dopo aver abolito l' interruttore, passando da AT ad ATX, in favore del pulsante e del PC-sempre-acceso (dove sta il risparmio energetico ?), a consumare in stand-by svariati watt a cos phi pazzeschi (tipico 0.2), ci si è accorti che, visti i milioni di PC esistenti, forse qualcosa si poteva fare anche lì. E se adesso con le nuove tecnologie 85+ lo standby c'è sempre (vuoi mettere accendere l' apparecchio, PC o TV, dal telecomando stando in poltrona alla Simpson ?), si è finalmente puntato ad ottenere sistemi che siano in qualche modo diversi dalle stufe (Pentium Prescott docet). 
Ma scaldano comunque ancora in abbondanza e le ventole sono sempre necessarie (e vorrei vedere: con VGA che ciucciano 200W e più, alla faccia del risparmio energetico...)..

Ora, le ventole non solo consumano energia, ma fanno rumore e questo è un problema più sentito del precedente. Aumentando la voracità energetica dei sistemi ci si è trovati ad un certo punto ad avere la necessità di far circolare molta aria e quindi avere ventole veloci e in quantità. Il PC è diventato rumoroso come un jet al decollo.
Questo ha portato l' utente a cominciare a trovare la cosa decisamente eccessiva e spinto (anche se a gran fatica...) i costruttori a cercare soluzioni.

In sostanza, il ragionamento è semplice: non ha senso che la ventola giri alla massima velocità sempre; occorre invece che essa possa fornire il volume di aria adeguato ad ogni condizione termica. Per cui, se CPU e GPU, memoria e dischi lavorano a bassa energia, basterà un debole flusso d' aria (leggi: una bassa velocità di rotazione delle ventole, con il relativo contenimento del rumore), mentre la velocità sarà aumentata in proporzione al calore da dissipare.
Questo, allo stato attuale della tecnologia non è certo un problema. Il problema semmai è quello di far rientrare l'innovazione nei termini previsti dal budget (la cui base è sempre: quello che non c'è, non costa).

In alcuni casi, con le ventole a tre fili (tachimetriche), su schede madri e a volte anche su schede video, si è provveduto a fornire un controllo, di solito lineare, della tensione alla ventola in funzione della temperatura del punto caldo che devono raffreddare. Ma, ovviamente, avere altre sorgenti di calore perso sui regolatori non era l' optimum e un PWM sul carico, come detto, diventava una fonte di disturbi che impedivano le certificazioni di compatibilità elettromagnetica europea e FCC americana.

Dunque, ne è derivata una soluzione differente: le ventole a 4 fili.

Pin Funzione Colore del cavo Connettore MOLEX
1 GND Nero
2 12V Giallo o Rosso
3 Tacho Verde o Bianco
4 PWM Blu

In cosa consiste la differenza? Semplicemente nella presenza di un filo in più, che porta un segnale PWM da un controller sulla scheda madre ad un controller interno alla ventola. 
Ne è nata una ventola che, costruttivamente, resta ancorata ad uno schema identico a quello visto finora, il che permette di mantenere il sistema produttivo delle parti elettromeccaniche (bobine sul nucleo a 4 espansioni polari, rotore con il magnete cilindrico, ecc) ormai collaudato (e ammortizzato...), e che viene dotata di un integrato di controllo molto più sofisticato dei vari 276/277 e simili.

La struttura del funzionamento è la seguente:

- sulla scheda madre è installato un integrato dedicato che funge da controller della ventola
- la ventola fornisce al controller sulla scheda madre il segnale tacho
- il controller rileva il segnale tacho e risponde inviando alla ventola un segnale di PWM proporzionale ad una temperatura rilevata
- questo segnale PWM viene elaborato dall' integrato a bordo della ventola e trasformato nella sequenza di impulsi necessari al comando del motore.

Si potrà poi anche aggiungere un sensore termico on-board per ottenere anche la possibilità di un termo controllo.

La differenza con un controllo PWM esterno è molto grande: nella ventola a 4 fili il segnale di PWM che arriva dall' esterno agisce come "informazione" per il controller interno che provvede a comandare la bobina del motore al meglio.
Non ci sono dunque "scampanii" a bassa velocità e l' emissione di interferenze elettromagnetiche è limitata, essendo la parte di potenza tutta interna all' anello del magnete, che funge da schermo, supportato in molti casi da un anello esterno in metallo.

Inoltre è possibile avere una variazione di giri praticamente da zero al massimo senza alcun rischio di stallo a basse velocità o per aumento della resistenza; la ventola a 4 fili, se bloccata e poi sbloccata, riparte immediatamente in quanto il controller, che si accorge dell' assenza del segnale sul sensore di Hall, cerca di riavviare la rotazione pompando i giusti impulsi di corrente.

