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Decimali, Binari & C

Considerazioni


Considerazioni

Ripetiamo : Caio Sempronio, se voleva indicare la quantità uno, tracciava un linea verticale I, se voleva indicare tre, ne tracciava tre, III. Se voleva indicarne dieci, usava il segno X e per tredici il segno XIII, somma di tre + dieci, usando delle "abbreviazioni" convenzionali al posto di scrivere illeggibili file di IIIIIII.
Usava pochi segni, un segno per ogni numero saliente (5 - le dita della mano-, 10 -le dita delle due mani-, 50, 100, 1000, ecc). 


Ma non erano veri e propri segni per far di conto; piuttosto,  tracce incise con uno stilo, un carboncino, uno scalpello, per tenere il conto durante transazioni commerciali e simili. 


Il matematico di allora aveva la vita piuttosto dura, non potendo fare, ad esempio, le operazioni in colonna, e quindi doveva principalmente usare la mente e le cifre le tracciava solo come un aiuto all' operazione. Ed in effetti, nell' antichità classica, troviamo molta più "geometria", dove l'elaborazione attraverso le immagini mentali è fondamentale e i numeri lo sono meno.

Per noi, l' approccio con i numeri  è differente. Non abbiamo più solo la necessità di contare, ma vogliamo, attraverso i numeri, rappresentare la realtà
E la possibilità di fare questo la possiamo far partire questo da un saggio indù che, migliaia di anni fa, ha l' intuizione che il numero può essere vantaggiosamente rappresentato in modo diverso che con i simboli additivi. 

Per aiutarsi nel contare, il matematico hindu usava, come ancora oggi, le dita delle mani

E per contare cose più complesse delle dieci dita, utilizzava, come si fa ancora adesso in gran parte dell' Asia, un abaco, un pallottoliere (anche oggi in Giappone si fanno gare di conti tra chi usa tutti i giorni l' abaco, che si chiama soroban, e chi usa la calcolatrice elettronica; e spesso vincono i primi).
La forma più antica di abaco era costituita da una serie di buche in una tavoletta di argilla o legno, o semplicemente scavate per terra, dove si mettevano dei sassolini.

Chi a scuola non ha usato con il pallottoliere ha perso una parte fondamentale della conoscenza del contare.

Il nostro matematico si siede per terra a gambe incrociate e inizia a tracciare la prima buca del suo abaco. 
E qui ha una fondamentale intuizione: prima di contare, la buca è vuota, non c'è dentro nulla. Quindi c'è un momento nel contare, il momento appena prima del contare, in cui numero non c'è ancora. E questo è un fatto che posso esprimere con un segno, quello della buca vuota, lo zero, che è un cerchio (0).

Poi inizia a contare: uno, e pone un sassolino nella buca; due, e aggiunge un sassolino, tre e così via. Giunto a nove, potrebbe mettere un altro sassolino ed esaurire col dieci le dita della mano; poi, scavare un' altra buca e ricominciare ad aggiungere sassolini e così via. Ma questo non lo soddisfa: non sarebbe altro che un tracciare segni e poi sbarrali a gruppi e se proseguisse su questa via, elaborando nuovi segni come ha fatto il romano, il sistema di conteggio a cui da origine non avrebbe la praticità che desidera, non lo aiuterebbe in calcoli che vanno al di là delle dita della mano.

E qui il nostro matematico ha una nuova intuizione e ragiona:  " Sono arrivato a nove, sto per esaurire le possibilità di appoggiarmi alle dita delle mani; allora faccio così: tolgo i nove sassolini dalla prima buca, che resta vuota (zero) e ne metto uno nella seconda buca. La seconda buca indica quante volte ho esaurito il conteggio delle dita delle mani; la prima buca indica quante dita delle mani ho nel conto. Un sassolino nella seconda buca mi dice che ho contato una volta le dieci dita delle mani".


E prosegue a contare : undici. 


Cosa è undici ? Uno oltre le dieci dita della mano. Allora aggiunge un sassolino alla prima buca. Ora ha un sassolino nella prima buca (un dito) e un sassolino nella seconda buca (dieci dita, una volta). E poi dodici, tredici, ecc. Arrivato a diciannove, il prossimo numero è due volte le dita delle mani, quindi svuota la prima buca e aggiunge un sassolino alla seconda : due volte le dita delle mani (seconda buca) e nessun altro dito (prima buca vuota).