Il controller sulla scheda madre ha la possibilità di dialogare con il processore centrale (CPU) e scambiare dati sulla situazione della ventola e della temperatura, rendendo possibile anche l' impostazione di curve temperatura/velocità con profili programmabili.

Il segnale PWM, a livello logico e quindi con corrente minima, ha una frequenza di molti kHz (tipicamente 25 kHz) e va ad agire su un integrato dedicato posto all' interno della ventola.

Tra l' altro è da notare che se per le ventole "ordinarie" gli standard si sono formati praticamente de facto, per le ventole a 4 fili esiste una linea guida ufficiale dello standard, consultabile a 

http://www.formfactors.org/developer/specs/4_Wire_PWM_Spec.pdf

il che consente intercambiabilità tra schede e ventole.
Ne deriva una decisa maggiore uniformità di comportamento e una ben più prevedibile risposta ai segnali di controllo rispetto ai tipi a due e tre fili. Anche perchè diventa impossibile attenersi allo standard realizzando circuiti estemporanei ed è richiesta la presenza di uno dei tanti integrati specializzati.

Dalla necessità della realizzazione di questi integrati "ad applicationem", delle relative controparti sulle mainboard e dalla necessità di realizzare firmware nei BIOS e utilities per i sistemi operativi che gestiscano il tutto, deriva il sotto titolo iniziale: un grande impegno di tecnologia e risorse per un pugno di milliwatt! (Ne valeva la pena?).

Se apriamo una di queste ventole, a prima vista ci troviamo di fronte ad una struttura del tutto identica a quanto visto finora.
Questo è un esempio, tratto da una ventola da 70 mm.

Essenzialmente, in essa resta del tutto invariata la struttura a quattro espansioni polari; questo consente ai costruttori di utilizzare gran parte delle linee di montaggio esistenti, ormai ampiamente ammortizzate e quindi sorgenti di utile.

Guardando però il lato componenti, forzatamente smd per la piccola superficie disponibile, le cose sono diverse.

A parte il numero elevato di componenti, si nota subito il "grosso" chip a più pin, che è il controller vero e proprio.
Se osserviamo la struttura logica di uno di questi integrati, realizzati appositamente per questa applicazione, ad es. BD6709 di Rhom o LP11961 di Sanyo, tanto per citarne due comuni, vediamo che ci sono serie differenze tra questo e i 276/277 delle ventole viste in precedenza.

Già una occhiata superficiale allo schema a blocchi del controller permette di apprezzare le notevoli differenze, cosa che era meno rilevabile osservando la struttura del motore.

Se resta del tutto invariata la struttura a quattro espansioni polari, le bobine, però, non sono più due ma una sola, suddivisa in quattro parti e avvolte in verso opposto. Da un motore bi fase siamo passati ad un mono fase. Non è la soluzione ideale, ma consente, come detto, di mantenere la stesa struttura meccanica.

Per comandare il motore viene usato ponte, solitamente a transistor; la potenza delle ventole è minima, tipicamente 100 mA a 12V, per cui l' integrazione di MOSFET, che probabilmente comporta costi maggiori in questi circuiti, non è stata considerata.
La necessità di avere presenti e gestire in ingresso sia il segnale PWM che il sincronismo dato dal sensore di Hall, sempre presente, da origine a circuiti piuttosto complessi, con molti componenti che devono giocoforza essere a montaggio superficiale per poter trovare spazio nella carcassa della ventola.

Ancora ben visibile il sensore di Hall (nella foto è il componente a 4 pin poco sopra il controller), che è componente esterno all' integrato principale.  
Il controllo di potenza del PWM e la sua sincronizzazione con gli impulsi necessari alla rotazione della ventola avviene interamente sotto la gestione di questo integrato e completamente all' interno della ventola, in rapporto con il PWM esterno. Al controller sulla scheda madre arriverà il solito feedback del segnale tacho.

Migliora così anche l'efficienza del motore e la potenza persa per la regolazione è ridotta al minimo.
Mentre il rumore, che è determinato praticamente solo dalle caratteristiche meccaniche della girante e del suo supporto, si riduce quasi a zero a basse velocità. Va considerato, però, che le ventole a 4 fili correntemente in uso hanno velocità finali molto alte per permettere un ampio campo di regolazione e se mandate a pieno regime solo pochi modelli sono ragionevolmente silenziosi.