E così via fino a che ha nove sassolini nella prima e nove nella seconda. Il prossimo numero completa di nuovo le dita di una mano, quindi va avanti con la sua idea e dice :"Ora svuoto la prima buca, ma se aggiungo un sassolino alla seconda, la devo vuotare, farne una terza e metterci il sassolino: un sassolino nella terza buca vuol dire dieci volte dieci volte le dieci dita delle mani, ovvero cento" e così via.


AVVERTENZA: Se quanto detto ora non vi è chiaro alla prima lettura, rileggete il capitolo di nuovo, magari fate i mucchietti di fagioli (o quanto altro volete), ma non proseguite fino a che non avete capito il meccanismo.

Le buche nella sabbia spariscono al primo vento o calpestate. Segni incisi o scritti restano nel tempo e altri li possono leggere. Quindi, il matematico si crea, o adotta, nove simboli che può scrivere su una tavoletta di legno o di bambù, un segno per ogni quantità di sassolini che possono stare nella buca e a questi aggiunge un segno per la buca vuota. La serie di cifre scritte è l' immagine dell' abaco a buche.
Ecco il sistema decimale e le cifre indiane !

Inoltre, passo importante,  il suo abaco è diventato "virtuale":  non più buche o palline del pallottoliere, ma segni su un papiro, su una pergamena, su una tavoletta. Ora la mente ha un supporto pratico e potente per poter fare conti sempre più complessi.

Quantità uno, segno 1
Quantità due, segno 2
Quantità nove, segno 9
Sono arrivato al limite della prima "buca": devo passare alla seconda
Quantità dieci : svuoto la prima buca e segno zero, metto uno nella seconda e scrivo 10.
E così via.

Apparentemente così semplice, ma solo per noi che ne facciamo uso, quasi inconsciamente, ogni giorno. Prima che fosse ideato, non c'era !


 

Il sistema decimale e le cifre arabe-indiane

Così, forse, nasce il nostro sistema, che chiamiamo decimale, perchè basato su dieci cifre e sul conteggio a gruppi (potenze) di dieci e che utilizza come segni le cifre indiane, che il matematico hindu ha tracciato, che numerosi altri dopo di lui hanno perfezionato e che ci sono arrivate nel medioevo attraverso la mediazione dei matematici persiani e arabi, che erano e sono i vicini di casa dell' India..

Nel contare con l' abaco a buche, parlo di "buche"; se scrivo le cifre sulla carta, parlo di "colonne", dove la prima colonna è quella più a destra e l' ultima quella più a sinistra.

quinta
colonna
quarta
colonna
terza
colonna
seconda
 colonna
prima
 colonna
- 2 0 1 1

Un sassolino nella prima buca, uno nella seconda, nessuno nella terza, due nella quarta, ecc. La prima buca indica le dita, la seconda le decine di dita, la terza  le centinaia di dita, la quarta le migliaia, ecc.

A questo punto potrebbe sorgere una domanda : perchè la seconda buca sta a sinistra della prima e la terza ancora a sinistra e così via ?
Ma perchè poi noi leggiamo il numero da sinistra a destra ed è pratico avere una idea della grandezza che stiamo descrivendo prima dei suoi particolari : duemila è più significativo di dieci, che è più significativo di uno, quindi dico duemilaundici (e non undiciduemila) e  scrivo 2011.

Facciamo qui una nota : ci sono ragioni profonde per fatti come questo, che non dipendono da "tradizioni" o psicologie, né tanto meno dal "caso". E non c'è da stupirsene, né da considerarle come stranezze insensate. E ogni cultura ha sviluppato vie diverse.
Infatti, ancora oggi, arabi ed ebrei scrivono e leggono da destra a sinistra, i cinesi dal basso verso l' alto; popoli antichi scrivevano bustrofedico (letteralmente "come i buoi che arano") ovvero una riga da sinistra a destra; raggiunto il margine, la seconda riga è scritta da destra a sinistra e , raggiunto l' altro margine, la terza riga di nuovo da sinistra a destra, e così via, proprio come il procedere dell' aratura. 
Come se Dante avesse scritto :

Nel mezzo del cammin di nostra vita
arucso avles anu rep iavortir im
che la diritta via era smarrita...

Straordinario, eppure popoli e culture hanno scritto in questo modo (asia minore, sud america, isola di Pasqua).
E nel tedesco e in altre lingue, oggi non si dice venticinque, ma funf und zwanzig, cinque e venti; e trentuno è eins und dreizig, uno e trenta, e così via, descrivendo prima le unità e poi le decine. 

Il francese conserva traccia di un contare in base a venti e dice quatre vingt, quattro venti, per dire ottanta;  trois vingt sept, tre venti e sette, per dire sessantasette. Ecc.
Questo ci dovrebbe insegnare che, quando si viene a contatto con qualcosa di nuovo, l' atteggiamento deve essere quello di apertura e meraviglia; si deve evitare assolutamente di giudicare in base alla propria limitata esperienza e ritenere quanto non ricade in essa strano, alieno, inaccettabile. Il giusto approccio è proprio quello di tenere la mete aperta: una volta che questo accade, il processo si amplia e ci si accorge di poter arrivare sempre più su, verso limiti che non paiono esistere. E si comincia a "conoscere".

Ma queste sono divagazioni: torniamo al nostro matematico indiano.

Se osserviamo un numero, ad esempio 2222, rappresentato dalla una serie delle sue cifre, possiamo analizzarlo con il nostro modo di pensare analitico e dire :

 

quarta
colonna
terza
colonna
seconda
 colonna
prima
 colonna
2 2 2 2


  • la cifra nella prima colonna indica il numero corrispondente (due sassolini = due)
  • la cifra nella seconda colonna indica dieci volte il numero corrispondente (2 volte dieci sassolini = venti)
  • la cifra nella terza colonna indica dieci volte dieci volte = 100 volte il numero corrispondente (2 volte dieci volte dieci sassolini = duecento)
  • la cifra nella quarta colonna indica dieci volte dieci volte dieci volte = 1000 il numero corrispondente (2 x 1000 = duemila).

Il numero complessivo lo leggo come "duemila-duecento-venti-due".

e così via . Dato che:

 

ecc quarta
colonna
terza
colonna
seconda
 colonna
prima
 colonna
ecc. qui la cifra
vale per mille
qui la cifra
vale per cento
qui la cifra 
vale per dieci
qui la cifra
 vale unità

 

Posso dire tutto questo anche come : la cifra in ogni colonna è relativa alla precedente in base a dieci.
Questo non è dovuto a strane alchimie, ma semplicemente al fatto che mi sto basando sul dieci per passare da una colonna all' altra. Passo da una colonna all' altra moltiplicando sempre per dieci. 

Ad esempio, millecentoundici, ovvero mille + cento + dieci + uno, lo rappresento con le cifre 1111, dove il primo uno a destra vale uno, quello in seconda colonna vale 10, quello in terza colonna vale 100, quello in quarta colonna 1000. Osservate che nel sistema posizionale, sempre la cifra uno è, ma il suo valore cambia a seconda della colonna (posizione) in cui si trova.
Allora:

1111 = 1000 + 100 + 10 +1 = (1*1000) + (1*100)+(1*10)+(1*1)

e:

2222 = 2000 + 200 + 20 + 2= (2*1000) + (2*100)+(2*10)+(2*1) :

e la tabella: 

 

ecc quarta
colonna
terza
colonna
seconda
 colonna
prima
 colonna
ecc. qui la cifra
vale per mille
qui la cifra
vale per cento
qui la cifra 
vale per dieci
qui la cifra
 vale unità
ecc cifra * 1000 cifra * 100 cifra * 10 cifra * 1

 

Per inciso, un sistema del genere è proprio quello che rende possibili le operazioni "in colonna", il che semplifica enormemente i calcoli aritmetici : sommo i valori in una colonna, se supero il nove, passo un "sassolino", una cifra, nella colonna successiva...

Ma si suppone che le 4 operazione le sappiate tutti, e quindi non stiamo a fare un corso di aritmetica; non è questo l' obiettivo.


 

 

 

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Aggiornato il 18/10/10.