Un esempio della funzione di controllo è data dalla fase di avviamento (POST) della scheda madre. All' accensione le ventole sono private del segnale PWM e quindi partono a piena velocità. Poi interviene un diagnostico che verifica l' arrivo del segnale tachimetrico (se manca c'è un allarme di ventola ferma, spesso programmabile anche se il tacho è al di sotto di una certa frequenza). Quindi la CPU agisce sui controller on board perchè adeguino il loro segnale PWM alla temperatura: essa, inizialmente è bassa, così che le ventole rapidamente passano ad una velocità minima o addirittura si arrestano del tutto.
Ed è da notare che questi sistemi possono arrestare completamente la rotazione della ventola e riavviarla in qualsiasi momento, dato che il controllo può forzare una coppia sufficiente all' avviamento anche se la tensione di alimentazione è già presente e la girante è ferma; ovvero la possibilità di on/off della ventola è completa (mentre abbiamo visto come sulle ventole a tre fili questo sia assai problematico se non impossibile, non potendo controllare in alcun modo la coppia e le sequenza di avvio della rotazione). 

Per inciso, sia pure con qualche limitazione, le ventole a 4 fili possono essere trattate come ventole a tre fili: se il segnale PWM è assente (quarto filo non collegato), la ventola gira alla velocità massima e dipende dalla tensione di alimentazione.
Tanto che il connettore per le ventole a 4 fili è stato realizzato in modo "compatibile" con quello a tre fili, sia elettricamente che meccanicamente.

Ventola a tre fili su un connettore di scheda madre previsto per 3 fili. 
Così è possibile innestare una ventola a tre fili su un connettore di scheda madre previsto per 4 fili. Se il BIOS è sufficientemente raffinato, sarà disponibile un diagnostico che identifica il tipo di ventola collegato e provvede alla corretta gestione.

Ovviamente una ventola a tre fili così collegata non potrà sfruttare il segnale PWM. 

Come pure innestando una ventola a 4 fili in un connettore a tre mancherà il controllo PWM e la velocità sarà regolata solamente nel caso in cui la scheda madre prevede una variazione di tensione di alimentazione.
In alcuni sistemi sono stati presenti connettori a tre e a 4 fili, per poter disporre di entrambe le possibilità in modo separato.

Attualmente la tendenza è quella di prevedere un unico connettore a 4 fili.

E' possibile regolare "manualmente" queste ventole al di fuori del PC?

Certamente. E in modo assai semplice: basta costruire un qualsiasi generatore ad onda quadra con frequenza fissa attorno ai 25 kHz e PWM variabile. Qui un esempio di realizzazione semplice.
Da prove fatte i controller interni rispondono bene per frequenze tra 10 e 35 kHz, quindi il fattore "frequenza" dell' oscillatore è scarsamente importante.

Questo segnale sarà collegato al quarto filo e determinerà la velocità di rotazione della ventola, tenendo presente che se si trova floating la velocità sarà massima.

L' oscillatore può essere un comune 555 in astabile a frequenza fissa con il giochino dei diodi per avere PWM variabile oppure qualsiasi altra soluzione che dia questo risultato.
La tensione del segnale sarà a livello logico 5V, derivata alimentando il 555 dal 12V del PC attraverso un 78L05. 
Esiste una estensione della specifica che consente anche la compatibilità con 3.3V. In questo caso all' interno della ventola uno zener limita l' eventuale applicazione del 5V (il che permetterebbe anche un segnale a 12V, anche se lo standard non ne parla). 



Post scriptum

Sull' utilità di un articolo come questo qualcuno avanza dubbi: cui prodest ?

In sostanza, se non vi capiterà mai di usare queste piccole ventole nate per i PC, probabilmente si tratta solo di un tot di informazioni generiche.

Se però le utilizzate, la cosa è differente.

Ci pare ovvio che chiunque impieghi qualcosa senza almeno avere una idea sufficientemente precisa dei principi secondo cui quella cosa funziona ed è stata costruita, avrà pochissime probabilità di utilizzarla correttamente al di là un "attaccala-alla-spina-e-premi-il-bottone"
Tanto più se intende farne qualche personalizzazione o applicazione.  E il principio vale per ogni cosa, dall' auto al cellulare, dal TV al frigorifero).

Certamente non è necessario diventare esperti o progettisti di auto per guidare bene, ma non esiste il caso di un buon pilota che non sappia a fondo come funziona la macchina che guida.

E anche per chi ventole non ne usa, questo "tutorial" ha lo scopo di attirare l' attenzione su una classe di oggetti apparentemente insignificanti, ma la cui esistenza è possibile solo a seguito della complessa vicenda tecnologica del nostro mondo.
Inoltre, anche se presuntuosamente (forse), è un invito a non fermarsi alla superficie delle cose, ma osservarle e cercarne di capire le ragioni.


 

 

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Aggiornato il 10/11/22.